Alla (ri)scoperta di... Detroit: Become Human!

Ricordate Detroit: Become Human? L'ultimo lavoro di David Cage è finito forse un po' troppo presto nel dimenticatoio, riscopriamolo insieme!

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a cura di Michele Pintaudi

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Ci sono titoli che, per un motivo o per l'altro, non riescono a lasciare il segno che forse meriterebbero all'interno della storia dei videogiochi. Le ragioni sono davvero, davvero moltissime: da scelte di marketing errate a piccole grandi imprecisioni che, a conti fatti, possono rendere un prodotto qualcosa di diverso da ciò che il pubblico si potrebbe aspettare. Uno scenario a cui assistiamo spesso e volentieri, e che a noi di Game Division piace trattare in un certo modo in questa rubrica dedicata proprio a questo tipo di giochi.

Dopo avervi parlato qualche mese fa di Farenheit, oggi torniamo a raccontare di un titolo firmato David Cage che in molti di voi avranno certamente provato: stiamo parlando di Detroit: Become Human, ultima fatica di Quantic Dream ormai datata aprile 2018. Un'avventura che, dopo uno sviluppo durato diversi anni e a tratti forse fin troppo travagliato, è riuscita a vedere la luce ma forse non a entrare davvero nel cuore dei videogiocatori. Avrebbe forse meritato qualcosa in più? Parliamone insieme, iniziando con un piccolo salto indietro nel tempo...

Detroit: Become Human, il sogno di David Cage?

Nel 2013, appena tre anni dopo l'uscita del discusso ma comunque ottimo Heavy Rain, Quantic Dream pubblica finalmente un nuovo e ambizioso titolo atteso da migliaia e migliaia di giocatori da tutto il mondo. Beyond: Two Souls promette infatti di innalzare ulteriormente l'asticella, con lo studio francese fermamente intenzionato a rendere sempre più sottile il confine tra cinema e videogioco. Un esperimento che, coinvolgendo attori del calibro di Elliot Page e Willem Dafoe, puntava davvero a rivoluzionare la storia di questo medium.

Il risultato finale? Beyond: Two Souls è, a parer di molti, un'idea realizzata soltanto a metà: a un comparto tecnico spettacolare si vanno sì a unire interpretazioni degne di una grande pellicola cinematografica, ma tante piccole lacune finiscono col rendere il prodotto nel suo complesso qualcosa che non riesce proprio a fare breccia nel cuore del pubblico. L'avventura di Jodie e Aiden merita comunque una seconda possibilità - ne abbiamo parlato in un altro episodio di questa rubrica - nonostante permane la sensazione che sì, le cose sarebbero potute andare decisamente meglio.

David Cage ha però sempre lavorato con un'idea ben chiara in testa: quella di portare il videogioco a una concezione superiore, superando i "limiti" imposti dagli standard dell'industria di settore. Ecco dunque iniziare i lavori su un nuovo progetto basato sull'impressionante tech demo Kara rilasciata dallo studio durante il 2012, con l'autore che si trova impegnato in un filone che già aveva sperimentato diverso tempo prima. Sul finire degli anni Novanta era infatti uscito Omikron, titolo di debutto della software house ambientato in un futuro distopico che, purtroppo, tradì le aspettative rivelandosi un prodotto più complesso del dovuto.

La prospettiva di riprovarci, di tentare una nuova sortita in un universo narrativo così ampio e ricco di opportunità era però troppo interessante: dopo anni di test, qualche rinvio e il concomitante avvento della nuova generazione di console, il gioco vede finalmente la luce. Detroit: Become Human uscirà nel 2018 su PlayStation 4, come ultimo titolo parte dell'accordo di collaborazione esclusiva tra Quantic Dream e Sony.

L'avventura riprende alcuni dei caratteri che hanno reso celebri i precedenti titoli dello studio andando, in diversi frangenti, ad affinarli per dar vita a un prodotto tecnologicamente all'avanguardia da ogni punto di vista. Dalle animazioni alle interpretazioni dei personaggi principali - anche qui attori in carne e ossa, nello specifico i tre protagonisti sono interpretati da Valorie Curry, Bryan Dechart e Jesse Williams - ogni elemento va a costituire un mosaico senza alcun dubbio davvero impressionante.

Tre protagonisti come detto, con tre storie che si andranno a incrociare in una Detroit totalmente dominata e dipendente dalla tecnologia. Siamo nel 2038, e in tutto il mondo sono ormai diffusi e commercializzati in ampia scala androidi per utilizzo domestico, militare e non solo: uno scenario distopico dove l'essere umano sta poco alla volta annullandosi, lasciando sempre più spazio a una legione di macchine senzienti solo all'apparenza sottomessa.

In Detroit: Become Human vestiremo i panni di tre androidi di diverso genere: l'assistente familiare Markus, l'androide domestico Kara e l'agente di polizia Connor. Dopo un'introduzione dei protagonisti e delle loro rispettive vite, una sequenza di eventi inaspettati porterà i tre personaggi e porsi delle domande riguardo la propria natura: sono davvero, e necessariamente, destinati a vivere una vita da schiavi? Una tematica questa che sarà in sostanza il cardine dell'intera avventura, con una non troppo velata critica alla società odierna qui espressa in maniera onesta e a tratti cruda e senza filtri.

La possibilità di compiere delle scelte, plasmando così il destino e la vita di ognuno dei tre androidi, ci permetterà di affrontare il gioco come meglio crederemo: ogni decisione conta insomma, in un impianto narrativo complesso e man mano che l'avventura prosegue sempre più ricco di sfaccettature. Gli ingredienti per un capolavoro c'erano dunque tutti, e allora che cosa non ha funzionato?

Da Detroit a... Star Wars?

Sin dalla sua uscita Detroit: Become Human registrò vendite più che soddisfacenti, raggiungendo le sei milioni di unità vendute in tutto il mondo e divenendo il gioco di maggior successo di Quantic Dream. Il prodotto finale è, di fatto, un'avventura dalla narrativa interessante e con una trama coinvolgente ma che, in alcuni tratti, pecca forse di eccessiva superficialità. La sensazione è che in alcune sezioni si sia perso di vista il vero focus del gioco, in favore di momenti riempitivi che non fanno altro che smorzare il ritmo dell'intera avventura.

Pur proseguendo il loro cammino insieme, le storie dei tre personaggi non riescono a decollare allo stesso modo: se da una parte troveremo un forte carisma e una marcata componente emotiva, da un'altra mancherà talvolta una vera e propria empatia di fondo nei confronti delle vicende raccontate. Non tutte e tre le avventure, insomma, funzionano bene allo stesso modo. A questo va purtroppo aggiunto qualche buco di trama che, pur non intaccando la storia nella sua interezza, poteva essere evitato anche e soprattutto a fronte delle precedenti esperienze della stessa Quantic Dream.

Nonostante l'ottimo responso in termini di vendite, insomma, Detroit: Become Human è passato velocemente dall'essere uno dei titoli più attesi dell'anno al perdersi nel marasma dei grandissimi titoli usciti nel 2018. Non dimentichiamo del resto che si tratta della stessa annata di capolavori come Red Dead Redemption 2, God of War e Monster Hunter World: lasciare il segno in un mercato popolato da prodotti del genere, d'altra parte, non è certo un'impresa da poco.

L'ultima avventura di Quantic Dream ha purtroppo la "colpa" di aver mancato, seppur di poco, il suo obiettivo di portare davvero una rivoluzione: il gioco è e resta in ogni caso un'esperienza che merita di essere vissuta da ogni videogiocatore, in quanto riesce comunque a regalare una serie di momenti più che apprezzabili e a intrattenere spingendo anche verso riflessioni importanti. A seguito della fine dell'accordo con Sony in molti si sono interrogati per tanto tempo sul futuro della software house di David Cage, e dopo qualche anno di rumor e voci di corridoio siamo finalmente giunti a qualcosa di concreto: il prossimo progetto dello studio sarà ambientato nell'universo di Star Wars, in un'avventura promettente che pensiamo (e speriamo) possa davvero essere la volta buona per portare qualcosa di nuovo nell'industria del videogioco.

Se c'è un'azienda che merita più di tutte di lasciare il segno, questa è proprio Quantic Dream. Si tratta infatti di una realtà dallo spirito fortemente pionieristico, che già troppe volte ha sfiorato la definitiva consacrazione senza forse arrivarci per davvero. Vedremo cosa le riserverà il futuro ma, nel frattempo, vi lasciamo con un doppio invito: il primo a (ri)scoprire Detroit e le altre avventure dello studio parigino, il secondo a raccontarci le vostre personali esperienze in proposito. Ciò che rende bello il mondo dei videogiochi è proprio l'animo di chi, come Cage e soci, si impegna davvero ogni giorno per dare vita a qualcosa di realmente unico. E noi, da amanti di tutto ciò, non possiamo fare altro che aspettare e goderci un periodo davvero incredibile della storia di questo medium.