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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Bentornati ad un nuovo episodio della rubrica dove noi di Game Division vi vogliamo raccontare di tutti quei giochi che, per vari motivi, avrebbero forse meritato un successo maggiore di quello ottenuto. Dopo un viaggio nel passato per riscoprire una perla dimenticata come Army Men: RTS, oggi cambiamo completamente genere andando ad esplorare quello delle avventure grafiche.

Il titolo di oggi, infatti, arriva nel bel mezzo dell’esplosione di LucasArts e di alcune delle storie più belle e divertenti mai narrate nella storia dei videogiochi. Tra Monkey Island, The Dig, Maniac Mansion e gli altri sarebbe un grosso, grossissimo errore dimenticarsi di Full Throttle: uscito nell’aprile 1995 e primo titolo ad essere concepito nella sua interezza da Tim Schafer, il gioco è ad oggi uno dei prodotti più chiacchierati della software house di San Francisco.

Alcuni l’hanno amato, ad altri ancora oggi viene da storcere il naso al solo pensiero: fatto sta che Full Throttle, nel bene e nel male, è riuscito a ritagliarsi un ruolo nella storia del media videoludico. E oggi, facendo un salto indietro di venticinque anni, vi vogliamo raccontare di come è stata concepita una delle ultime avventure grafiche targata LucasArts: pronti a salire a bordo della vostra motocicletta?

Full Throttle all’ennesima potenza!

Siamo nel 1993, anno in cui il mondo assiste alla pubblicazione di una delle migliori avventure grafiche di tutti i tempi: l’indimenticabile Day of the Tentacle, sequel di Maniac Mansion che vede per la prima volta il giovane Tim Schafer nella veste di produttore (oltre che di co-sceneggiatore insieme all’amico Dave Grossman). È in questo periodo che Schafer, ormai uno degli elementi più importanti del team, inizia a concepire quello che sarà il suo primo progetto “solista”: un’avventura con protagonista un burbero motociclista in uno scenario post-apocalittico.

Nello stendere la sceneggiatura, Schafer prenderà come di consueto ispirazione da quante più fonti possibili: da amante del cinema porrà come suo riferimento la saga di Mad Max, così come il suo amore per la cultura pop lo porterà ad usare elementi dal wargame Car Wars di Chad Irby e Steve Jackson.

Ci troviamo in un periodo storico dove l’industria dei videogiochi sta avanzando in maniera sempre più marcata, dando vita a nuovi generi oltre che a nuovi modi di concepire il media in quanto tale. Di fronte ad un progresso del genere, LucasArts si trova pressoché obbligata ad affermare la propria posizione con un prodotto ad effetto: un prodotto capace di soddisfare completamente pubblico e critica del tempo, ottenendo allo stesso tempo ottimi riscontri in termini di vendite. Nel perseguire questo obiettivo, l’azienda stanzia per Full Throttle un budget pari ad un milione e mezzo di dollari: una cifra enorme per quegli anni.

Full Throttle vedrà la luce nel 1995 e, pur ricalcando la già consolidata formula dei titoli LucasArts, riuscirà nel suo piccolo ad introdurre qualcosa di nuovo nel genere. Ma partiamo dal punto principale, ovvero dalla storia raccontata da questa piccola perla della storia del videogioco.

Il titolo ci mette nei panni del biker Ben, leader della gang dei Polecat nonché uno dei pochi veri motociclisti di strada rimasti in un mondo che sembra aver subito la peggiore delle apocalissi. Obiettivo del nostro protagonista e della sua banda sarà quello di sabotare i piani di un ricco e perfido uomo d’affari che, per aumentare ancor di più la sua fortuna, sta per chiudere per sempre l’ultima fabbrica di motociclette presente sul pianeta.

Non mancano come detto alcune novità interessanti: si tratta infatti del primo titolo LucasArts con al suo interno sequenze arcade, oltre che il primo dove il personaggio – ad un certo punto della storia – potrà anche morire a seguito di scelte o movimenti sbagliati. Una menzione d’onore è necessaria anche per il fatto che Full Throttle, con un doppiaggio di altissimo livello, è uno dei primi titoli a presentarsi come un prodotto realizzato in tal senso in maniera professionale: tra gli attori che prestano la loro voce al gioco troviamo, ad esempio, Mark Hamill – sì, proprio lui! – e il doppiatore televisivo Roy Conrad.

Di ottima fattura anche la colonna sonora, che vede il contributo dei The Gone Jackals ad affiancare il leggendario compositore di casa LucasArts Peter McConnell. Tutti questi elementi, uniti ad una campagna marketing condotta a dovere, portarono Full Throttle a superare il milione di unità vendute in tutto il mondo: prima di allora nessun titolo LucasArts era riuscito a superare le 100.000 copie. Un risultato eccezionale dunque, che consacrò Schafer nell’olimpo dei grandi autori del periodo e che aiutò l’azienda di San Francisco a restare a galla in un periodo di estrema rivoluzione nel mondo dei videogiochi.

Non tutto è oro quello che luccica però, e purtroppo questi cambiamenti stavano per diventare sin troppo grandi anche per una realtà affermata come LucasArts

Ascesa e declino dell’avventura grafica.

Pur presentatosi come un prodotto di ottima fattura in tutte le sue componenti, Full Throttle è ad oggi riconosciuto da molti come uno dei titoli meno riusciti nell’ampio e indimenticabili catalogo LucasArts. Uno dei maggiori punti deboli in tal senso è il rappresentato dal fatto che, conoscendo già il percorso da compiere all’interno del gioco, esso poteva essere completato in maniera agevole in 3-4 ore.

Ciò che fece storcere ancor di più il naso ai fan storici fu una sostanziale linearità di fondo: l’avventura scorre infatti quasi seguendo una linea retta, presentando dunque un livello di sfida molto basso se paragonato a grandi successi del passato. Il fatto che, ad esempio, non si potessero combinare oggetti all’interno dell’inventario rende il tutto molto semplice anche per i giocatori meno esperti: Full Throttle, a conti fatti, è l’avventura LucasArts più accessibile al pubblico tra quelle offerte dalla software house.

Dopo aver ottenuto ottimi riscontri in termini di vendite con quest’ultimo progetto, a Tim Schafer ne fu assegnato uno nuovo ancora più ambizioso: Grim Fandango, un titolo il cui successo non fu purtoppo pari alla sua enorme qualità. L’ultima avventura targata LucasArts è il quarto capitolo di una saga leggendaria come Monkey Island, che non riuscì però nemmeno a sfiorare quanto di buono visto nei primi tre capitoli con un prodotto quantomai dimenticabile. Fu questa – siamo nel 2000 - la fine delle avventure grafiche per LucasArts, che decise dunque di optare verso altri generi prima di chiudere definitivamente i battenti come studio di sviluppo pochi anni dopo.

All’E3 2003 fu mostrata una demo giocabile di Full Throttle: Heel on Wheels, sequel del titolo originale che con una grafica 3D e un netto cambio di genere mirava a rilanciare la serie per un pubblico ancora più ampio. Tim Schafer, a più riprese, ha dichiarato come il suo abbandono di LucasArts fu dovuto anche alla questione “Full Throttle 2”: egli vedeva infatti il titolo come un prodotto di sua proprietà, e non sentiva la necessità di un sequel o di altri titoli nel medesimo universo narrativo. Non fu dunque affatto dispiaciuto quando l’azienda decise di cancellare il progetto, affidato a Sean Clark, in quanto giudicato non all’altezza per essere pubblicato.

Nel 2015 Double Fine Productions ha annunciato - con grande sorpresa da parte dei fan - una versione rimasterizzata in alta definizione di Full Throttle, uscita due anni dopo su PC, PlayStation 4 e PS Vita: un’ottima occasione, anche per le nuove generazioni, di (ri)scoprire uno dei titoli più interessanti nel suo genere. Ed è con questo consiglio che vi lasciamo: nonostante i quasi venticinque anni dalla sua uscita, Full Throttle è ancora oggi un prodotto che vale la pena provare almeno una volta. Dategli una possibilità dunque, il caldo asfalto dell’Autostrada 9 sta aspettando soltanto voi!

Broken Age, altra grande avventura firmata Tim Schafer, è disponibile su Humble Store ad un prezzo molto interessante!