Alla (ri)scoperta di... Il Signore degli Anelli: La Terza Era

Approfondiamo Il Signore degli Anelli: La Terza Era, il celeberrimo videogioco sul franchise più famoso al mondo svilippato da EA Games

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a cura di Nicholas Mercurio

La scorsa settimana, in occasione della pubblicazione della quarta puntata de Gli Anelli del Potere, abbiamo dedicato un ampio spazio ai migliori videogiochi dedicati alle opere di Tolkien e agli adattamenti cinematografici di Peter Jackson. Questa settimana, riscoprendo la nostra rubrica “Alla riscoperta di…”, abbiamo deciso di parlarvi in maniera approfondita de Il Signore degli Anelli: La Terza Era, una produzione pubblicata nel 2003, un anno dopo l’uscita di Final Fantasy X, il celeberrimo capolavoro di Square Enix.

Il Signore degli Anelli: La Terza Era, forte del successo della Trilogia cinematografica, fu un videogioco che arrivò nel momento giusto, affacciandosi a un mercato competitivo ma comunque diverso. C’era un approccio stratificato, i videogiochi erano ancora poco seguiti e l’industria si stava aprendo al mondo con PlayStation 2 e Xbox, facendosi conoscere nella sua interezza anche a chi fino ad allora non si era mai preoccupato di inserire un floppy, un disco o una memory card, e non ne aveva quindi mai sentito parlare.

C’era un “Prima e un dopo” Crash Bandicoot, e c’è stato il classico un “Prima e un dopo Final Fantasy X”, solo che non possiamo ricordarlo, perché o eravamo troppo piccoli, oppure non ce ne rendevamo conto. In un modo o nell’altro, quello fu un periodo felice e spensierato, uno dei pochi che ebbe la capacità di donarci un po’ di spensieratezza. Eravamo reduci da Star Wars: La Minaccia Fantasma e dall’insopportabile Jar Jar Binks, e intanto ci rifacevamo gli occhi con Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re, vedendo la fine della Guerra dell’Anello combattuta contro Sauron, l’Oscuro Signore. La pubblicazione de Il Signore degli Anelli: La Terza Era, che appassionò parecchi giocatori ma per un motivo o per l’altro non fu apprezzato totalmente dalla critica, convinse EA Games di aver fatto centro con i videogiochi dedicati al Signore degli Anelli, tanto che cominciò a sfornarne una marea, riuscendo addirittura ad aggiudicarsi alcune note collaborazione con colossi come LEGO.

Sei compagni e un mondo a portata di pad

Al netto di questo, però, Il Signore degli Anelli: la Terza Era fu il primo videogioco del franchise a proporre una struttura piacevole e divertente, riuscendo ad incastrare le caratteristiche tipiche dei giochi a turni con una trama appassionante e memorabile. Come ben sappiamo, tutto iniziò con la forgiatura dei grandi Anelli del Potere creati da Celebrimbor, che si fece ingannare da Annatar (uno dei tanti nomi di Sauron), l’Oscuro Signore di Mordor sotto le mentite spoglie di un elfo elegante del Béleriand, una regione remota che abbiamo conosciuto in passato durante la lettura de I Figli di Hùrin, un racconto epico inserito ne Il Silmarillion, che si meritò un romanzo a parte nel 2008 che raccontò le avventure di Tùrin Turambar.

La stessa sorte toccò anche a Béren e Luthien Tinuviel, un’altra storia toccante che c’entra molto con la narrazione de Il Signore degli Anelli: La Terza Era, e in particolare con il protagonista principale delle avventure del videogioco uscito su PlayStation 2, Xbox, PC e GameCube. Il suo nome è Berethor, una guardia della Cittadella di Gondor a difesa dell’Albero Bianco, amico d’infanzia di Boromir, giunto nell’Eregion per cercarlo e proteggerlo, ma senza successo.

Quando viene attaccato da due Nazgùl, una volta grandi sovrani degli uomini, Idrial, una giovane elfa di Lothlòrien fedele a lady Galadriel, si frappone tra la lama Morgul del signore di Angmar e li allontana con la potente magia dei Valar, costringendoli a tornare nell’oscurità da cui sono fuoriusciti. Aiutandolo a rialzarsi, Idrial gli dona la luce del suo popolo, affibbiandogli l'appellativo di "Amico degli elfi". Il gondoriano, non aspettandosi un’offerta simile, domanda all’elfa dell’amico Boromir, che al momento si trova a Imladris, l’Ultima Casa accogliente prima delle Terre Selvagge e del grande oceano a Ovest.

Questa compagnia composta da due elementi, man mano che avanza nell’Eregion, viene a sapere del tradimento di Saruman il Bianco e incontra Elegost, un Dunédain legato al nano Hadhod di Erebor, nato nelle vaste sale dorate della Montagna Solitaria. Questo quartetto, affiatato e sicuro di vincere contro l’oscurità, entra all’interno delle Miniere di Moria, seguendo parallelamente il viaggio della Compagnia dell’Anello.

Se inizialmente Berethor era intenzionato a raggiungere Boromir per riportarlo a Minas Tirith, la capitale del regno di Gondor, la sua missione fallisce una volta che viene a sapere della sua morte, vedendolo trascinato verso casa dal fiume Anduin. "Anche se scruteranno il suo arrivo dalla Torre Bianca, lui tornerà, e il fato di Gondor sarà segnato per sempre, poiché il senza corona farà nuovamente ritorno per sedere sul trono di Elendil". Per chi non lo avesse capito, stiamo parlando di Aragorn, che incontreremo durante la battaglia per il Fosso di Helm.

La compagnia, man mano che avanzerà, darà il benvenuto ad altri avventurieri e il loro seguito si rinforzerà ulteriormente. Ci riferiamo a Morwen ed Eaoden, due personaggi che incontreranno a Rohan, invasa dagli Uruk-Hai di Saruman, una delle vaste aree che esploreremo. Quanto è importante, infatti, l’intero racconto de Il Signore degli Anelli: la Terza Era? Molto più di quanto immaginiamo, perché al tempo l’obiettivo era quello di proporre una storia quanto più fedele ai film, per permettere ai giocatori di sentirsi parte della Terra di Mezzo. Mentre scoprivamo il racconto e venivamo accompagnati dalla voce rassicurante di Gianni Musy, il doppiatore di Gandalf, i rapporti della compagine si rafforzavano, diventando sempre più indissolubili e infrangibili come il Mithril, l’antico materiale impossibile da spezzare che abbiamo conosciuto da Bilbo Baggins prima della partenza della Compagnia dell'Anello.

Uno dei più belli, che all’inizio del paragrafo abbiamo paragonato alla storia d’amore tra Beren e Luthien Tinuviel, era quello tra Berethor e Idrial. E il loro rapporto si rafforza fino a trasformarsi in amore. È lo stesso che lega Aragorn ad Arwen, se ci pensiamo, ed è uno dei tanti amori impossibili raccontati da Tolkien nei suoi libri. EA Games, approcciandosi al racconto de Il Signore degli Anelli: La Terza Era, ha preferito in questo modo cucire una narrazione fedele ai film perché il videogioco fosse di facile comprensione per chi non avesse mai letto i libri.

L’Anello va a sud

La parte complessa, tuttavia, fu ricreare le aree del gioco. Il level design, che dovette piegarsi anche ad alcuni compromessi, ci vedeva spesso correre da una parte all’altra cercando il luogo adatto dove andare, poiché l'architettura scelta per l'opera dovette seguire delle linee prestabilite dalla stessa EA Games. Spesso ci aiutava la mappa posta in alto a destra dello schermo, che aiutava a non perdersi, anche se durante l’esplorazione delle miniere di Moria, però, ci siamo smarriti così tante volte che abbiamo perso il conto. La parte che  ricordiamo con più gioia è stata quella dedicata al Fosso di Helm e la conseguente preparazione per la battaglia, con le musiche tipiche de Il Signore degli Anelli composte da Howard Shore. Pur approcciandosi con una struttura ludica semplice e già vista in passato con Final Fantasy X, Il Signore degli Anelli: La Terza Era seguiva un approccio differente dagli altri, con un sistema di combattimento a turni strategico, ponderato e ben articolato. Si doveva scegliere quale abilità usare, capire che attacco era utile e si era costretti ad osservare l’avversario, augurandoci che non proferisse parola nella Lingua Nera di Mordor.

I combattimenti avvenivano rapidamente ed erano, come accennavamo prima, molto difficili ed articolati. Si doveva esplorare, tenendo in considerazione qualunque cosa fosse attorno a noi, dando la priorità al nostro equipaggiamento e alle armi più potenti. Anche se spesso assistevamo a situazioni difficili, in cui eravamo costretti a dover prendere una decisione in maniera tempestiva e rapida, potevamo contare sull’attacco speciale di ogni membro della compagnia, che poteva scatenare una marea, una tempesta di frecce che oscuravano il sole o l’arrivo delle aquile, le stesse che aiutarono Gandalf a fuggire da Orthanc. Ogni vittoria corrispondeva a un avanzamento di livello, in cui potevamo accrescere l’attacco, le stregonerie e le altre caratteristiche dei nostri eroi. Era un gioco di ruolo fresco e semplice, capace di concentrare ogni sua qualità in maniera convincente, e tutto era frutto di un game design ben implementato che sapeva divertire e intrattenere, spingendo il giocatore a migliorare e ad affinare le proprie statistiche.

EA Games, che al tempo sapeva creare videogiochi unici e a confezionare esperienze notevoli, aveva a cuore prima di tutto la storia, i personaggi e il gameplay, e voleva che ogni compartimento fosse ben implementato. La gente voleva un videogioco su Il Signore degli Anelli, e non qualcosa di troppo arzigogolato o difficile, ma una produzione emozionante e intimista, che sapesse ricreare le atmosfere della Terra di Mezzo. Giunti a un certo punto, fu inevitabile appassionarsi alla compagine, che per molto tempo ci fece compagine. Col senno di poi, in effetti, potrebbe essere complesso ricordare tutte le scene emozionanti de Il Signore degli Anelli: La Terza Era.

All’epoca era complesso – ma lo è ancora oggi – capire chi fosse il nostro personaggio preferito, e quale di loro fosse scritto meglio. Se da una parte abbiamo Elegost e la sua libertà, dall’altra abbiamo Berethor e il suo senso del dovere. Se ci pensiamo, è proprio questo a rendere Il Signore degli Anelli: La Terza Era un videogioco ispirato, profondo e ben costruito. C’era l’amore che contraddistingueva il team all’epoca, ed era lo stesso che Tolkien ha intriso per creare il suo mondo. Nei videogiochi spesso vogliamo la fedeltà estrema ed assoluta, non ricordandoci quanti non conoscano la storia di Bilbo Baggins e della Compagnia dell’Anello e quanti potrebbero interfacciarsi con essa in un modo diverso e meno artificioso. D’altronde, i videogiochi servono proprio a questo: includere chiunque e dargli degli strumenti. È così che si crea un mondo magico.

Il Signore degli Anelli: La Terza Era è davvero il miglior videogioco mai realizzato sul franchise?

Questa è una domanda che ci poniamo spesso, anche se non abbiamo ancora trovato la risposta giusta. Nel corso degli anni 2000 sono usciti parecchi videogiochi dedicati a Il Signore degli Anelli, e di adattamenti ce n’erano molti più di quanto immaginiamo, proprio perché EA, che aveva una larga parte delle licenze, intendeva approfittare del successo che la Trilogia di Jackson era riuscita ad ottenere.

Il Signore degli Anelli: La Terza Era, pur seguendo la struttura di gioco di Final Fantasy X, aveva comunque un fascino indistinguibile. Permetteva di immergersi nel mondo nella Terra di Mezzo in un modo mai fatto prima, perché si potevano rivedere le location dei film e sentirsi parte di una compagnia. La nostra compagnia. Il contesto del viaggio, che ha sempre contraddistinto ogni opera di Tolkien, era al centro come mai era accaduto. D'altronde, la Via prosegue senza fine.