C'era una volta... Ratchet and Clank

Ecco un nostro approfondimento dedicato a Ratchet and Clank, l'argomento del giorno nel nostro format "C'era una volta"

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a cura di Nicholas Mercurio

Era il 2001, un’annata incredibile per il panorama dei videogiochi. A quel tempo venivano pubblicati Grand Theft Auto III, Medal of Honor: Frontline e Halo: Combat Evolved. Era un periodo felice, un momento unico con un panorama diverso: le produzioni non si accavallavano le une sulle altre come oggi, cercando in ogni modo di preservare loro stesse. Non era facile, non era immediato e non era sicuramente un approccio classico, ma era il più giusto e corretto, perché prevedeva al contempo la condivisione di nuove meccaniche, storie e altrettante riflessioni sui termini che utilizzavamo per descrivere un’opera nella sua interezza. Il vero successo, tuttavia, non iniziò dallo spazio, da una città in subbuglio e dai campi devastati della Normandia, bensì da un mondo lontano lontano che, in realtà, non era fiabesco ma neppure insolito. La storia iniziava da un Lombax che rispondeva al nome di Ratchet, e da un robottino simpatico ma un po’ tontolone chiamato XJ-0461, che al tempo imparammo a conoscere con il nome di Clank, il nome affibbiatogli proprio dall’amico.

C’era una volta un team di sviluppo conosciuto come Insomniac Games che ha condotto milioni di giocatori in una galassia lontana lontana, facendo impersonare due protagonisti unici e spumeggianti, l’uno legato all’altro da una profonda amicizia. Il team, che ultimamente ha pubblicato opere come Marvel's Spider-Man, attualmente è tra i più rinomati dei PlayStation Studios, conosciuto soprattutto per il suo talento e le sue ottime idee. Quando si parla di creare sinergie tra mondi meravigliosi e luoghi, non si discute mai di quanto sia invece rilevante rimarcare l’importanza dei protagonisti di un’avventura, e di come questi siano fondamentali all’interno di un racconto. Ratchet and Clank, per l’appunto, potrebbe intenerire facilmente chi adora i film Disney Pixar o le avventure animate di una qualunque serie televisiva, eppure è sempre riuscito a mantenere un tono maturo, esponendo a sua volta un racconto capace di commuovere, intrattenere e coinvolgere positivamente il giocatore.

Insomniac Games, confezionando un’opera magistrale, ha avuto la capacità di andare incontro alle passate richieste dei giocatori, che tra un Resident Evil e un Silent Hill cercavano qualcosa di diverso. Approcciare un racconto come Ratchet and Clank, per l’appunto, significava interfacciarsi con un’avventura unica nel suo genere, che al tempo ebbe la capacità di offrire ai giocatori uno scorcio del talento di un team che, durante gli anni successivi alla pubblicazione del primo capitolo del franchise, ottenne diversi plausi da parte della critica e del pubblico. Perché, se non lo aveste capito, lo sviluppo di Ratchet and Clank non subì ritardi di alcun tipo come era comune per l’epoca – ma in effetti ancora oggi – e si arrivò al giorno di pubblicazione nei tempi prestabiliti.

Al tempo, infatti, venne soprattutto fatto notare come le dinamiche sparatutto in terza persona e platform riuscissero a coesistere, e Ratchet and Clank divenne uno di quei tanti videogiochi del genere che apportò delle novità di game design, oltre a un contesto narrativo capace di esaltare, sorprendere e intrattenere il giocatore. Se al tempo bastava così poco per divertire, immagino fosse per le idee brillanti che un’opera di questo calibro portava con sé. In primo luogo, c’era voglia di sorprendere e narrare una vicenda; secondo, c’era il desiderio di creare qualcosa di cui non si sarebbe fatto altro che parlare negli anni successivi.

Ratchet and Clank: due amici, un universo d’avventure

Le peripezie di Ratchet and Clank, giunte proprio vent’anni fa (qualche giorno addietro, infatti, è stato il ventesimo anniversario del franchise), ancora oggi sono ricordate soprattutto grazie alla trama del primo capitolo, considerato da molti il migliore, nonché il più ispirato, maturo e scritto meglio. Alcuni ricordano solo ultimamente le vicende di Ratchet e Clank nell’avventura in cui hanno conosciuto l’affascinante Rivet, una protagonista forte e indomita che ha incantato il nostro Lombax preferito. Tuttavia, si è giunti a questo perché, in passato, Insomniac Games costruì una trama principale semplice quanto eroica, pensando prima di tutto a raccontare le gesta dei nostri protagonisti e poi di spiegare il mondo che li circondava.

Ratchet, inizialmente, parte come un meccanico di Veldin, un pianeta lontano della Galassia Solana. Cresciuto sull’altopiano Kyzil, il giovane Lombax vive alla giornata, lavorando faticosamente per arrivare a fine mese. È un esserino vivace, figlio di un fuggitivo del remoto pianeta di Faaston, che Ratchet conosce di sfuggita solo grazie alle diatribe da taverna. I suoi luccicano quando, alzando gli occhi al cielo, vede negli astri una speranza per il suo futuro. Il suo unico obiettivo, infatti, è quello di lasciare al più presto Veldin e dirigersi all’avventura, dimenticando il suo passato e la sua esistenza insoddisfacente, che non gli permette di essere davvero felice. Insomniac Games, costruendo sin da subito una descrizione del protagonista, mette in chiaro che Ratchet è cresciuto da solo, all’ombra di persone che lo hanno sempre considerato uno straniero, ed è stato isolato proprio per la sua provenienza esotica.

Nonostante abbia passato degli anni nello sconforto, il giovane ha comunque trovato un modo per guadagnare da vivere onestamente, sebbene non gli venisse riconosciuto alcunché. Un ingranaggio aggiustato dopo l’altro, resistendo alle intemperie e al carattere imprevedibile degli abitanti del pianeta, il Lombax era ormai consapevole che non se ne sarebbe mai andato dal luogo natio, che ormai considerava asfissiante e scomodo. Alle volte si sedeva su una seggiola, guardava gli astri e si immaginava in un luogo lontano, lavorando per qualcuno di noto. Il suo sogno, però, era un altro: viaggiare lontano, non guardandosi indietro, perdendosi tra le stelle e i pianeti, con la speranza di poter scrivere il suo futuro.

Eppure, Ratchet, che non si è mai arreso di fronte alla tristezza, trova sempre il modo per restare felice, distribuendo sorrisi e aiuto a chiunque ne abbia davvero bisogno. Perché è proprio questo che lo stimola a dare una mano al prossimo, dandogli conforto, ascolto e una buona dose di coraggio, che non ha mai fatto male. Anzi, a dire il vero ha sempre fatto bene, specie a chi, proprio come Ratchet, non trovava conforto dal mondo e cercava da esso gli stimoli necessari per migliorarlo una volta per tutte. In contrapposizione, invece, c’è il piccolo XJ-0461, un robot difettoso creato da Orvus, un dottore, venuto dagli ingranaggi del mondo all’interno delle prigioni d’acciaio di Great Clock, un luogo dove nascono sintetici come lui e altre amenità. Riuscendo a fuggire da chi lo vuole morto, il piccolo robot, inconsapevole della malvagità del mondo fino a quel momento, raggiunge una navetta spaziale che lo porta lontano da quel luogo, in una direzione misteriosa che, a detta del suo navigatore, risponde al nome di Veldin.

Non riuscendo a cambiare rotta, arriva sul pianeta di Ratchet. Attirato dall’esplosione e pensando di ottenere un lauto bottino, il giovane Lembox si avvia verso l’origine di quel trambusto, trovando il piccolo robot nascosto tra le macerie. Come ogni bella storia che si rispetti, il meccanico scopre dal robot delle vicende delicate che potrebbero mettere in pericolo l’intera Galassia di Solana a causa delle spietate mire del malvagio presidente Drek, un essere viscido che spera di ottenere ricchezze sconfinate approfittandosi dei più deboli, certo di poter ottenere tutto quello che vuole senza troppe complicazioni, con la speranza di trovare una nuova casa per la sua razza creando un pianeta che possa accoglierli, dato che il loro mondo d’origine, Orxon, è terribilmente inquinato e irrecuperabile. Sapendo queste rivelazioni dal piccolo XJ-0461, Ratchet decide che è giunto il momento di partire verso l’ignoto, servendo l’universo di Solana come soltanto i veri eroi sono capaci di fare.

L’amicizia tra Ratchet e Clank, una delle più belle e tratteggiate da che io ricordi, nasce senza fretta. Conoscendosi meglio, apprendendo l’uno dall’altro tutto ciò che serve per essere migliori. Imparano a volersi bene, a contare l’uno sull’altro e ad aiutarsi, mentre attorno a loro si configura una realtà spietata e crudele, pronta a tutto pur di rovinare i loro piani. Mentre vincono, conquistano e aiutando le brave genti della Galassia di Solana, il presidente Drek comincia a mostrare interesse per loro, preoccupandosi del futuro del suo popolo e dei suoi piani malvagi.

Ratchet è convinto che l’unico che possa aiutarli sia il Capitano Qwark, l’eroe di Solana, capace di fermare il presidente Drek e riportare la pace nella Galassia. Ratchet e Clank, però, non sanno che Qwark è in combutta con Drek perché è convinto che i Blarg meritino una seconda occasione, a discapito di tutti gli altri popoli della Galassia. Drek vuole utilizzare il Deplanetizzatore per il proprio conto e, già certo di avere la vittoria in pugno, immagina di avere la strada spianata, ma non ha ancora fatto i conti con il duo più potente di Solana, pronto a tutto pur di fermare il perfido antagonista.

Le tematiche di un videogioco unico nel suo genere

Nonostante siano passati molti anni dal 2002 e il remake del 2016 abbia riportato in auge il primo capitolo del franchise, preferisco concentrarmi sulle tematiche all’interno del racconto senza parlare troppo degli avvenimenti della trama. Sappiate solo che, una volta scoperto il misfatto, il duo composto da Ratchet e Clank comincia a viaggiare per l’universo in pianeti iconici come Metropolis, un luogo che dal nome potrebbe trarre in inganno per la sua somiglianza con la città dell’universo DC Comics che, in realtà, ospita una moltitudine di razze, le quali coesistono insieme anche nelle avversità.

Se da una parte c’è l’amicizia, che è trattata con estrema cura, dall’altra c’è un contesto scritto con passione e attenzione per i dettagli. Il rapporto di Ratchet e Clank, facendosi di conseguenza più forte a causa delle vicende brutali che sono costretti ad affrontare, è confezionato con passione, pensato sia per intrattenere quanto per avvolgere il giocatore in una sfera emotiva ben precisa, composta proprio dall’amore, che è l’unica cosa che non si può costruire in una fabbrica arrugginita. Mentre Ratchet non conosce le sue origini, il piccolo Clank non ne ha, ma sa solo che tutti lo vogliono morto perché è un errore di fabbricazione.

Ratchet può contare su Clank, e Clank è sicuro che Ratchet non lo tradirà mai; ciò definisce in maniera particolareggiata la loro scrittura, che si riserva intelligente e ben amalgamata al contesto, mostrando una critica aspra alle armi di distruzioni di massa. Lo spietato direttore Drek, in effetti, è il classico spietato magnate con la bava alla bocca che vuole solo sfruttare il suo potere e governare il mondo intero, distruggendo cosa ha attorno per il proprio tornaconto. Tornando però ai protagonisti, Ratchet è un protagonista che conosce solo una parte della sua storia: non è al corrente del suo passato né di quello della sua famiglia.

In realtà è il classico viaggiatore che scopre un mondo unico fuori dalla porta di casa sua, proprio come un Bilbo Baggins alla ricerca di una nuova avventura. Al contrario però del protagonista di Lo Hobbit, Ratchet non vede l’ora di conoscere l’universo, anche se forse dovrebbe cominciare a conoscere qualcosa di più definito sul suo passato, che è un mistero anche per lui. E non potrebbe essere altrimenti, d’altronde, perché è consapevole di essere soltanto un meccanico che si ritrova ad affrontare qualcosa più grande di lui, in un mondo fuori da ogni contesto e forma, lastricato di morte, sangue e fango, pronto a non ospitare i deboli ma solo i forti, che possono resistere alle intemperie della rovina. Il protagonista principale, insomma, è il più fragile e più forte del dinamico duo: Ratchet scoprirà poi le origini del suo passato, che comprenderà meglio una volta che avrà scoperto tanto su sé stesso.

E cosa dire di Clank, invece, che vive pensando di essere un semplice robot che potrebbe scomparire da un momento all’altro? Se non altro, ad affascinarmi è la prospettiva di vederlo scrivere la storia della sua vita. Mentre quella di Ratchet sembra già delineato, il racconto di Clank è ancora tutto da definire in ogni sfaccettatura. Già questo, infatti, dovrebbe essere un pensiero incoraggiante, specie per definire al meglio il suo futuro, il quale è ancora tutto da decidere.

Una struttura ludica semplice ed efficace

Ricordo Ratchet and Clank per il suo game design ispirato quanto semplice, dinamico e fluido, divertente e per nulla scontato. Come accennavo prima, al tempo Ratchet and Clank era il videogioco che si interfacciava con le necessità di un pubblico vasto che chiedeva a gran voce la novità. Reduce da Crash Bandicoot, l’utenza voleva un videogioco che consentisse di saltare da una parte all’altra e uccidere a colpi d’arma da fuoco nei modi più disparati. La speranza, dunque, non tardò ad arrivare: divampò e giunse attraverso i televisori di tanti giocatori e appassionati, che non attendevano altro che prendere a colpi di chiave inglese qualunque genere di nemico capitasse loro a tiro. E non lo nascondo, era divertente, specie quando si combinavano gli attacchi con le armi di Ratchet, che erano capaci di distruggere e annientare qualunque tipo di nemico.

Ricordo, infatti, quanto era divertente combinare gli attacchi, saltellando da una parte all’altra, sicuro che non sarebbe accaduto nulla di sconsiderato ma che, al contrario, ogni cosa si sarebbe sistemata per tempo, perché tutto era a portata di pad. E allora diventava divertente giocare ogni run, impersonando Ratchet e Clank nelle loro scorribande per la Galassia di Solana, perdendosi tra mondi inesplorati e luoghi invece caotici e unici, testimoni di un passato forte e indomito. Due avventurieri che, al contrario dei Guardiani della Galassia, preservavano i popoli di Solana dall’annientamento totale e dalla menzogna, pensando al loro invece che alla fine di ogni cosa.

Una tematica delicata, che ho notato recentemente proprio rivivendo il remake del 2016, è quella dell’inquinamento, ormai impossibile da frenare, e che nel primo videogioco di Insomniac Games dedicato a questo ventennale franchise, è una presenza fondamentale anche nello scheletro ludico del prodotto. Tra il passato e il presente, ovviamente, è stato svolto un ammodernamento grafico necessario per sfruttare al tempo le potenzialità di PlayStation 4, definendo al meglio un comparto grafico che, se comparato all’originale, è assolutamente più godibile e vicino al design di Ratchet and Clank: Rift Apart.

Tornando al game design, per l’epoca era una novità: in fondo due anime tanto distanti quanto essenziali si univano con lo scopo di proporre un videogioco che sapesse raccontare una struttura ludica in modo preciso, come accade solo con le grandi produzioni. Ratchet and Clank, che ha visto sequel, spin-off, fumetti e addirittura un adattamento cinematografico, è ancora oggi un franchise che andrebbe sfruttato maggiormente da parte di Sony, considerando le sue ottime qualità narrative, oltre a un sistema di gioco assolutamente ben collaudato e ottimamente funzionale.

Cosa aspettarsi dal futuro del franchise di Ratchet and Clank?

Vent’anni, se ci penso, sono tanti. È un numero assolutamente tondo, pesante e importante per un videogioco come il primo Ratchet and Clank, che nel corso della sua storia all’interno del panorama dei videogiochi si è ritagliato uno spazio fondamentale, facendosi conoscere a grandi e piccini. Io, per esempio, ero molto piccolo quando avviai la mia PlayStation 2, inserendo nel vano disco il mio CD-ROM di Ratchet and Clank, inconsapevole che avrebbe avuto un’impronta così significativa sulla mia vita da giocatore.

L’importanza culturale di una produzione del genere, giunta a noi da così lontano, è fondamentale per capire come mai Sony abbia deciso di rilasciare su PlayStation Plus tutti i videogiochi dedicati al franchise, inserendo anche il DLC gratuito dedicato a Ratchet and Clank: Rift Apart contenente alcune delle armature ispirate ai vecchi videogiochi del franchise. Giunto a questo punto, è inevitabile sottolinearlo: il futuro di Ratchet and Clank, con l’aggiunta di una protagonista come Rivet, è tutto fuorché concluso. C’è ancora tanto da scoprire, capire e assorbire. E non potremmo desiderare di più.