Da gamer professionisti a gente comune. È la crisi

La crisi intacca le manifestazioni professionistiche di gaming e con la loro chiusura cessano gli introiti per i giocatori professionisti, costretti a ritornare alla vita normale.

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a cura di Manolo De Agostini

La crisi colpisce anche i videogiocatori professionisti, persone che grazie a una passione riuscivano a mantenersi videogiocando, un hobby per molti di noi, e per tanti anche un onere. A riportarlo è il New York Times, che ha raccolto la confessione di Emmanuel Rodriguez, conosciuto come Master nel circuito internazionale dei pro-gamer.

Le manifestazioni sono sempre più rare, gli sponsor sempre più refrattari a concedere denaro e, perciò, Rodriguez è tornato al suo vecchio lavoro, in un negozio. "Rientrando qui il mio cuore è esploso. Ho sentito di aver messo tutte le mie energie nella costruzione di qualcosa d'importante, ma tutto è svanito", ha affermato Rodriguez, entrando al suo posto di lavoro. Per Rodriguez non si tratta di una questione di soldi, ma di una passione, diventata fortunatamente anche professione, che ora dovrà mettere in un angolo. È un po' come spegnere la luce in un angolo del suo cuore.

Negli Stati Uniti è sopravvissuto un solo campionato, la Major League Gaming. Gli organizzatori si dicono felici, non hanno perso sponsor e chiuderanno l'anno in attivo. È chiaro, però, che questa moria di concorrenti ha dato una bella mano. "È come se qualcuno abbia schiacciato il tasto di riavvio sul gaming", ha affermato Craig Levine del Team 3D e anche altri videogiocatori confermano: la crisi sta intaccando anche il settore del gaming professionistico.

Chi ha vissuto con la leggenda di Fatal1ty, presto potrebbe non avere più un mito a cui ispirarsi.