Dark Souls è quella serie alla quale proprio non sono riuscito a volere bene

Se c'è una serie che proprio non sono mai riuscito a digerire, quella è Dark Souls. Ci ho davvero provato, lo giuro, ma non ce l'ho fatta

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a cura di Fabio Canonico

Come sia riuscito per anni a fare questo lavoro, a sentire continuamente lodare FromSoftware (e anche il sole, ovviamente), a leggere lodi più o meno circostanziate e sperticate per le sue produzioni e a nemmeno non dico giocare, ma nemmeno toccare un Souls è, francamente, un mistero. Certo, un professionista del settore (*inserire risate registrate*) dovrebbe sempre, diciamo così, aggiornarsi, avere il polso delle evoluzioni della scena videoludica, ma alcune volte le circostanze fanno perdere anche a noi che lo facciamo per lavoro certe uscite, perché magari impegnati con altro, perché sotterrati dalla mole di cose alle quali giocare, anche solo per il proprio piacere personale. Auguri, poi, a recuperarle.

Nutro poi sempre qualche perplessità, in qualunque ambito, quando vedo venir fuori il fenomeno del momento, e che per certi versi i Souls siano stati un fenomeno non del tutto spiegabile credo sia innegabile. Per vari motivi, che vanno dal livello di difficoltà tarato verso l'alto all'ermetismo della storia e del mondo di gioco, non sono di certo tra le produzioni più affini ai gusti del videogiocatore medio, eppure hanno furoreggiato in termini di vendite. Soprattutto per quegli stessi motivi, direbbe qualcuno, e avrebbe anche ragione, perché di certo si tratta di elementi affascinanti per un certo tipo di giocatore, ma sono convinto che moltissimi siano coloro balzati sul carro spinti dalla moda videoludica del momento. Molti (ma non i più, secondo me), anche rimanendoci con estremo godimento e soddisfazione, beninteso, perché il bello del videogiocare è anche quello: scoprire, e chi se ne frega del modo, in fin dei conti, dinamiche di gioco e immaginari che ci titillano in maniere che non ci aspettavamo.

A me, lo dico con tanta mestizia, quest'ultima cosa non succede praticamente mai, al punto che faccio ormai fatica a ricordare quando sia avvenuta per l'ultima volta. Mi conosco abbastanza, sotto questo punto di vista: quando sento che qualcosa non fa per me, anche se quel qualcosa non l'ho mai toccato e non mi sono informato chissà quanto al suo riguardo, finisce sempre che all'atto pratico avessi ragione. Molto, ovviamente, dipende dal fatto che faccio questo lavoro da un sacco di tempo, e avendo scritto di centinaia di giochi nel corso degli anni ormai ho acquisito una sorta di quasi infallibile sesto senso. Mi piacerebbe davvero, davvero tanto se un gioco riuscisse a sorprendermi, ribaltando le mie aspettative, ma oltre “è un po' meglio di quanto pensavo” o, più spesso “è abbastanza peggio di quanto pensavo”, non si va ormai più.

Insomma, l'avrete ormai capito, su di me Dark Souls esercitava un'attrattiva prossima allo zero e il fatto che diedi, in un certo momento, al suo “fratellastro” Bloodborne un'opportunità finì per peggiorare decisamente le cose. Fu quando l'avventura gotica arrivò su PlayStation Plus che decisi, finalmente, di provare anche io ad apprezzare il gameplay tipico, identitario quasi, delle produzioni targate FromSoftware. Andò miseramente male. Ci misi molto del mio, a dire il vero, iniziandolo in un periodo nel quale di cose da fare ne avevo davvero un bel po', oltre alle già tante impostemi dal ruolo di responsabile editoriale del sito per il quale lavoravo al tempo; un po' mi feci anche abbindolare, visto che in molti affermavano che Bloodborne era molto più accessibile dei Dark Souls (se lo chiedete a me, no); fatto sta che non andai oltre Padre Gascoigne, e tanto basta per dare l'idea di quanto fossi una pippa. Magari dedicandomici sarei andato molto oltre, ma non era cosa, in quel momento, quindi addio Yharnam, a mai più rivederci.

Il fatale momento del mio primo incontro (scontro!) con un Souls arrivò però giusto qualche mese dopo, quando un po' per rivalsa, un po' perché i miei redattori di punta erano impegnati su altro, decisi di prendere il toro per le corna e di recensire io la versione Nintendo Switch di Dark Souls Remastered. Si fosse trattato di un gioco nuovo non l'avrei mai fatto, il mio approccio all'articolo fu piuttosto conservativo, nel senso che l'obiettivo non era mettere in discussione quanto affermato in altri pezzi dedicati alla serie da colleghi che ne sapevano più di me al riguardo, ma valutare la rilevanza e la qualità dell'operazione sulla console portatile di Nintendo. Che, al netto dei 30 frame al secondo, contro le 60 delle console rivali, era buona; l'estetica sporca e tetra del gioco originale risultava, per esempio, molto meglio riprodotta su Nintendo Switch che sulle altre piattaforme, dove illuminazione e riflessi splendevano un po' troppo.

Una parte di me, però, avrebbe volentieri urlato al mondo il proprio disappunto. Non ho un ricordo affezionato delle mie circa quaranta ore spese su Lordran e mi farebbe molto piacere riaverle indietro, fosse anche solo per il fatto che sono rimaste lì, sospese, con il mio personaggio ad aspettarmi sulla soglia della Fortezza di Sen; ma no, mai avrò la pazienza e l'ostinazione necessarie per andare avanti e finire il gioco. Ero stato lentissimo ma bravo fino a quel momento, avevo fatto tutto quello che era possibile fare prima di entrarvi, esplorato tutte le aree accessibili e ucciso tutti i boss, compresi quelli opzionali. Il primo impatto con il gioco era stato discreto, perché avevo trovato le dinamiche di combattimento molto più affini a me di quelle di Bloodborne e perché il fascino dell'immaginario del gioco è assolutamente incontestabile. Quando le cose avevano iniziato a farsi più difficili non avevo mollato, a costo di livellare come mai avevo fatto nemmeno nel più tosto dei JRPG. A una certa, però, basta.

Non volevo più morire perché gli sviluppatori si erano divertiti nel nascondere un nemico o una trappola in un posto impensabile, o perché un boss mi uccideva con un sol colpo; non volevo più impazzire nel cercare i falò ripercorrendo innumerevoli volte le stesse aree, popolate dagli stessi nemici; non volevo più maledire un sistema di controllo legnoso e poco reattivo. Tra le cose che apprezzo di più in un videogioco c'è il senso della misura, la capacità di saper dosare sapientemente elementi del gameplay e situazioni di gioco, e a parer mio è un qualcosa del quale Dark Souls manca in maniera fastidiosa e paradossale, essendo tanto scarno nelle sue basilari dinamiche quanto barocco fino al disturbante nel distribuire tutto ciò che possa portare alla morte del giocatore.

È una questione di difficoltà, ovviamente, ma anche di design in generale, di un qualcosa che ti rendere l'esperienza non solo ostica, ma anche pesante. Soprattutto pesante, nel mio caso, perché con i giochi difficili non ho mai avuto troppi problemi, non perché sia un fenomeno, sono un giocatore di medie capacità, ma con tutta la volontà di migliorare. E poi c'era il fatto che quella ridondanza ludica mi levava il piacere di godermi quanto di insindacabilmente bello il gioco proponeva, dal pregevole level design a quell'immaginario tratteggiato con poche ma suggestive pennellate. Delle mappe intricate mi piace esplorare ogni anfratto, subisco potentemente il fascino delle storie nelle quali il grosso non viene detto ma va scoperto, mettendo insieme pezzi qua e là, quindi in teoria i Souls in generale sarebbero perfetti per me. E invece tutto uno sbattere le corna e poco sfizio.

A Dark Souls, quindi avrei davvero voluto voler bene, perché di elementi per me affascinanti ne ha eccome. Così come lo sarebbero, ne sono certo, per moltissimi altri giocatori che magari come come sono crollati sul lungo e periglioso percorso, ma che tanto si sarebbero voluti immergere nel mondo plasmato da Hidetaka Miyazaki. E allora, lo dico per poi scappare velocissimamente da coloro che immediatamente si inferociranno per la mia insultante proposta: se non addirittura un livello di sfida un po' più approcciabile, almeno una ludica più corretta e misurata sarebbero davvero una bestemmia?

Riguardo Dark Souls ormai sono irrecuperabile, ma potrei riabilitarmi con Elden Ring, già prenotabile su Amazon Italia.