E se le MOD su PC fossero tutte a pagamento?

Da sempre disponibili gratuitamente, le mod per i giochi PC un giorno potrebbero davvero diventare a pagamento?

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a cura di Alessandro Adinolfi

Uno dei vantaggi più grandi del giocare su PC è sicuramente legato alle mod. Prima destinate a circolare solo tra una ristretta cerchia di persone, grazie all'avvento di Internet sono oramai diventate di uso comune e non è raro trovarne alcune che vanno a cambiare radicalmente un gioco. Se alcuni publisher e sviluppatori sono ancora restii all'implementazione totale (come nel caso di Rockstar Games e le componenti online di GTA 5 e Red Dead Redemption 2), oramai tantissimi studi di sviluppo rilasciano fin dal giorno del day one i kit per programmarne di nuove. E tanti creator hanno già provato a guadagnarci, giustamente: le mod d'altronde non sono altro che il frutto di un lungo lavoro di appassionati che mettono a disposizione il loro tempo per migliorare sezioni o aggiungere addirittura nuova feature. Una domanda sorge spontanea: dovremmo cominciare a pagare per questi contenuti?

Non è semplice trovare una risposta. Alcuni programmatori, grafici e appassionati hanno già trovato la risposta al loro quesito e mettono a disposizione le loro mod sui loro Patreon. Pagando una quota mensile si sostiene il creator, che permette a tutti gli abbonati (ovvero coloro che sostengono la lavorazione delle mod) di godere di alcuni add-on come Reshade e tool per implementare delle Photo Mode artigianali. Altri, invece, continuano a distribuire i loro contenuti esclusivamente gratuitamente, appoggiandosi su siti che fanno da raccoglitore, come Nexus e ModDB. La sensazione che aleggia intorno a determinate creazioni, però, ci fa credere che in futuro un modello di distribuzione a pagamento non possa essere così distante.

Il panorama delle mod, come abbiamo detto poco sopra, è molto stratificato. Alcune implementano solamente dei personaggi esterni, altri si basano sui fenomeni di Internet, come i meme, altre ancora invece migliorano il gioco. Basti pensare, ad esempio, a Cyberpunk 2077, che grazie ad un modder è riuscito ad avere un sistema di trasporto come la metropolitana. Questa mod ha richiesto ore e ore di sviluppo, oltre che di testing, ed è disponibile gratuitamente su Nexus, al pari di una che inserisce invece il trenino Thomas come nemico in Resident Evil. Forse, tra le due creazioni, c'è un po' di differenza.

Se pensiamo che una mod qualitativamente valida debba essere pagata, ci sono due ostacoli a questo processo. Il primo è ovviamente relativo a chi stabilisce che un contenuto aggiuntivo sia meritevole di guadagno. Fare differenze tra alcune creazioni può essere un processo discriminatorio e rischia di tagliare fuori alcuni creator che riterrebbero di dover essere pagati per il loro tempo passato a implementare un contenuto aggiuntivo. Il secondo, invece, è legato al copyright: tecnicamente, pur essendo creazioni originali, tutti gli add-on creati dai modder sono in realtà basati su un codice sorgente e su asset non di proprietà. Un buon modo per percorrere questa strada potrebbe essere affidarsi al Creation Club di Bethesda, dove i modder mandano le candidature e una volta accettate possono cominciare a creare armi, vestiti, personaggi, creature e mondi di gioco. In quel caso è il publisher e sviluppatore che paga, senza che questo costo finale ricada sugli utenti. Il problema è che di Creation Club ce n'è uno solo e risulta difficilmente sostenibile per realtà più piccole.

Una soluzione al problema potrebbe essere implementare dei marketplace interni agli stessi giochi, ospitati ovviamente dagli studi di sviluppo. I creatori a quel punto potrebbero registrarsi, essere approvati e cominciare a vendere le loro creazioni in un mercato interno, controllato. Si risolverebbe, tra l'altro, anche il problema legato a chi può e chi non può fare un profitto dal suo lavoro, oltre che del copyright. In un sistema dove gli sviluppatori hanno l'ultima parola sugli elementi che vengono caricati, è molto probabile (anzi, praticamente impossibile) ritrovarsi una nude mode oppure il tanto chiacchierato Trenino Thomas. Tutte le creazioni dovrebbero essere originali ed essere sottoposte ad un rigido processo di selezione.

Resta poi da chiarire un punto chiave di tutto il discorso, ovvero la reazione della community. In passato Valve e Bethesda ci provarono davvero a far pagare le mod e la community non accolse con gioia i cambiamenti al Workshop di Steam. Era il 2015 e nel mondo dei videogiochi sembra quasi essere passata un'era geologica, visti i tanti cambiamenti che questa industria ha subito. Se davvero gli utenti si stanno aprendo al Web 3.0 e al mondo degli NFT, forse oggi pensare di dover pagare una mod qualitativamente valida dopo essere stata comprata da un marketplace interno ad un determinato gioco non sarebbe così tanto folle.

Non esiste, come avete potuto capire, una vera e propria risposta alla domanda. Abbiamo però la possibilità di esprimere una propria opinione. Ad oggi, se chiedete se sia giusto far pagare i giocatori per dei contenuti non ufficiali ma qualitativamente molto validi, possiamo provare a ritenere che sì, non solo sia corretto ma che un sistema del genere probabilmente ci offrirebbe ancora più mod in grado di migliorare le esperienze di gameplay o di modificarla e provarne di nuove. E forse varrebbe la pena di provare.