Elden Ring ha rispetto del tempo del giocatore

Elden Ring si può permettere di essere ostico e mastodontico, perché dà senso a ogni singolo secondo dell'esperienza di gioco

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a cura di Fabio Canonico

Con Elden Ring è successo qualcosa che molto raramente mi è accaduto nel corso della mia carriera di giocatore e critico: mi sono lasciato andare e ho ignorato tutte le lucine rosse di allarme che, prontamente, avevano iniziato a lampeggiare dopo che mi era balenata in testa la per loro scellerata idea di metterci sopra le mie avide mani. Ne avevano ben donde, ovviamente, addestrate a fare il loro lavoro non tanto da anni di esperienza, ma soprattutto dalle mie passate vicissitudini con le produzioni di FromSoftware, riassumibili più o meno con “sì capisco il fascino di Dark Souls, ma anche meno” (per un'opinione più esaustiva cliccate qui) e “no no no Bloodborne per me è veramente troppo, l'ho mollato e a mai più rivederci”.

Potrei dire che ad avere avuto un ruolo nella mia decisione di dare una possibilità all'ultima fatica del team di sviluppo giapponese siano stati i pareri e i rilievi dei miei colleghi della critica nazionale e internazionale, ma sarebbe vero solo in parte. Ci sono determinati aspetti di un videogioco che valuto in una maniera molto, troppo personale, e il livello di sfida (che continuo ad affermare sia artificiosamente elevato nei soulslike di FromSoftware, in maniera poco intelligente) è tra questi.

Per intenderci, un conto è leggere, apprezzandolo, che Elden Ring sia molto più accessibile dei vari Souls, un conto è rendersene effettivamente conto, pad alla mano. Per convincermi avrei dovuto non solo fare le pulci agli articoli dei siti specializzati, ma inoltrarmi nei forum, leggere commenti e altro ancora, al fine di avere un'idea quanto più precisa possibile, con il vantaggio di sapere esattamente cosa aspettarmi e lo svantaggio, doppio, di perdere un bel po' di tempo e forse anche rovinarmi qualcosa (molto?) del gioco.

Non è stata nemmeno la FOMO, la paura di perdersi qualcosa, di non far parte dell'evento collettivo del momento, a guidarmi; ne sono abbastanza immune, assorto come sono in occupazioni (prevalentemente videoludiche) più o meno bizzarre (tipo trovare le impostazioni perfette per riprodurre al meglio su un pannello LCD uno schermo CRT, ma questa è un'altra storia che forse racconterò su queste stesse pagine). Insomma quindi, cos'è stato a spingermi a compiere il fatale acquisto? Banalmente, una manciata di screenshot.

Sono un grande estimatore della direzione artistica che permea le opere di FromSoftware, al punto che penso che uno dei motivi per i quali dovrebbero essere accessibili ai più risieda proprio nel permettere a qualunque tipo di giocatore di ammirarla. Vederla declinata in un contesto ludico che già di base è per me estremamente evocativo, quello dell'open world, ha fatto il resto. Come resistere a immagini come quella che trovate qui di seguito? Non si può, semplicemente, e quindi mi sono lanciato in questa impresa un po' come quando ero piccolo e mi lasciavo intrigare dalle confezioni dei videogiochi, quasi ignaro del loro contenuto. Avrebbe potuto tramutarsi in un disastro e invece è stato un successo.

Tante sono le qualità di Elden Ring, ben riassunte dalla imponente recensione che trovate su queste stesse pagine, e sarebbe quindi ridondante tornare nuovamente su di esse. C'è però un elemento che vale la pena analizzare in maniera più approfondita, perché è una novità per un titolo FromSoftware ed è quello che, almeno a mio modo di vedere, cambia del tutto le carte in tavola, al punto da rendere un gioco comunque ermetico, difficile e punitivo davvero accessibile. Elden Ring ha davvero rispetto del tempo del giocatore. Finalmente, mi verrebbe da dire, dopo anni spesi a correre da un falò alla porta di un boss, cercando (spesso vanamente) di schivare tutto lo schivabile.

Il mio problema, e suppongo quello di molti, con i Souls, non è mai stato relativo alla difficoltà intrinseca: non disdegno un'ardua sfida, uno dei miei generi preferiti è quello degli sparatutto a scorrimento verticale, non propriamente noti per la loro facilità. Potrei riprovare un certo passaggio o un determinato boss decine di volte, ma morire in un paio di minuti e doversene poi magari fare cinque per riprovare, in una maniera che in pochissimo tempo diventa meccanica, tediosa e stancante, tra nemici da evitare, trappole di cui ricordarsi e, la mia nemesi, scale o ascensori da prendere, l'ho sempre trovato distruttivo nell'esperienza di gioco.

Il fatto che l'Interregno sia generosamente puntellato dai luoghi di grazia, l'equivalente dei falò, e che prima di un boss ce ne sia sempre uno, cambia tutto. Con una semplice mossa ecco eliminato tutto quello che per me è tedioso dei Souls, quell'anticlimatico e borioso intermezzo tra un tentativo e un altro. Morire dieci, venti volte è accettabile, quando non c'è alcun tempo morto da sorbirsi. E ora veramente mi verrebbe da chiedere all'ortodossia: “era davvero meglio prima?”

Chiaramente anche la struttura del mondo aperto aiuta a rendere l'esperienza più accessibile, perché magari una volta ottenuto un bel bottino di rune ci si può teletrasportare in un luogo di grazia e livellare, senza rischiare di perderlo, ma quello è il meno, l'esigenza di livellare praticamente non la si avverte, c'è in funzione un meccanismo molto più naturale e organico, per il quale chi ha il pad in mano avverte che per migliorare il proprio personaggio basta, semplicemente, continuare a giocare: esplorando.

Ed eccolo l'altro modo per il quale Elden Ring dà valore al tempo investito, premiandolo costantemente. L'Interregno è vasto, composto da biomi suggestivi e affascinanti, ma non è solo bello da vedere, da attraversare, lo è altrettanto da esplorare, abbandonandosi allo spirito di curiosità e novità. C'è sempre qualcosa in attesa: una storia da vivere, uno dei molteplici potenziamenti da ottenere, armi o armature potentissime. Tantissimi sono gli aspetti nei quali personalizzare il proprio Senzaluce, quindi le ricompense sono varie e sempre utili: vale sempre la pena spendere il proprio tempo deviando dalla strada principale, perché quello che ci si para davanti non è un mondo gonfiato giusto affinché sia più grande, ma uno scrigno dal quale saccheggiare qualunque ricchezza.

La quasi perfezione del gioco sta in questa sua capacità di mantenere costantemente su livelli elevatissimi il coinvolgimento del giocatore, senza che arrivi praticamente nulla a spezzare una magnifica connessione. Elden Ring funziona in sessioni lunghe ore così come qualche minuto: si parte dalla strepitosa suggestione derivata dalle atmosfere e dai luoghi dell'Interregno, si passa attraverso il gusto di ferro e sangue dei combattimenti e mai si vorrebbe finire, perché non c'è un elemento di rottura che anche solo suggerisca tale intenzione. Ogni secondo speso ha valore, ed è questa, considerando il pregresso di FromSoftware, non propriamente perfetto in tal senso, una delle più grandi conquiste del gioco.