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Forgive Me Father | Recensione

Un boomer shooter che fa tutto bene nelle meccaniche del genere ma dal bilanciamento rivedibile: la recensione di Forgive Me Father

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a cura di Fabio Canonico

Della più o meno recente ondata di FPS d'impostazione e stile retrò arrivata a graziare i polpastrelli e le sinapsi di tutti coloro ai quali piace far esplodere le teste dei nemici in un tripudio di rosso sangue e carni maciullate Forgive Me Father è l'ultimo (ma, siamo sicuri, solo in ordine cronologico) epigono.

Come altri prima di lui, su tutti il poderoso DUSK (del quale potete leggere la nostra recensione), declina un gameplay dal canone tradizionale in una chiave moderna, che si traduce in un ritmo dell'azione generalmente elevatissimo e in un consistente, soverchiante numero di nemici da abbattere. Coloro che hanno fatto gli studi definiscono tale modello come “boomer shooter”, che non è un genere nel quale si spara a cinquantenni fuori dal tempo ma semplicemente l'elevazione a potenza di quanto già facevano decenni fa i vari DOOM, Quake, Wolfenstein, Duke Nukem e compagnia blastante.

Basterebbe già questo semplice preambolo per inquadrare quali siano i pregi e i limiti di simili produzioni, quelli che appartengono totalmente anche a Forgive Me Father, che effettivamente fa poco per smarcarsi dalle caratteristiche sostanziali del genere al quale appartiene, a partire da una narrazione che, ancora come in DUSK, mette in scena culti misteriosi, creature ributtanti, intrighi oscuri e, più in generale, tutte le caratteristiche dell'immaginario che permea la produzione letteraria di H.P. Lovecraft.

In maniera per nulla originale, anzi con una fedeltà che sa, certamente, di tributo, ma anche di pigrizia nel racconto. Non c'è molto che renda davvero interessante un canovaccio prevedibilissimo, con il protagonista che arriva, in seguito a una preoccupata missiva, in un villaggio derelitto, punto di partenza di un'avventura che lo porterà a fronteggiare il Grande Antico tutto tentacoli: Cthulhu ovviamente.

Questo sia che si scelgano i panni del prete che quelli della giornalista. Due personaggi, stessa storia, ma a ben vedere anche stessa ludica, perché le peculiarità dell'uno e dell'altra non portano poi grosse differenze in quello che è un impianto di gioco del tutto focalizzato sul muoversi e sparare, senza soluzione di continuità.

A disposizione di ognuno ci sono varie bocche di fuoco quindi, ma anche differenti poteri, e se quelli del prete vanno in una direzione più difensiva quelli della giornalista concedono un approccio più offensivo. Cambia davvero poco, all'atto pratico, per quanto alcune abilità siano davvero sfiziose e coreografiche la loro efficacia è relativa e allora sono le armi a farla da padrone.

In quello che è un arsenale inizialmente piuttosto classico, ma che attraverso certi potenziamenti si fa più particolare e vario, si ritrovano tutti gli strumenti di morte familiari agli appassionati, quindi pistole, fucili mitragliatori, doppiette, lanciarazzi e similia. Tutti sono utili, ma in maniera piuttosto artificiosa, perché è evidente che alcuni siano nettamente più potenti di altri (il mitra su tutti), ma la perenne scarsità di munizioni porta a dover ricorrere a ogni singola arma a disposizione, coltello compreso persino.

È una caratteristica del gioco, ma anche un piuttosto rilevante problema di bilanciamento: ogni arma ha due varianti tra le quali scegliere in fase di potenziamento, secondo una piccola componente ruolistica implementata alla bell'e meglio, ma alcune sono abbastanza inutili, e indietro non si torna. Capita, così, che il già citato mitra possa trasformi in un lanciagranate piuttosto deboluccio, e che questo quindi finisca relegato in panchina, rendendo la già citata penuria di munizioni ancora più penalizzante, quasi rompendo il gioco.

Basta davvero così poco? Sì, perché Forgive Me Father punta molto sulla quantità, anche troppo, mettendo nemici praticamente ovunque, e tutti piuttosto resistenti, anche in maniera fastidiosa: perché (tanto per citare un altro dei problemi di bilanciamento generale) un colpo di doppietta spesso toglie 4/5 di vita ai nemici di medio livello? O tutto o meno! Chiaro che con simili premesse spesso ci vuole davvero poco affinché un'esperienza nel complesso godereccia, grazie a un buon feeling delle armi, a un gore di impatto e ritmi sempre sostenuti, sfori nella frustrazione.

Anche perché il team di sviluppo, Byte Barrel, ha implementato un sistema di salvataggio non del tutto centrato. Non esistono checkpoint, non esiste la possibilità di salvare la partita in qualunque momento: lo si può fare solo presso specifici punti, spesso collocati in maniera piuttosto discutibile in quella che è l'estensione dei livelli. Si muore, e dalla metà dell'avventura si muore spesso, anche a livello di difficoltà normale, e tocca riniziare da capo oppure prima di impegnative battaglie dalle quali magari nella partita precedente si era già usciti vincitori. Ogni livello è completabile in una manciata di minuti, è vero, ma il rischio tedio è sempre in agguato.

Voto Recensione di Forgive Me Father - PC


6

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - L'azione è sempre intensa e veloce.

  • - La direzione artistica è particolare, in maniera apprezzabile.

Contro

  • - Il bilanciamento generale, dalle armi ai nemici, è rivedibile.

  • - Il sistema di salvataggio è a volte mal implementato.

Commento

Una volta giunti alla fine dell'avventura, dopo circa sette ore di gioco, di Forgive Me Father rimane in definitiva poco, non perché sia una brutto gioco, ma perché in tutti gli aspetti che ne compongono il gameplay denota una evidente mancanza di bilanciamento, e in molti, come il level design, lacune magari non drammatiche, ma comunque rilevanti. È la sola direzione artistica a non far sollevare particolari riserve, ma non basta di certo per innalzarlo tra i congeneri.

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