Generation Zero, abbiamo provato la versione beta del nuovo titolo di Avalanche Studios

Svezia, fine anni '80. Un esercito di macchine automatizzate e armate ha preso il controllo il luogo dove viviamo. Da soli o in compagnia è il momento di scoprire il segreto che si cela in Generation Zero.

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a cura di Matteo Lusso

I videogiochi open world hanno un fascino che difficilmente riesce a essere riprodotto da un titolo a progressione lineare. Il vagare con o senza meta ed esplorare ogni anfratto alla ricerca di ciò che ci serve e informazioni regala una fantastica forma intrattenimento. È ovvio che la declinazione survival di questa tipologia di giochi dia una marcia in più se usata in maniera sensata. Avalanche Studios, dopo gli apprezzati Mad Max e Just Cause, ha quindi sfruttato la propria esperienza con il nuovo sparatutto in prima persona Generation Zero.

Siamo nella Svezia di fine anni '80 e, dopo essere tornati da un'escursione con i nostri amici, troviamo la cittadina in cui viviamo completamente abbandonata, con le auto ferme ai cigli della strada e segni di sparatorie qua e là. Siamo subito lasciati a noi stessi in quello che in breve scopriamo essere un territorio ostile, dove dei misteriosi automi quadrupedi e armati di mitragliatrici prendono di mira qualsiasi persona, ovvero noi. Gli zombie tanto cari al tema dell'apocalittico lasciano quindi spazio a creature meccaniche che improvvisamente hanno fatto la loro comparsa cambiando completamente la tipica giornata svedese.

Non si sa perché siano lì e chi o cosa li abbia fatti arrivare; la beta che abbiamo avuto modo di provare era abbastanza limitata sia in termini geografici che per quanto riguarda i risvolti della trama, sicuramente ancora in sviluppo dato che la pubblicazione non è prevista prima del 2019. A parte qualche missione atta a sbloccare un nuovo rifugio e punto di trasporto rapido sulla mappa, i dettagli erano molto scarni. Abbiamo però apprezzato le sensazioni che Generation Zero riesce già a trasmettere con sonorità musicali in sottofondo che ricordano in maniera azzeccata la serie ormai cult Stranger Things. E di "cose strane" nel prossimo gioco di Avalanche Studios ce ne sono tante e in senso buono.

La mappa di gioco è infatti deserta con nessuna spiegazione su dove siano scomparsi i suoi abitanti. In realtà, Generation Zero punta sulla cooperazione con un massimo di altre tre persone online che vestono i panni dei nostri compagni di scampagnata, quindi non si è propriamente soli ma, in ogni caso, non abbiamo avuto modo di interagire con altri personaggi. Abbiamo però visto rifugi di fortuna abbandonati, corpi di militari nelle vicinanze di camion da trasporto e perfino carri armati in fiamme. Che i robot abbiano catturato i nostri concittadini? Il mistero è tanto, speriamo solo che gli sviluppatori riescano a sfruttare saggiamente questo incipit narrativo. La nostra paura è infatti che la componente action e multigiocatore prenda il sopravvento su tutto il resto e, nonostante l'enorme mappa open world, la storia non riesca quindi a fornire un valido motivo per esplorare ogni angolo alla ricerca della verità mentre si combattono automi sempre più grandi e forti.

In Generation Zero la nostra nemesi sono macchine autonome e armate che pattugliano il territorio in gruppo. Proprio per questo motivo, per quanto di solito il binocolo sia un orpello estetico, stavolta ci è stato utile per capire all'incirca la posizione dei nemici che, una volta ingaggiati, si spostano rapidamente. Non possiamo però definire l'intelligenza artificiale sopraffina ma nemmeno ingenua. Inizialmente è sufficiente mandare a segno un paio di proiettili da 9mm sparati con la pistola per distruggere gli avversari di bassa lega e, anche in solitario, la loro superiorità numerica non è affatto un problema da gestire. La sensazione restituita dalle armi è comunque molto buona, pur puntando su una balistica piuttosto arcade. La pistola è maneggevole, con pochissimo rinculo, ma abbiamo anche fucili a pompa e da caccia che, oltre ad avere un proprio stato che va dall'arrugginito al nuovo, definendone così le prestazioni, possono essere migliorati con appositi accessori. Possiamo aggiungere un mirino telescopico o un silenziatore se li troviamo in giro, con il risultato che le nostre bocche da fuoco possono diventare molto più performanti e distruttive. E se il piombo non basta, abbiamo a disposizione pure un grande equipaggiamento che spazia da flare per attirare l'attenzione delle bestie meccaniche, iniezioni di adrenalina per migliorare le nostre prestazioni, medikit per recuperare punti vita - l'energia non si ricarica nel tempo - e perfino bombole del gas da lanciare e far esplodere.

La varietà degli strumenti a nostra disposizione ci è parsa quindi congrua alle situazioni che siamo chiamati ad affrontare e aggiunge anche un'oculata gestione dell'inventario, diviso in slot. Abbiamo inoltre una crescita del personaggio attraverso l'esperienza guadagnata a seconda delle nostre azioni e dei relativi punti da spendere per affinare le nostre abilità. Possiamo far ridurre l'oscillazione dell'arma quando miriamo, aumentare la salute massima e così via, seguendo quella che è un'impostazione molto classica, tipica dei videogiochi di ruolo. Abbiamo anche la possibilità di personalizzare il vestiario del protagonista. Si tratta perlopiù di semplice estetica che consente di cambiare l'aspetto del personaggio in base ai capi che abbiamo trovato durante l'esplorazione, così da differenziarlo dagli altri giocatori che possiamo incontrare online.

Una volta pronti e ben equipaggiati, si nota un incremento e maggiore varietà dei nemici man mano che si sposta verso i luoghi più remoti. Se all'inizio abbiamo solo qualche quadrupede robot da eliminare, successivamente incontriamo droni volanti che emettono un suono in grado di richiamare altri automi, fino a raggiungere un vero e proprio mostro meccanico alto almeno una decina di metri, molto resistente e che spara esplosivi. Capita quindi di morire, ma non abbiamo avuto nessuna penalità se non quella di dover ricominciare da uno dei rifugi già sbloccati. Il difetto più grande della beta di Generation Zero sono stati infatti i numerosi tempi morti per raggiungere i punti di interesse sulla mappa, durante i quali ci si sposta con estrema facilità e, al massimo, si incappa in qualche scontro a fuoco.

L'ambientazione open world è comunque estremamente grande - anche se durante la prova solo una piccola porzione era visitabile - e richiederà molto tempo per poter essere esplorata in ogni angolo. Tuttavia, senza una buona impalcatura narrativa, missioni che non siano fini a sé stesse e complesse sfide da affrontare, tale vastità potrebbe ritorcersi contro. Il nostro dubbio è soprattutto sull'essenza stessa delle meccaniche: Generation Zero è un FPS di tutto rispetto e anche divertente da quel punto di vista, ci chiediamo però se riuscirà a offrire qualcosa di più oltre il semplice "spara spara" a bersagli sempre più grossi, che è appunto quello che abbiamo percepito durante tutto il nostro vagabondare per le terre svedesi.

Se non altro, il motore di gioco Apex è davvero ottimo. I modelli tridimensionali hanno una discreta complessità poligonale, sia negli ambienti interni che esterni, e hanno applicate texture chiare e ben definite che non lo fanno assolutamente sfigurare davanti a produzioni più recenti. A voler essere pignoli, Generation Zero sfrutta sapientemente la profondità di campo per nascondere l'aliasing ed eventuali difetti in lontananza, tuttavia la sfocatura generale potrebbe non piacere.  L'engine muove inoltre un credibile e lento ciclo giorno e notte, anche se le ore serali e notturne non sono particolarmente buie, e un ottimo meteo dinamico, con la pioggia davvero realistica. Sono inoltre presenti tutta una serie di dettagli di cui tener conto, come il sibilo del vento, le foglie che cadono dagli alberi, un differente rumore e velocità di spostamento a seconda del terreno, le mani del protagonista che restano bagnate dopo essere state a contatto con l'acqua, i proiettili che ci sfiorano, i robot che perdono pezzi e le esplosioni quando sono distrutti.

La grafica è quindi già di alto livello nonostante qualche bug di secondaria importanza, tra cui porte che appaiono sia chiuse che aperte, ma sono comunque problemi già noti agli sviluppatori. Quello che invece ci ha stupito è l'ottimizzazione: la nostra configurazione di prova - AMD R9 290, Intel i5 4590 e 8GB di RAM - non è riuscita a mantenere i 60 fotogrammi al secondo in Full HD e le impostazioni grafiche su Alto, tuttavia la fluidità dei movimenti e dei controlli, sia con mouse e tastiera che con il controller, è invidiabile. Non abbiamo percepito scatti, cambi improvvisi nella velocità di generazione delle immagini o il fastidioso screen tearing che spezza la schermata in orizzontale specie quando si sposta rapidamente la visuale.

Tutto sommato, la nostra prova con Generation Zero è stata piacevole. Abbiamo ancora delle perplessità sulla reale profondità delle meccaniche, che speriamo siano affiancate da una trama valida e da un crescente livello difficoltà man mano che si potenzia il proprio personaggio e si esplora sempre più l'enorme isola svedese. Con la data di commercializzazione prevista per un periodo imprecisato del 2019, Avalanche Studios ha quindi tutto il tempo per completare quest'opera ambiziosa che potrebbe quantomeno diventare un ottimo sparatutto in prima persona, cooperativo e open world. Siamo inoltre convinti che l'aggiunta di ulteriori elementi survival legati alla fame, la sete, il sonno e la temperatura potrebbero offrire a Generation Zero quel tocco in più tale da rendere la cooperazione fra i giocatori ancora più importante. In ogni caso, questa beta ci ha permesso di capire cosa aspettarci da questo titolo relativamente originale - il mix robot e apocalisse non è una novità assoluta - e siamo quindi davvero curiosi di scoprire se la versione finale rispetterà le nostre aspettative.

Se vi piace far fuori robottoni che si sono presi troppe libertà, allora volete assolutamente giocare a Horizon Zero Dawn.