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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

Chi vi scrive è un giocatore, ammaliato, dopo il suo primo viaggio con Kratos. Ebbene si, per molti questo God of War è il primo della saga ad essere giocato, per questo motivo cercheremo di raccontarvi che cosa significhi approcciarsi a questo brand attraverso un prodotto, nella forma, differente ai predecessori, nonostante la presenza di un personaggio come Kratos, di cui il brackground è importante, se non addirittura quasi fondamentale.

Il viaggio di un padre e di un figlio

Il protagonista della storia può ingannare, spesso viene considerato tale colui che impersoniamo o un suo secondo. In questo caso parliamo di un termine, si perché l'insegnamento è il vero focus della vicenda. Kratos insegna al figlio, Atreus insegna al padre. Il primo predica l'arte del combattimento, la calma, il saper colpire al momento giusto, evitando di commettere gli errori che lo hanno, inevitabilmente, portato a essere un dio crudele e vendicativo. Atreus, al contrario, cerca, con il suo modo di osservare il mondo con gli occhi di un bambino, di spezzare la barriera che lo distanzia dal padre, anche grazie alla sua precoce saggezza. Il viaggio è un susseguirsi di emozioni che solo un padre e un figlio potrebbero realmente capire nella sua totalità. Tutto questo sottolinea la qualità di Santa Monica di saper proporre un prodotto altamente immersivo, grazie ad una recitazione e direzione registica magistrale.

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Chiunque non abbia avuto occasione o voglia di provare a giocare ai precedenti capitoli, non può che rimanere impressionato e incuriosito dal carattere del nostro dio spartano: maturo, con un Io interiore profondo e affaticato dalle pene passate. Questo è un aspetto davvero incredibile, perché nonostante i capitoli precedenti non siano stati giocati, si avverte comunque la sensazione di conoscere Kratos, la sua mente stanca, il suo fisico pieno di cicatrici e il suo sguardo rabbioso. Un uomo, in cui il suo unico obiettivo è difendere proprio figlio da un mondo ostile.

Chiunque non abbia avuto occasione o voglia di provare a giocare ai precedenti capitoli, non può che rimanere impressionato e incuriosito dal carattere del nostro dio spartano.

Atreus è un semplice bambino, come lo siamo stati tutti: vogliamo crescere in fretta, siamo sempre incuriositi dalle dinamiche del mondo che ci circonda e siamo più intelligenti degli adulti. Tratti che ci riguardano, nel bene e nel male. Tuttavia, è avventato, troppo sicuro si di se, per questo ha necessariamente bisogno di imparare a combattere, a sopravvivere, a difendersi. Presto, durante le sequenze giocate, ci ha persino infastidito più del dovuto, ma chi è padre non può non aver sorriso più di una volta, magari sentendosi nello stesso modo di Kratos, senza però magar a ripere: "Boy".

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Il rapporto tra persone è qualcosa che ci accomuna, Santa Monica come Naughty Dog, lo ha capito, riuscendo a sviluppare coppie di personaggi indissolubilmente legati da qualcosa: passato, storia, famiglia. Le relazioni quindi differenziano questo God of War con i precedenti, più votati ad uno spirito violento e rabbioso, assolutamente coerente con gli ideali della storia vendicativa proposta. Forse è anche per questo che si riesce ad apprezzarlo anche senza aver obbligatoriamente giocato i precedenti: è un gioco più umano, meno divino e che cerca di venire incontro alle persone comuni.

Un film video-giocato

Il medium nel corso del tempo si è evoluto, e con lui, noi giocatori. Non è infatti un mistero che le esperienze videoludiche  stanno in qualche modo cercando di avvicinarsi sempre di più al cinema, sia come regia che come parti recitative. God of War, ad esempio, utilizza un solo piano sequenziale, detto in maniera semplice: l'inquadratura è sempre la stessa e si sposta a seconda della situazioni. Una scommessa portata avanti e vinta da Cory Barlog e dal suo team. Il tutto, a livello di gameplay, si tramuta in veri e propri combattimenti frenetici e altamente cinematografici, mai banali o legnosi come tanti vecchi fan temevano.

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Chiaro che un videogioco Hack and Slash sia più di nicchia rispetto a un prodotto che punta a mostrare una narrazione più incisiva, ma questo non deve assolutamente trarre in inganno. God of War è un'esperienza bella da vivere quanto da giocare; divertente, strategico, frenetico, tutto ciò che ha reso famoso, per nomea, i predecessori.  Strano ma vero, God of War aiuta ad affacciarsi alla saga, più di quanto i primi potrebbero effettivamente fare al giorno d'oggi. Difficile non innamorarsi di Kratos, e il passato, spesso e volentieri citato, diventa improvvisamente un vaso di Pandora da voler a tutti i costi scoperchiare.

Alla scoperta di un nuovo mondo

Non c'è nulla da fare, Santa Monica ha dato vita ad un'esperienza semplicemente eccezionale, in cui anche i giocatori che non hanno mai avuto modo di vestire i panni di Kratos si troveranno davanti ad una storia curatissima, in cui il passato viene mescolato con il presente, invitando i giocatori a fare un salto in Grecia, ma senza obbligarli. Un altro importante lavoro è stato spostare l'attenzione da Kratos, affibbiandogli un'importanza oggettiva, ma non totale, in cui l'insegnamento e i principi di crescita risultano i veri protagonisti di un'epica storia dai colpi di scena inaspettati, impreziosita da una mitologia norrena trattata con estremo rispetto.

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God of War è una coraggiosa evoluzione del brand che lega vecchio e nuovo, in un mix che funziona e che verrà quasi sicuramente apprezzato da un pubblico decisamente più ampio rispetto al passato.  Proprio per questo riesce nell'arduo compito di avvicinare nuovi importanti fan, al fine di accrescere il brand nel corso degli anni avvenire.  


Tom's Consiglia

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