Half-Life Alyx: il vero capolavoro VR (incompiuto)

Half-Life Alyx è un grande gioco? Sì. È rivoluzionario? Non proprio. Ecco cosa ne pensiamo del capolavoro (incompiuto) della realtà virtuale.

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a cura di Alberto Martinelli

Quest'articolo nasce come "risposta" alla recensione pubblicata settimana scorsa. Si tratta, in buona sostanza, di un parere diverso, esposto da chi ha grande esperienza con la realtà virtuale e ha al contempo divorato l'ultima fatica di Valve. Lo scopo è quello di fornire quanti più punti di vista differenti, così da esplorare ogni angolo del potenziale dibattito.

Partiamo subito da un presupposto, considerato il titolo provocatorio (ma non troppo) dell’articolo: chi vi scrive ha fatto della VR una delle sue svariate ragioni da gamer, avvicinandosi a questo mondo agli albori della sua nascita o, meglio ancora, agli albori della nascita del progetto Oculus. Ho scansato Vive solamente per motivi di “chi prima arriva in casa, meglio alloggia”, ma nutro un grandissimo rispetto per tutti i device di marca attualmente in commercio (Valve Index sopra a tutti). Tutto ciò per evidenziare un aspetto: non sono un professore della realtà virtuale, né tantomeno mastico le terminologie degli hardwaresti, ma posso controbilanciare sul piatto della bilancia un CV da videogiocatore di tutto rispetto, che spazia dagli albori del gaming anni ‘80 alla VR moderna, passando per il collezionismo, motivo per il quale ho bisogno di condividere il mio stato d’animo dopo aver portato a termine l’ultima e attesa fatica di Valve, Half-Life Alyx, tramite “lo sguardo” del mio Oculus Rift S.

Punto primo e senza mezzi indugi: Half-Life Alyx è un must have. Su questo non si discute e andrebbe acquistato a scatola chiusa da chiunque abbia l’intenzione di accaparrarsi un visore di ultima generazione o già ne disponga uno. E questo, a conti fatti, lo hanno stabilito un po’ tutti, utenti finali e stampa specializzata. C’è però da discutere su quel “tutti”, perché purtroppo si sta parlando di una tecnologia, quella della Realtà Virtuale, che non solo è acerba a livello di diffusione commerciale, è acerba anche a livello di conoscenza, che si parli di videogiocatori o giornalisti di settore.

In queste ultime ore mi sono così imbattuto in una serie di recensioni e commenti di varia natura, tutti conditi da affermazioni forti in merito al titolo, alcuni condivisibili, altri decisamente meno, quali “è rivoluzionario” o “è la next gen dei titoli per VR”. Non cito le fonti, men che meno stilo la lista degli “orrori” che ho letto, ma il modo di pensare lo riassumo così: Half-Life Alyx è sì un ottimo titolo, ma piano con gli accostamenti. Proprio da qui nasce quel “incompiuto” del titolo iniziale, perchè per quanto io possa tesserne le lodi su più fronti, non riesco a vederci quel rivoluzionario di cui molti parlano, così come l’accostamento alla next gen dei VR, ma ora vi spiego il perché.

Dal punto di vista prettamente visivo, Alyx è un esercizio di stile unico. Io stesso ho avuto l’impressione, una volta iniziato (setting grafico impostato su Ultra), che stessi testando un nuovo potentissimo visore, tanto era nitida l’immagine e tanto era dettagliato il contesto che mi circondava, dal più inutile degli oggetti al più lontano dei palazzi di City 17. Qui posso ancora accettare il paragone alla Next Gen, ma il discorso si ferma qua. Per contro, infatti, sono rimasto piuttosto indifferente all’interazione e alla fisica degli oggetti, entrambi fonti di fantomatiche celebrazioni.

Chi ha seguito l’evoluzione della VR, sa benissimo che dall’arrivo dei controller di seconda generazione (vedi Oculus Touch nel mio caso), fisica e interazione sono diventate la forza bruta di molti titoli e la base delle demo tecniche per stupire amici e parenti. In Alyx non avviene nulla di più, se non che il tutto è confezionato all’interno di un contesto differente al solito e decisamente più realistico.

Un esempio su tutti è il sistema di raccolta degli oggetti, che permette di mirare un item fino a un certa distanza per poi attrarlo a sé. Ai fini di alcune scelte di level design (potenziamenti nascosti, munizioni o una particolare fase stealth del gioco) questa feature è quasi indispensabile, peccato che la maggior parte degli oggetti in game siano futili o non possano essere raccolti. Di conseguenza, bene che ci sia, ma non è un elemento così rivoluzionario da dover gridare al miracolo. Tra l’altro, una volta attirato l’oggetto a sé bisogna anche afferrarlo al momento giusto, altrimenti cadrà inesorabilmente a terra (e non sempre la risposta dei controller è così immediata da renderla un’operazione semplice).

I primi minuti di gioco sono stati concepiti con due precisi obiettivi: il primo è far emozionare i fan della saga (pronti via e in un attimo ti ritrovi a City 17, in mezzo a degli Strider e con le inconfondibili comunicazioni dei soldati Combine in sottofondo), mentre il secondo è spingerti a interagire con qualsiasi oggetto posizionato nelle prime stanze di gioco. Se per il primo punto non poteva esserci biglietto da visita migliore, per il secondo ci troviamo di fronte al più furbo dei tutorial VR inseriti in un videogioco: il sottoscritto, compreso che ai fini dello svolgimento del gioco era totalmente inutile, ha tirato dritto nell’arco di pochi minuti, ma leggendo qua e là non ho potuto non notare centinaia di parole spese a celebrare questa fase introduttiva (“posso scrivere su una finestra con un pennarello, ommioddio!”, oppure, “posso lanciare gli oggetti dove voglio!”). Ci terrei a far presente che in qualsiasi titolo VR di ultima produzione è possibile interagire con il paesaggio circostante, quindi no, non ci troviamo di fronte a una rivoluzione in campo ludico. E Alyx non fa nemmeno tanto meglio di altri prodotti, se non sfruttare la fisica più di quanto visto sino ad ora.

In tutto questo, per non passare per un cacciatore di streghe, non ho specificato che la serie Half-Life, nella mia scala di gradimento, è da sempre sul gradino più alto del podio nel genere degli sparatutto in soggettiva. E nonostante l’età dei suoi episodi, ancora oggi ha un fascino invidiabile. L’annuncio di un nuovo episodio mi ha fatto temere il peggio, non tanto per il suo passaggio in VR, quanto per il possibile inquinamento da parte degli elementi chiave che contraddistinguono un’ampia fetta degli FPS moderni. In che termini? Magari con un inventario dei propri oggetti, una mappa consultabile, dei percorsi alternativi, delle sottomissioni, un quartier generale che funge da hub, un personaggio editabile, una modalità multiplayer e via discorrendo. Alyx però non è tutto questo, è ancora un FPS “nudo”, che ruota attorno ai cardini che hanno reso la serie Half-Life popolare nei suoi gloriosi anni di attività: trama, interazione, realismo. Questo risultato, per quanto io possa ritenerlo una coerenza con il passato, oggettivamente non può esserlo per tutti. Se vogliamo parlare di Alyx come “gioco rivoluzionario” possiamo unicamente appellarci al suo essere “tecnicamente avanzato in un contesto VR Only”, ma la sua natura parla di un FPS di vecchio stampo e che di innovativo ha ben poco, se non qualche scelta stilistica a livello di gameplay, dettata tra l’altro dalle potenzialità del mondo virtuale.

Essendo questa un’analisi di ciò che mi ha spinto a scrivere questo pezzo, devo mettere in evidenza il vero e grande difetto che ho riscontrato in questo titolo e che - stranamente - non ho letto altrove, se non in qualche sporadico commento di altri utenti avvezzi alla VR: il sistema di controllo. Letta così, i portabandiera del movimento “Alyx è la next gen” si sentiranno male, ma a me poco importa. Un FPS per VR nel 2020 non può e non deve basarsi su: spostamento con teletrasporto (è l’impostazione di default, ma io ho optato per il movimento tradizionale, ma che in pochi sopportano per motivi di motion sickness) o, ancora peggio, gestione della rotazione (stick analogico destro) tramite degli scatti programmati da 15 a 90 gradi.

In pratica, immaginate di giocare a un FPS su console o PC utilizzando un comune pad (con il mouse sarebbe impossibile fare paragoni) e di potervi girare di 15 gradi, dovendo ogni volta dare un colpo secco allo stick analogico per roteare. Ora immaginate di farlo per tutto il tempo e mentre state, ad esempio, scappando per mettervi al riparo o, ancora peggio, allineando il vostro sguardo per interagire con un elemento. Risultato? Siete tornati indietro di un decennio, agli albori della VR.

Per mia sorpresa, a circa quattro ore di gameplay prima che finissi il gioco, è stata pubblicata la prima patch a distanza di tre giorni dall’uscita, che ha introdotto il movimento “fluido” per la rotazione (polemica gratuita: “ma come, lo fanno per accontentare le lamentele post day-one e la grande critica videoludica non lo aveva notato in fase di recensione?”). Stavo per commuovermi (e rivedere le mie intenzioni di scrivere questo pezzo) ma la gioia è stata subito presa a calci dallo sconforto. Valve ha sì introdotto la possibilità di optare per il movimento fluido, ma ha dimenticato un "macroscopico" dettaglio: il motion sickness. Attivando questa opzione, infatti, Alyx diventa ingiocabile per chiunque, anche per chi, come me, ha la mente e la visione periferica allenate. E sapete cosa mi fa rabbia? Che questo problema, che ha afflitto e rallentato l’espandersi di questa tecnologia, è stato in buona parte risolto grazie a un’intuizione che ho visto per la prima volta in Google Earth per VR, ovvero, l’effetto “vignettatura”. In cosa consiste? In pratica, attraverso l’applicazione di una sfumatura circolare al semplice movimento dell’asse X (analogico sinistro), si vanno ad offuscare quelle zone periferiche dello sguardo che mandano in tilt la nostra percezione di equilibrio e stabilità. Una volta rilasciato l’analogico, la sfumatura sparisce in maniera graduale fino a scomparire. Questa tecnologia è stata sapientemente ripresa di recente in un altro FPS per VR, ovvero, il bellissimo The Walking Dead: Saints & Sinners, il primo titolo a sfruttare questo escamotage lasciando inalterati i comandi tradizionali del doppio stick analogico (quindi nessuno scatto o teletrasporto, solo movimenti fluidi a 360°). Così facendo, hanno abbattuto il fastidiosissimo “effetto nausea” aprendo le porte della VR a moltissimi utenti. Proprio questo gioco mi aveva dato la certezza che con l’introduzione di questa tecnologia nel mondo gaming mi sarei trovato per le mani un Half-Life Alyx pressoché perfetto, ma così non è stato.

Altro elemento che stona con la magnificenza del comparto audio visivo, è il selettore delle armi. Ok, vogliamo che Half-Life mantenga il suo stile originale e che le armi non possano essere estratte, per esempio, da una fondina laterale (la VR permette l’emulazione di questa movenza come il più rapido dei cowboy). Mi piace, ma gestire il cambio armi con un menu a comparsa in cui ho un selettore a quattro slot (uno per direzione) su una delle mani è dannatamente scomodo, a maggior ragione se devo anche effettuare un movimento con la mano per selezionarla. Tutto questo si traduce in situazioni di panico nei gunfight, quando il cambio arma è fondamentale per sopperire al caricatore scarico.

A tal proposito, ci terrei a far notare che si possono stipare solamente due oggetti extra, mentre le munizioni vengono alloggiate in uno pseudo zainetto dagli slot infiniti. E se da un lato la prima opzione la posso anche comprendere (non si fanno scorte di bombe e kit medici, altrimenti decresce la difficoltà), dall’altro trovo ridicolo non porre un limite alle munizioni (a patto di esaurirle, ma è raro che accada) solamente per non accentuare una lacuna piuttosto evidente nel gameplay, ovvero, l’impossibilità di attaccare i nemici con gli oggetti. Ma come? Il gioco esalta la fisica e se provo a prendere a bastonate un nemico non accade nulla? E se gli lancio una lattina? Niente da fare... il buon vecchio piede di porco di Gordon Freeman, che tra l’altro viene rimarcato nella Y di Alyx, resterà un dolce ricordo.

Stando a quanto ho letto in rete, ogni scelta dietro ad Alyx è stata saggiamente ponderata, così come ogni singolo elemento del gameplay; personalmente ne prendo atto, ciò non toglie che non si può uscire con un prodotto così potente ma che al tempo stesso scivola su alcuni elementi così determinanti per l’esperienza di gioco, soprattutto quando si parla di immersione da VR. Quella stessa VR che è stata massacrata per anni per il suo non essere all’altezza dei videogame tradizionali a causa di una serie di limitazioni (motion sickness in primis) che, guardandoci intorno, sono state ampiamente risolte da altri sviluppatori meno esperti dei ragazzi di Valve.

In conclusione, spero con questa mia disamina di avervi trasmesso le gioie e i dolori di un navigato utente VR con il tanto atteso Half-Life Alyx, seppur io abbia volutamente posto l’accento su ciò che non mi ha convinto per allargare il quadro informativo intorno a questo titolo (che condividiate il mio pensiero o meno). Come spero abbiate capito, questo articolo non vuole essere un attacco nei confronti di nessuno, ma dopo averlo atteso, essere sceso ai dei compromessi e averlo finito tutto d'un fiato, mi sono sentito in dovere di esprimere alcune considerazioni che non ho riscontrato nella voce di chi - sulla carta - dovrebbe avere un parere autorevole in merito. Saluto il titolo di Valve con il miglior commento che io gli possa regalare: Half-Life Alyx è tutto quello che un gioco VR dovrebbe essere, anzi, che un Half-Life VR doveva essere, ma buona parte del gameplay è seriamente rimandato alle prossime patch.