Intervista a Gian Paolo Vernocchi, creatore di Empires Apart

In occasione del Lucca Comics and Games abbiamo intervistato Gian Paolo Vecchioni, creatore di Empires Apart.

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a cura di Francesco Caputo

Le fiere rappresentano un'ottima occasione per scambiare quattro chiacchiere con gli addetti ai lavori. Nella seconda giornata del Lucca Comics and Games, abbiamo posto alcune domande a Gian Paolo Vernocchi, giovane creatore di Empires Apart.

Per chi non conoscesse questo titolo (sfidiamo chiunque a non conoscerlo ndR), Empire Apart è un RTS che vuole riportare in auge questo particolare genere videoludico ormai dimenticato. Le sue caratteristiche cercano appunto di riprendere i dettami di Age of Empires e altre vecchie glorie del passato. Inoltre, questo videogioco è disponibile gratuitamente su Steam (nella consueta formula del free-to-play) e pubblicato da Slitherine, casa editrice e sviluppatrice di molte perle come Warhammer 40'000 e Panzer Corps.

Durante la nostra intervista, lo sviluppatore si è mostrato molto cinico e chiaramente pronto a tutte le possibili incarnazioni future di Empires Apart.

Tom’s Hardware: Partiamo dalle fasi iniziali dello sviluppo e dell’idea.

Intanto, chi siamo. DESTINYbit è un piccolo studio di sviluppo indipendente italiano. Il core team è composto da solo tre persone, però abbiamo membri del team esterno in tutto il mondo. Ormai tre anni fa abbiamo avuto l’idea di realizzare un gioco strategico in tempo reale ispirato ai classici del passato come Age of Empires, fondamentalmente perché non lo stava facendo nessuno ed eravamo noi i primi a volerlo giocare. Tutto nasce dunque da una frustrazione di giocare sempre agli stessi titoli di quindici anni fa. Abbiamo sviluppato una sorta di demo in sei mesi, da soli, poi abbiamo cominciato a muoverci per pubblicizzarlo. Il gioco è sviluppato secondo il formato dell’open development, ovvero tutto ciò che facciamo è pubblico: porte aperte, abbiamo fatto stream dello sviluppo tre volte a settimana per circa un anno e mezzo, continui aggiornamenti su Twitter e Facebook. Abbiamo costruito a fatto crescere una sorta di fanbase in maniera organica senza spendere un euro di pubblicità, invitando la gente a uno scambio costante di feedback. Dopo sei mesi tutto il nostro lavoro ha portato a una mail di Slitherine, interessata a discutere della cosa. Da lì poi sono passati altri quattro mesi ma alla fine siamo arrivati alla firma. Lo sviluppo è durato diciotto mesi, il gioco è stato pubblicato nel marzo di quest’anno e due settimane fa è stato rilanciato come free-to-play: questo perché lo abbiamo pensato come multiplayer e volevamo costruire una player base che giocasse, fosse sempre online, eccetera. I titoli online hanno bisogno di una barriera di accesso più bassa possibile, da qui la scelta del free-to-play. Lo abbiamo un po’ rimaneggiato ma il core rimane lo stesso, perché gli stessi giocatori ci hanno detto essere molto buono. È possibile scaricare liberamente Empires Apart, giocare tutte le modalità con i bizantini e poi acquistare altre civiltà singolarmente.

Tom’s Hardware: Per quanto riguarda ricerca e sviluppo, considerato che stiamo parlando di un gioco storico, come vi siete mossi?

Ottima domanda, non la riceviamo spesso. Il gioco è storico ma ha un approccio alla storia un po’ interessante: non aspiriamo all'accuratezza storica, bensì vediamo la storia come se fosse una leggenda raccontata attorno a un fuoco. Questo nasce dalla lettura delle cronache dell’epoca. Andiamo un po’ indietro rispetto al contesto di Empires Apart e prendiamo l’esempio di Annibale, che ha attraversato le Alpi con gli elefanti: ora tu, in qualità di soldato romano, potevi al massimo aver visto mezza Italia. Immagina di trovarti davanti un mostro grigio e con zanne enormi, il racconto che ne farai risulterà ingigantito dalle sensazioni del momento. Ecco, tutto ciò che trovi nel gioco è storia ma leggermente esagerato – senza però sfociare nel fantasy. Abbiamo cercato di prendere tutte le culture che più o meno appartenessero allo stesso periodo storico; similmente abbiamo cercato di rappresentare più o meno tutte le aree geografiche del mondo e infine ci siamo impegnati per cercare di capire i loro aspetti economici e militari. Tutto questo si vede e si sviluppa nel gioco. Altro esempio, gli aztechi: quando combattevano le guerre tendevano a non uccidersi, catturavano prigionieri per poi sacrificarli dopo. In Empires Apart è una loro caratteristica. I francesi invece hanno la carica, forti della loro cavalleria; i cinesi possono sfruttare mine e lanciafiamme, perché tendiamo a dimenticare che nel 1200 la Cina era tecnologicamente molto avanti rispetto agli altri. Tutte le unità e gli edifici del gioco hanno i nomi originali e non è stato facile trovare doppiatori che parlassero una forma antica delle lingue. Ci abbiamo speso molto tempo e molti sforzi. Anche nella musica, cercare di fare emergere la caratteristica di ogni civiltà dalla colonna sonora è stato un lavoro che ha richiesto uno sforzo incredibile e mi fa piacere parlarne, perché sono aspetti che si tendono a dare per scontati. Se ne giochi classici a essere unica era l’unità, per noi lo è invece l’intera civiltà: dunque quello che farà il prete azteco non sarà identico al prete francese, si comportano e sono animati in maniera differente. Volevamo rendere giustizia alla storia, pur esagerandola un po’.

Tom’s Hardware: Come avete sviluppato il bilanciamento tra tutte queste civiltà?

Ci sono varie filosofie per quanto riguarda il bilanciamento. Personalmente apprezzo mi piace pensare che “se tutto è OP, nulla è OP”. L’impressione che volevamo dare quando si inizia a giocare una civiltà è che quella sia la più forte del gioco, quando è in realtà un aspetto che va giudicato per sette. Alla fine a noi interessano solo le ratio di vittorie e sconfitte: come si sviluppa il match mi interessa relativamente meno, sono più orientato a spingere i giocatori a trovare la civiltà che più si adatta al loro stile di gameplay. Gli aztechi sono più forti all’inizio ma perdono mano a mano potenza nel tempo, mentre i francesi giocano al contrario. Il mio discorso dunque è: prendo aztechi e francesi, li faccio giocare dieci volte contro e se il risultato è al massimo attorno al 6-4 o 4-6, sono contento. Se inizia a esserci un 7-3 vuol dire che c’è uno sbilanciamento evidente, mentre 5-5 rappresenta la perfetta parità. Devo dire che nonostante tutte le unicità delle singole civiltà abbiamo avuto un paio di piccoli problemi, risolti in fretta con un paio di patch, dovuti al genio di turno che si inventa la strategia incredibile alla quale non avevi pensato e ti rompe il gioco per un paio di giorni. Al di là di questo però tutte le civiltà più o meno si equivalgono, me ne rendo conto perché nello stesso giorno mi arrivano pari lamentele sulla forza e debolezza degli aztechi.

Tom’s Hardware: Per quanto riguarda il relazionarsi con il pubblico, poiché siete uno studio piccolo come rispondete alle critiche? Come vi approcciate, appunto, ai giocatori?

Ci mettiamo la faccia, cosa che non fanno in tanti. Tendenzialmente gli sviluppatori si distanziano, oppure c’è una community manager che argina il tutto ma si tratta di un uomo-azienda. Noi siamo quelli che fanno il gioco e parlano ai giocatori. Cerchiamo di rispondere in maniera attenta provando a stabilire un rapporto con i giocatori come se li conoscessimo. Tante delle persone che seguono il gioco lo fanno da tre anni e quando arrivano nuovi giocatori, il nostro atteggiamento non è un completo “il cliente ha sempre ragione” ma comunque teniamo molto in considerazione il loro parere. Se una persona che sta giocando si gira verso di me dicendo “Io questo lo farei così”, voglio che mi spieghi tutto perché per me il giocatore deve divertirsi ed essere sempre contento. Devo dire che questo è stato uno dei punti forti di Empires Apart: una buona percentuale del gioco è stato plasmato dalla community. Una cosa che ho notato è che più ti mostri, più fai vedere gli sforzi dietro lo sviluppo, la gente è in grado di capire e apprezzare. Capiscono che sei umano e non uno studio da seicento persone dove per ogni singolo oggetto c’è uno sviluppatore. Devo dire che ha pagato.

Tom’s Hardware: Qual è il vostro rapporto con Slitherine? Come vi sta aiutando nella progettazione e nello sviluppo futuro del gioco?

Allora, Slitherine per noi ha fatto tanto. Ho avuto modo di vedere alcuni publisher e Slitherine è molto diversa, perché somiglia più a una famiglia che a un’azienda. Nessuno di loro si fa problemi a metterti una spada in mano, guidarti e cercare di risolvere assieme i problemi. Slitherine ha rispettato la nostra visione del gioco ma la loro expertise, le conoscenze che noi non possiamo avere di quello che vuole la gente e come può reagire sono state per noi fondamentali. In un certo senso ci insegnano i trucchi del mestiere, soprattutto nell'ambito degli strategici dove loro sono fra i migliori al mondo. Questo per quanto riguarda la parte di sviluppo. Dal punto di vista marketing, Slitherine si occupa di promuovere il gioco e anche qui abbiamo avuto modo di veder come si muovono e riescono a massimizzare gli sforzi in una nicchia. Da quando faccio videogiochi, questo è il momento peggiore per essere nell'industria perché in questo momento è difficilissima. Slitherine secondo me ha un po’ perfezionato l’arte di trovare una nicchia e dare a quella nicchia ciò che vuole. Noi siamo in continuo contatto con loro, ci danno una mano da molti punti di vista.

Tom’s Hardware: Quali sono i vostri piani futuri? Avete già progettato aggiornamenti, espansioni…?

Tantissimi. Sono veramente tantissimi. Ora siamo nel free-to-play, che spesso io definisco un universo parallelo dove le regole normai non valgono. Al momento noi stiamo marciando al ritmo di una patch ogni due giorni e abbiamo un aggiornamento grosso pianificato ogni due settimane. Abbiamo in arrivo la nuova modalità di gioco King of the Hill la prossima settimana, nuovi oggetti cosmetici, vogliamo ampliare la modalità single player perché in molti ce l’hanno chiesto e sarà una cosa piuttosto particolare… Insomma, tantissimi piani per il futuro. Siamo lanciati per i prossimi mesi. Vogliamo costruire un prodotto che sia buono e la gente voglia giocare.