Intervista esclusiva a Dan Taylor | Dai tripla A al gioco da tavolo per gli amanti di Star Trek

Abbiamo intervistato Dan Taylor per The Captain is Dead, scoprendo il suo sconfinato amore per Star Trek e i giochi da tavolo.

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a cura di Alessandro Palladino

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Fare giochi da tavolo non è un mestiere facile, specie quando si tratta di giochi da tavolo pensati per un pubblico digitale. Eppure, negli anni recenti, l'interesse per questa particolare tipologia di esperienza è arrivato a contaminare perfino il settore dei videogiochi e dei tripla A, dove i giocatori ormai sazi di produzioni tripla A ed esperienze cinematiche hanno dimostrato l'interesse di ritrovare la semplicità del gioco: radunarsi con un paio di amici e vivere delle avventure immediate, che siano sulle caselle del Gioco dell'Oca o nelle terre di Dungeons & Dragons.

Gli utenti però non sono stati gli unici a guardare ai giochi da tavolo con interesse, e tra gli sviluppatori c'è stato qualcuno che ha lasciato compagnie come Square Enix per fondare uno studio indipendente votato a unire i board game e il mondo digitale. Quel qualcuno è Dan Taylor, Design Director di Thunderbox Entertainment e veterano dell'industria. Tra i numerosi lavori che gli si possono attribuire, citiamo il suo ruolo come Lead Level Designer in Shadow of the Tomb Raider, Deus Ex e Hitman Sniper, oppure come Senior Level Designer per Max Payne 3, ma la lista non si fermerebbe affatto qui, dato che Dan Taylor ha accumulato anni e anni di lavoro per Ubisoft, Electronic Arts e Rockstar. Insomma, una persona dalla caratura insindacabile ma che ha sempre avuto una grande passione per il gioco da tavolo, ispirandolo più di una volta nel corso della sua carriera.

Ma perché Dan Taylor ha abbandonato tutto questo per realizzare giochi da tavolo con uno studio indipendente? Perché poi il suo nuovo The Captain Is Dead rappresenta il progetto più ambizioso per lo studio? E soprattutto, qual è l'importanza di un gioco da tavolo digitale a cavallo della pandemia globale? Domande le cui risposte potevano provenire solo da Dan Taylor stesso, con il quale abbiamo avuto l'onore di avere un'intervista faccia a faccia, digitalmente.

Prima di tutto grazie per averci concesso del tempo per questa intervista! Non ci serve una lista per dire quanto grande sia la tua carriera nell'industria videoludica, ma probabilmente l'abbiamo appena scritta proprio prima di introdurre le nostre domande. In virtù del tuo percorso, questa potrebbe essere una domanda che ti fanno spesso: perché hai scelto di fondare Thunderbox Games nello spirito dell'amore per i giochi da tavolo? C'è un aspetto che ritieni i giochi Tripla A non hanno rispetto ai board game?

Dan Taylor: Grazie a voi! In realtà siamo nel periodo in cui lo sviluppo del gioco è ormai completo e attendiamo la "tempesta" per le reazioni dei giocatori e della stampa. Venendo alla domanda però, io amo il board gaming con tutto me stesso e il nostro obiettivo come Thunderbox Games è quello di diventare gli ambasciatori dei giochi da tavolo nell'industria videoludica. Ho lavorato a tantissimi progetti tripla A, ma nella mia esperienza è capitato che alcuni di questi non venissero infine pubblicati, naturalmente non per mia singola decisione. Con uno studio indipendente e con una scala un po' più piccola rispetto a una grande azienda, mi sono detto che se un mio progetto non avesse dovuto vedere la luce sarei stato io a sceglierlo e non qualcun altro per me.

Naturalmente adoro i tripla A, ma c'è qualcosa che gli manca, qualcosa che rende l'esperienza del gioco da tavolo molto diversa. In quest'ultimi, almeno per me, c'è più coinvolgimento e immediatezza: da un lato sono i giocatori stessi che devono fare lo storytelling delle loro avventure, dall'altro basta capire le regole per giocare immediatamente. Una situazione che con i tripla A è andata persa in un certo senso, dove delle bellissime esperienze cinematografiche si concentrano su determinati aspetti e magari lasciando in secondo piano il gameplay. Un gioco da tavolo, invece, è gameplay allo stato puro.

Dal 2015 Thunderbox Games ha lavorato per portare i giochi da tavolo digitali a un livello sempre maggiore, raggiungendo ottimi risultati con il vostro Tsuro. In particolare però, The Captain is Dead, il vostro nuovo progetto, sta uscendo in un tempo in cui i giochi da tavolo sono stati davvero utili a portare un po' di felicità nel lockdown domestico. Com'è lanciare un gioco "sociale" come il vostro in questo periodo specifico? C'è qualche prospettiva che è cambiata quando avete pensato a un prodotto che avrebbe potuto potenzialmente connettere le persone impossibilitate a vedersi fisicamente? E, se sì, questa consapevolezza ha cambiato le aspettative per The Captain is Dead? Sì, è una domanda lunga!

Dan Taylor: Se c'è una certezza per gli ultimi tempi è che il 2020 è stato un anno assurdo per tanti di noi, ma che allo stesso tempo ha rappresentato molti vantaggi per il mondo videoludico. Tsuro, che hai citato, nel 2020 è stato dichiarato dal L.A. Times come uno dei migliori titoli da giocare nel lockdown. Questo, dal lato di noi sviluppatori, ci ha fornito molto lavoro perché con il maggior flusso di giocatori abbiamo dovuto correggere e migliorare i nostri sistemi, nonché le infrastrutture per la connettività. Per quanto riguarda invece la prospettiva di un gioco digitale da lanciare nella pandemia, il nostro era anche un dilemma etico. Ad esempio, vedevamo tanti sconti per i giochi da tavolo digitali e ci chiedevamo se da una parte non fosse "strano" guadagnare su una particolare esigenza di socialità. Dall'altro lato però siamo anche dei lavoratori e creativi, appassionati del progetto e del genere di riferimento. Il nostro obiettivo, nonostante tutto, è quello di riuscire a portare un ottimo prodotto nelle case di tutti i giocatori, prestando davvero tanta attenzione al modo in cui comunicavamo The Captain is Dead e le sue funzioni principali. Inoltre, se avremo modo di fare del buono come Thunderbox Games, coglieremo ogni occasione per aiutare le persone in difficoltà.

The Captain is Dead ha davvero tante ispirazioni provenienti dallo scenario sci-fi, specie quello nostalgico. Colori brillanti, tute attillate e un'estetica retrò sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il vostro titolo perfetto per chi ama Star Trek di un tempo. Perché avete quindi scelto questo stile? E perché, anche adesso, il retro sci-fi può essere il perfetto scenario quando si pensa all'intrattenimento umoristico?

Dan Taylor: Una delle ragioni principali per cui ci siamo affidati all'estetica retrò è stata la voglia di rendere il gioco in low-poly e quindi un perfetto modo per ottimizzarlo al meglio sia su PC che su mobile, le nostre piattaforme di riferimento. Come hai intuito, Star Trek è stata una delle nostre ispirazioni principali ma ci siamo spinti anche oltre, soprattutto nei riguardi della colonna sonora: all'inizio avevamo tracce molto classiche, ma poi grazie agli artisti ingaggiati per il progetto, come Occams Laser, siamo riusciti a fondere diversi stili e a creare qualcosa di unico seppur nostalgico. La cosa divertente nel nostro voler essere retrò è che a un certo punto avevamo realizzato degli asset "troppo belli e definiti", così tanto che stonavano con la nostra idea e li abbiamo accantonati per metterci qualcosa di peggio. Già, è andata esattamente così!

Quali sono quindi le sfide maggiori quando si vuole tradurre un gioco da tavolo nella sua forma digitale? C'è un qualsivoglia "limite" per riprodurre esattamente la stessa esperienza di quella vissuta intorno a un tavolo?

Dan Taylor: Molto del lavoro arriva dalla ricerca del perfetto gioco da tradurre in forma digitale. Sembrerà assurdo ma noi abbiamo creato un vero e proprio sistema per analizzare i diversi giochi da tavolo ancora prima di approcciare eventuali publisher per i nostri progetti. Dentro analizziamo caratteristiche come: il tempo di durata dei turni, le interazioni del giocatore, il numero di partecipanti richiesti e via dicendo, insomma tutte le feature principali che potrebbero rappresentare un requisito per un gioco da tavolo digitale. Per The Captain is Dead la storia è andata diversamente però: stavamo ancora pensando a quale progetto dedicarci quando ci è capitato sotto mano il vero The Captain is Dead grazie ad AEG e ci siamo trovati subito come un colpo di fulmine. Lo abbiamo quindi tradotto e iniziato il nostro percorso con il titolo.

Senza fare troppi spoiler, possiamo dire che il tutorial è davvero un'esperienza unica nel modo in cui presenta al giocatore le regole senza però sembrare un vero e proprio tutorial. Quali sono i trucchi per riuscire a fare una cosa del genere? Ci sono state ispirazioni dietro questa scelta?

Dan Taylor: Per lavorare al tutorial ci siamo interfacciati con i creatori del gioco da tavolo in modo da capire come potessimo creare un qualcosa che potesse spiegare le regole e funzionare da aggancio narrativo. Le ispirazioni erano davvero tante! A un certo punto pensavamo di creare la nostra versione della Kobayashi-maru, e quindi lasciare che il giocatore cercasse un modo per barare e vincere quindi la simulazione. Il nostro intento, fin dall'inizio, era quello di creare qualcosa di divertente e di lasciare spazio al giocatore per imparare le regole e giostrarsi con l'interfaccia. Alla fine, anche grazie a una chiacchierata più che proficua con Kevan Brightning, siamo riusciti a ottenere proprio quello che volevamo fosse il tutorial!

Negli ultimi anni, i giochi da tavolo hanno avuto un grande ritorno, insieme alle esperienze di roleplay e i progetti di Kickstart finanziati molto velocemente. Perché, secondo te, sono tornati così in auge, anche all'interno del panorama dei videogiochi? Siamo noi, in qualità di giocatori, a essere alla ricerca di un'esperienza più sociale dopo così tanti anni di intrattenimento digitale?

Dan Taylor: Per come la vedo io, siamo nella golden age dei giochi da tavolo un'altra volta. Ci sono così tanti progetti e idee che c'è qualcosa per ogni tipo di gusto. Kickstarter, appunto, ottiene il 40% dei suoi introiti netti dai progetti legati ai giochi da tavolo ed è un traguardo davvero sorprendente. Tornando a noi però, i tripla A spesso raggiungono picchi evolutivi davvero impressionanti, guardando ad esempio al fotorealismo e al modo in cui la narrazione e il gameplay si fanno via via sempre più complessi e ambiziosi. Se da un lato questo è fantastico, come detto adoro i tripla A, dall'altro porta i giocatori a ricercare un po' più di semplicità nel trovare un divertimento immediato da vivere con i propri amici: ed è qui che entrano in "gioco" i board games, specie quelli digitali che sono super accessibili e possono essere giocati dove e quando si vuole. Ve lo assicuro: ci ho messo due anni anche solo per fare una partita al vero The Captain is Dead tra amici, perché ogni volta un impegno di uno o dell'altro faceva saltare la serata!

Una delle feature più importanti di The Captain is Dead è il suo doppiaggio. Puoi dirci di più su ciò che c'è stato dietro la scelta delle voci? E quanto tempo hai speso a cercare le frasi più cliché di un capitano stellare in erba?

Dan Taylor: Lavorare alle voci del gioco ha impiegato davvero tanto tempo e c'è stato un momento, tra una cosa e l'altra, in cui abbiamo preso in considerazione di lanciare il gioco senza doppiaggio per via dei costi che comportava. Alla fine però, grazie ai talenti che abbiamo raccolto, abbiamo mantenuto le voci e ho scritto personalmente tutti i dialoghi del capitano, dato che in effetti il mio sogno è vestire quel ruolo. Inutile dire che mi sono divertito tantissimo! Chiaramente sono cresciuto con alcuni degli show più famosi che oggi sono considerati cool, il che mi riempie di sorpresa ogni volta che lo sento. Tra tutto però, quello che volevo come scrittore era suscitare emozioni nel giocatore, come il cameratismo umoristico dei Guardiani della Galassia, e perciò il doppiaggio era essenziale. Abbiamo utilizzato voci famose, tra cui Elias Toufexis, e altri doppiatori meno noti ma incredibilmente fenomenali. Ad esempio l'ammiraglio è interpretato da un vero e proprio veterano di guerra.

Finiamo con una domanda personale: visto che The Captain is Dead è molto retrò, quali sono gli show che ami di più? E qualcuno di loro è stato usato come ispirazione?

Dan Taylor: Ormai lo avrai sicuramente capito ma sono uno fan sfegatato di Star Trek, perciò non stupirti se lo nominerò spesso per i miei riferimenti! Prima di tutto volevamo creare un universo nuovo ed estraneo, un qualcosa che avesse dei chiari rimani ma che, al tempo stesso, fosse completamente originale proprio come Tron. Al centro di tutto c'è una delle mie pellicole preferite: Star Trek Wrath of Khan e tutte le parti della navicella hanno dei riferimenti ad altre serie di Star Trek, come le porte provenienti direttamente da Star Trek Discovery. Ma ci sono tante altre citazioni che sarebbe difficile elencarle tutte, posso citare giusto i fucili presi direttamente da Alien, lasciando il resto alla scoperta dei giocatori. Per noi è stato poi importante lavorare sui colori, partendo dal feeling super technicolor della recente fantascienza e utilizzando per enfatizzare i colori del gioco da tavolo originale.

The Captain is Dead è al momento disponibile su Steam e ve ne parleremo presto nella nostra recensione.