Intervista a Ministry of Broadcast, il reality show del Regime

Un viaggio all'interno di Ministry of Broadcast, un nuovo videogioco indipendente che racconta politica e società attraverso un reality show distopico.

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a cura di Alessandro Palladino

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Cosa potrebbe succedere se si mischiano George Orwell, i temi politici della realtà e la struttura dei reality show della TV? Il risultato è qualcosa di tanto potente quanto straordinario, espresso attraverso il duro lavoro di un piccolo studio ceco: Ministry of Broadcast, il programma che finora non sapevamo di desiderare. Affrontando temi estremamente tosti come i muri che dividono i paesi, l’immigrazione e le dinamiche sociali nel mondo moderno, questa gemma indipendente ha attirato la nostra attenzione per la cura e l’originalità con cui viene dipinto un paese chiuso da un regime oppressivo, lontano dagli stereotipi e più vicino a una strategia di pubbliche relazioni talmente plausibile da far spavento.

Nel gioco il protagonista è proprio uno dei concorrenti del reality, intento a voler uscire dal paese per ricongiungersi con i suoi cari oltre le mura piene di trappole, morte e scelte difficili da prendere. La narrativa è al centro di questa esperienza, non dimenticando però di creare delle prove degne dello show più d’azione attraverso una spiccata anima da platform. Ci sono tutti gli ingredienti per tenere d’occhio questa produzione indipendente e, quando le premesse sono così buone, non abbiamo esitato a saperne di più sul suo sviluppo e processo creativo.

Il risultato è un’intervista che tocca esperienze personali e idee di game design, capace di mostrarvi quanto il background della terra natia e le ideologie personali siano alcuni dei motori più evidenti per la creatività dietro progetti dal forte messaggio comunicativo. Oltre a sentire le parole dei suoi creatori, potrete gettarvi nel mondo di Ministry of Broadcast questo 30 gennaio alla sua uscita su Steam.

Prima di passare alle domande legate al vostro progetto, iniziamo dalla vostra storia: come avete deciso di creare uno studio indipendente e, oltretutto, iniziare la vostra carriera con un gioco che parla apertamente di temi politici e sociali?

Siamo un gruppo di individui molto diversi fra loro, con storie ed esperienze differenti. Nonostante ciò siamo tutti connessi dallo stesso di livello di humor nero e dalla visione generale dei giochi che vogliamo produrre come team creativo. Il nostro incontro è stato una di quelle felici coincidenze della vita poiché ci siamo subito allineati sul considerare i videogiochi come un potente mezzo di comunicazione, su come raccontare le storie con essi e su come far scatenare pensieri nella testa dei giocatori mentre li si intrattiene.

Ministry of Broadcast tratta certamente alcuni temi pesanti che si accostano alla nostra società come l’immigrazione, le fake news, il pensiero di massa e l’obbedienza alle autorità. Ma alla fine della fiera è anche una storia personale di un uomo che cerca di sopravvivere a tutto ciò che lo circonda nel tentativo di ricongiungersi con i suoi cari e superare l’assurdità del sistema, con l’espressione massima nell’ostacolo finale.

Quanto del vostro background personale come studio della Repubblica Ceca è stato d’ispirazione per il vostro gioco o per la decisione di creare un gruppo di sviluppatori indipendenti?

 Nonostante attualmente viviamo tutti in Repubblica Ceca, solo metà del nostro team è stato cresciuto qui fin dall’infanzia ed è stato abbastanza fortunato da nascere subito dopo la caduta del comunismo. Questo significa che noi non abbiamo mai vissuto l’oppressione sulla nostra pelle come i nostri genitori, ma la storia del paese ha indubbiamente influito su ogni forma d’arte prodotta in esso, principalmente perché alla gente fu finalmente permesso di parlare liberamente, dando l’opportunità a numerose storie di venire fuori senza la paura di essere puniti od ostracizzati. Da ragazzi noi ascoltavamo quelle stesse storie, apprendendo da esse e cercando di capire il loro importante significato.

Dopo trent’anni di un nuovo clima politico nel nostro paese, non tutte le persone sono contente dei risultati ottenute e delle promesse che furono fatte. Per noi è quindi importante raccontare nuovamente quelle storie di un tempo, in modo da non renderle di nuovo realtà nel nostro futuro.

La seconda parte del team ha invece una storia e delle esperienze di vita totalmente diverse. Sono infatti cresciuti in Yugoslavia, la quale era uno dei migliori paesi del mondo dell’epoca fino a quando non collassò. Questo portò una parte del team ad avere un’esperienza della facilità con cui un intero paese può essere tagliato fuori dal mondo grazie alla cancellazione dei viaggi e alle sanzioni, trasformandolo da una bellissima patria a una zona di guerra in meno di un giorno. È successo così, da un momento all’altro. Non vogliamo diventare eccessivamente politici su questo fatto, ma è indubbio che abbiamo usato alcune delle nostre esperienze per Ministry of Broadcast portandole poi all’assurdo, proprio come fu la caduta della Yugoslavia: un enorme ed organizzato movimento governativo.

L’ambientazione del vostro gioco è basata su un reality show, similmente a quanto avviene in Hunger Games ma in un’atmosfera più orwelliana, se vogliamo. In Italia, come in altre parti del mondo, uno degli show televisivi più noti e trasmessi è proprio Il Grande Fratello, il quale prende il nome dal meccanismo di Orwell ma lo rende decisamente più frivolo e trash. C’è quindi uno show specifico – reale o finto – che avete preso come materiale di riferimento per creare la vostra distopia personale?

 In generale, ci siamo ispirati da tutti gli show televisivi del genere trasmessi nella realtà. Principalmente per via della loro idea di vendere la privacy di una persona per qualcosa in cambio, come i soldi nella maggior parte dei casi.

Tutti quelli coinvolti in questo processo diventano prodotti. Lo sfidante è un bene che è offerto agli spettatori per estasiarli, come un animale allo zoo che è costretto a fare numeri di fronte a una telecamera per tenere alto il tasso d’interesse. Più poi dramma significa più persone che guarderanno lo show, il che porta le produzioni a invitare gli individui più scandalosi che si possano trovare, sperando che in qualche modo mettano in imbarazzo sé stessi e gli altri. E, naturalmente, più persone guardano più arriveranno sponsor per vendere i prodotti all’interno programma.

In Ministry of Broadcast abbiamo questa situazione dove una nazione in blocco totale ti dà l’opportunità di scappare legalmente mentre ti trasforma in un prodotto e share televisivo, una meccanica che quindi è più che ottima per la storia che volevamo raccontare. Pensiamo infatti che tutti, concorrenti e spettatori, capiscano il concetto di un reality show, ma nonostante questo vogliano diventare prigionieri volontariamente e scambiare la loro risorsa più cara per un pugno di denaro.

Recentemente molti sviluppatori indipendenti hanno iniziato a trattare temi politici e sociali, uno di loro – Disco Elysium di ZA/UM – ha perfino vinto numerosi premi ai Video Game Awards. Pensate che oggi sia più semplice per gli studi indipendenti discutere apertamente riflessioni politiche? Il pubblico attuale di giocatori è cresciuto abbastanza per permettere la riflessione grazie a giochi come il vostro?

 Pensiamo che questo particolare fenomeno sia dovuto a molti fattori e, tra essi, c’è anche una maggiore maturazione del pubblico dei giocatori.

Oggi è più semplice che mai sedersi di fronte al proprio portatile e sviluppare un gioco. Puoi trovare un team di persone dalla stessa linea di pensiero e co-sviluppare tutto da zero anche senza esperienza pregressa, semplicemente utilizzando i tutorial di YouTube o i manuali dei motori di gioco. Questo ha abbassato la barriera di ingresso per tutte le persone che volevano condividere le proprie opinioni, perfino anche per chi voleva condividere la propria esperienza personale con la malattia mentale, come abbiamo visto in alcuni giochi recenti. Se il risultato finale è giusto e valevole, hanno una chance molto concreta di trovare un pubblico di persone con la stessa linea di pensiero attraverso varie piattaforme e mercati. Questo perché, come ormai è evidente, il vostro tipico sviluppatore di giochi non è più lo stereotipo del nerd già da qualche tempo.

Per noi questi si traduce nell’importanza di condividere la storia che volevamo raccontare. Abbiamo scelto di utilizzare il videogioco per farlo, ormai abbastanza maturo da essere considerato una seria forma d’arte. Dal canto nostro lo crediamo fermamente, così come ogni disciplina esso trasmette messaggi ed idee ben precise. Noi viviamo in idee dove i dialoghi non esistono, viviamo nelle nostre bolle sociali e ci limitiamo a cancellare dai social network tutti i nostri “amici” che non la pensano come noi. Non siamo mai stati così distanti, il che pone noi e altri creatori nello stesso punto di partenza dove il nostro intento è dire qualcosa di più di “la principessa è in un altro castello”.

Negli anni abbiamo notato che molti giochi, specialmente dai piccoli studi, preferiscono utilizzare la pixel art come scheletro visivo del proprio prodotto, soprattutto quando i loro temi sono più seri e riflessivi di altro. Per esempio, Papers Please o Riot! Civil unrest. Avete dunque scelto la pixel art per il suo potenziale comunicativo o è stata più una scelta prettamente stilistica?

Il potere della comunicazione è una chiave importante per noi. L’obiettivo non è quello di puntare il dito contro un paese o un leader particolare ma di creare un nostro mondo che dia al giocatore determinate sensazioni. Quando combini tali emozioni alla tua esperienza di vita personale potrai probabilmente dire “Hey, so di quale paese sta parlando questo gioco!” Per le persone negli Stati Uniti sarà il muro di Donald Trump, per gli europei il muro di Berlino e le persone in Cina ci vedranno qualcosa di differente.

La pixel-art ci ha permesso quindi di nascondere i dettagli di rilievo, in modo che così le persone possano crearsi una loro idea sul mondo da noi illustrato in Ministry of Broadcast.

Rimanendo sempre sul tema dell’aspetto grafico di Ministry of Broadcast, quale è stata l’ispirazione principale per l’estetica delle strutture del Regime e dei loro poster propagandistici? Avete preso idee o simboli da elementi storici?

Ci siamo inizialmente chiesti: e se il Regime del gioco avesse deciso di controllare le persone che vogliono lasciare il paese e trarne profitto per coprire gli alti costi di manutenzione del loro Muro? La mossa più logica sarebbe stata quella di assumere una buona agenzia di relazioni pubbliche per modificare il proprio brand. Invece del classico e intimidatorio rosso profondo, il Regime ha quindi adottato un più tenue e invitanti blu in modo da essere più affabile, interessante.

Per quanto concerne lo stile artistico, volevamo combinare proprio la natura invitante e scintillante di tutti i reality show con lo stile rigido di un qualsiasi regime d’oppressione. Per ottenere questo risultato abbiamo quindi utilizzato le palette di colori dei resort delle Alpi degli anni ’30, combinandole con le severe forme e regole di design dell’avanguardia russa e ceca. Attraverso questo processo siamo convinti di aver creato uno stile unico e facilmente riconoscibile.

Come mai avete scelto il genere platform per il vostro primo gioco? Avete mai considerato di costruire Ministry of Broadcast come un videogioco unicamente narrativo?

Proprio perché è ormai chiaro che ci piace scrivere storie, il vero primo gioco che abbiamo creato è un piccolo titolo “scegli-la-tua-avventura” per le piattaforme mobile, il quale ci ha aiutato a conoscere meglio il mercato videoludico e prepararci alla produzione più impegnata di Ministry of Broadcast. Già sapevamo però che la storia che volevamo raccontare e, naturalmente, come essa si poteva connettere al gameplay, dandoci quindi il via verso i primi prototipi. Accogliere eccellenti artisti come Dusan e Sanja nel team è poi stata la vera spinta verso la visione originale che avevamo, permettendoci infine di realizzare concretamente il gioco che sognavamo fin dall’inizio.

Ministry of Broadcast è molto centrato sull’obbedienza, il controllo, la manipolazione e perciò volevamo sottolineare al meglio delle precise sensazioni. Abbiamo quindi deciso di dare meno potere ai controlli del giocatore, rendendolo quasi distante per certi versi. Un risultato ottenuto anche grazie a molta ispirazione dal sistema di movimento del Prince of Persia originale, dando al protagonista la capacità di avere una sua mente e creando quel lag di input tra l’azione del giocatore e le movenze sullo schermo. Questo fa passare il giocatore come il Grande Fratello che controlla effettivamente il personaggio, dando la sensazione di starlo per spingere a compiere azioni che probabilmente non farebbe se non fosse sotto controllo.

Quanto sono difficili le prove dello show del vostro gioco? I giocatori devono aspettarsi una sfida per i loro riflessi e, se sì, possono abbassare la difficoltà a piacimento? Magari, per esempio, giusto per godersi la storia e l’ambientazione. E, se no, il fallimento comporta il game over o si passa a una prossima famiglia in lista per il programma?

Il gameplay alla base di Ministry of Broadcast combina le sequenze d’azione platform più veloci con la risoluzione di alcuni puzzle. Quest’ultimi sono basati sulle interazioni con gli altri concorrenti e spesso utilizzandoli crudelmente come strumenti per andare oltre gli ostacoli. In un certo senso, abbiamo quindi pensato al gameplay come un prolungamento della narrativa. Saltare in giro in maniera casuale, risolvere puzzle e morire, tutto parte di un unico sistema volto a raccontare qualcosa, dando a ogni morte nuove conoscenze.

Per esempio, a un certo punto si incontra un puzzle dove alcuni spuntoni sul pavimento bloccano il giocatore dall’andare avanti. Per procedere l’unica alternativa è quella di condurre gli altri concorrenti sugli spuntoni in modo da creare un ponte su cui passare, seguita da una veloce sezione dove si deve saltare mentre le piattaforme crollano appena le si tocca.

Capite bene quindi che il personaggio principale non è un eroe o un assassino addestrato, non ha nemmeno un’arma. Il combattimento, sebbene pensato in fase di sviluppo, è stato completamente rimosso per evitare di far sembrare il personaggio alla mano più forte rispetto al contesto.

Secondo la vostra opinione e considerando alcuni aspetti “comici” di Ministry of Broadcast, di quanto humor e satira c’è bisogno quando un gioco prova a parlare di politica o altri aspetti della loro vita quotidiana?

Naturalmente crediamo che si può tranquillamente parlare di temi seri in maniere serie. A essere onesti, non abbiamo tentato di essere divertenti ma abbiamo pensato che fosse una buona idea essere cinici e mostrato quanto assurdo sia il sistema in cui viviamo.

Il protagonista di Ministry of Broadcast utilizza l’humor e la satira come meccanismo per venire a compromessi con gli orrori che sperimenta durante ogni giorno del folle show. Certo, il tema rimane molto scuro e per questo abbiamo cercato di dargli un tono simile all’umorismo di Monty Pyton sfociando nell’iperbole. Per esempio, abbiamo introdotto il personaggio del Corvo, il quale è un uccello che ti segue per tutto il gioco ed è sempre lì, pronto a prenderti in giro ogni volta che muori. Per quanto sia una relazione di amore e odio, finisce per diventare un compagno caratteristico per il giocatore.

Inoltre, la satira è forse anche una grossa parte della natura ceca. Fu l’ufficiale nazista reggente Reinhard Heydrich nella Cecoslovacchia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale a descrivere la nostra nazione come “bestie sorridenti”, riferendosi alle molte battute politiche che si diffondevano nel paese come un incendio. Per qualche strana ragione, è un qualcosa che crediamo valido ancora oggi.

Un'ultima domanda: in alcuni vostri blog-post avete menzionato tra le vostre ispirazioni INSIDE, il quale è un’esperienza molto subliminale ed emozionale nel modo in cui racconta una storia senza spiegare nulla. Pensate che Ministry of Broadcast condivida un concetto simile? Nel gioco è tutto sotto il naso del giocatore o ci sono segreti del Regime che il giocatore deve trovare o interpretare?

Nella nostra storia siamo stati decisamente più espliciti di quanto lo è stato INSIDE. Quel gioco da la sensazione di essere veramente segreto sul suo significato intrinseco ma allo stesso tempo ci sono numerosi aspetti che sono completamente aperti al pensiero di ogni giocatore. Allo stesso modo è anche d’impatto quando una persona può riflettere la propria esperienza di vita all’interno del gioco, trovando il suo unico significato nel messaggio generale e rendendolo la sua personale storia, differente da qualunque altro giocatore.

Con Ministry of Broadcast si può trovare più storia e più risposte di INSIDE, ma non tutte. Tante cose sono presenti nel mondo di gioco, lasciate lì per le persone che vogliono comprenderle e sperimentarle con le loro sole forze e curiosità.

Se la storia di questo piccolo team ceco vi ha intrigato, acquistate il loro primo gioco, Ministry of Broadcast, su Steam!