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It Takes Two | Recensione, un capolavoro da vivere in coppia

It Takes Two è un gioiellino di game design, divertimento e tenerezza che ci ha ricordato cosa significa davvero giocare insieme.

Avatar di Alessandro Palladino

a cura di Alessandro Palladino

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Alle volte diamo per scontato cosa davvero significa giocare o videogiocare. In un periodo in cui la pandemia ci ha costretto nelle nostre case, ci è sembrato normale rinchiuderci nei mondi videoludici e riunirci con gli amici online. Ma se ciò fosse avvenuto tanto tempo fa? Quando la cooperativa online non era possibile e per giocare insieme dovevamo vederci nei nostri salotti o nella sala giochi del centro città? Ci saremmo probabilmente privati di quella che era una parte significativa delle nostre vite comunitarie, fatta di gettoni, controller scassati riservati agli ospiti e scambi di memory card con i salvataggi buoni. Ecco, oltre la pandemia, oggi è raro ritrovarsi sullo stesso divano a condividere l'esperienza di gioco per diverse ragioni, alcuni classificabili come negative altre come positive o – semplicemente – legate all'evoluzione tecnologica della società.

Ma c'è qualcuno che crede nell'approccio dell'insieme, nel riuscire a vivere qualcosa strettamente legati a un singolo giocatore con cui ritrovarsi da vicino o a distanza. Quel qualcuno è Josef Fares insieme al suo studio Hazelight, il quale oggi ci presenta nella sua interezza It Takes Two, da noi provato su PlayStation 5. Ne avevamo già parlato nella nostra anteprima e, concludendola, ci auspicavamo di rimanere stupiti allo stesso modo di quanto avevamo potuto fare nei primi livelli. Non è facile mantenere alta una promessa del genere, ma se siete qui e avete fatto caso al voto prima di entrare nel testo, avrete già capito che Hazelight non solo ha incontrato le nostre aspettative, ma le ha addirittura sorpassate e bruciate in un battibaleno, arrivando a essere senza ombra di alcun dubbio uno dei migliori videogiochi degli ultimi anni.

Ci vogliono due persone, e ce ne vorrebbero più spesso

Cos'è che rende un titolo come It Takes Two meritevole della hall of fame, se così vogliamo definirla, dell'intrattenimento digitale? La risposta a questa domanda non è mai facile, per it Takes Two o qualunque altro gioco epocale che possa venirvi in mente, ma in generale ci sono una serie di fattori che possono contribuire al suo successo. Trovate geniali di gameplay, un particolare lavoro artistico, personaggi iconici e via dicendo. It Takes Two, vi sorprenderà forse apprenderlo da questa lettura, contiene ognuno di questi elementi seppur in maniera condensata per la natura semi-indipendente.

Tuttavia non è la collezione di questa o quella trovata geniale a essere il merito più grande di It Takes Two, ma il modo in cui l'intera esperienza riuscirà a essere un vivido ricordo da cui difficilmente ci si potrà allontanare. Quando un qualcosa che avete vissuto vi ritorna in mente con una vividezza tale da causarvi nostalgia, non è forse degno di essere un frammento della vostra memoria che ha definito quello che siete oggi? Certo, It Takes Two uscirà a breve e non sono passati tanti anni da poterlo ricordare come facciamo con Breath of the Wild, eppure non è passato giorno in cui non siamo tornati a uno qualsiasi dei livelli del gioco, a ripensare al divertimento che abbiamo vissuto nelle sue 14 ore di durata o di quando siamo rimasti ben più del dovuto a esplorare gli scenari di gioco.

Non possiamo fornirvi una prova certa che questo discorso potrà valere per voi; magari It Takes Two potrà sembrarvi un gioco fin troppo fanciullesco per attirarvi e non vi provocherà nessuna sensazione. Ma noi lo abbiamo giocato insieme a qualcuno che di videogiochi se ne intende poco, qualcuno che non ha neanche dimestichezza a utilizzare due levette analogiche contemporaneamente, e quel qualcuno, seppur già a contatto con i videogiochi, non riusciva a staccarsi da quel puro divertimento di fronte alla meraviglia del nuovo, della scoperta. Quel qualcuno si è commosso, ha riso a crepapelle, si è dispiaciuto, ha visto cosa un singolo gioco poteva suscitare alla sua immaginazione e ha superato perfino la propria paura dell'aracnofobia cavalcando un ragno gigante solo per continuare la storia di una coppia sull'orlo del divorzio costretta a una terapia uscita da "Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi" al contrario. A seguire potremo approfondire gameplay, trama e tecnica come spesso facciamo, quello è un gergo tutto nostro che è utile per capire il prodotto, ma è stato il sorriso rigato dalle lacrime di sincera commozione dei due che hanno tenuto il controller per tutta la storia di Cody e Mae a essere l'attestato maggiore dietro la promozione piena che correda questo testo.

Non è raro commuoversi per un gioco ed esserne coinvolti, ma è raro invece vivere questa esperienza insieme, sentirla come uno sforzo collettivo e averne una soddisfazione palpabile dopo aver superato mille ostacoli sempre diversi. È raro uscirne ancora più vicini con quella persona con cui abbiamo giocato, così come lo è affrontare una tematica seria come il divorzio con un barlume di speranza che non viene messo nelle mani del giocatore come una morale da accettare e basta, piuttosto farlo come una sorta di puzzle con cui simpatizzare durante la sua costruzione. Magari alla fine non tutti i pezzi troveranno il loro posto, ma già l'averci provato ci fornisce una nuova prospettiva e in It Takes Two significa anche capire molte cose su se stessi. E, di nuovo, non è questa capacità di colpire l'animo a decretare un'opera significativa per le nostre vite?

Genialità tascabile

Nell'atto pratico, It Takes Two prende forma in numerosi livelli ambientati tutti in scenari diversi e dalla filosofia spesso legata all'apparenza gigante di stanze normalissime di una casa di campagna. I due protagonisti, Cody e May, sono tramutati in bambole di pezza per via di un incantesimo lanciato inconsapevolmente dalla figlia dopo averli visti litigare per l'ennesima volta nel caos vicino al divorzio. Perciò, per loro sfortuna, ogni parte della loro villa, dalla stanza della figlia fino alla serra, è diventata un luogo dove un magico libro terapista li tortura cercando di far rifiorire in loro la passione.

Parlando di genere, It Takes Two è l'esatta incarnazione della definizione di Avventura dove ogni singolo scenario non solo è diverso tematicamente, ma ha anche meccaniche uniche e specifiche per ogni protagonista. I generi si mischiano di volta in volta, rubando idee da questa o quella corrente per trarre il meglio dalla tema dell'area. Nel bosco, già visto nella nostra anteprima, si è dei soldati di uno sparatutto in terza persona per conto di scoiattoli militari intenti a rivoltare il governo delle Vespe. In altri momenti potrete trovarvi a cavalcare ragni o rane per superare sezioni platform ingegnose, o ancora indossare un'armatura e far diventare It Takes Two un ARPG fantasy. Potremmo dedicare pagine e pagine a elencare come It Takes Two cambia ogni singolo secondo, ma è proprio la scoperta di quello che c'è ancora dopo l'ultima cosa che vi ha sorpreso a essere il fulcro centrale del genio di Fares e di It Takes Two. Ogni singolo dettaglio di gameplay o estetico è curato fin nei minimi dettagli e con un realismo che fa spavento, specie se avete sempre sognato di vivere in un reame fatto dei giocattoli della vostra infanzia o se avete fantasticato sul vecchio ripostiglio pieno di vinili come universo che prende vita da solo in stile Freezer di Black Mirror.

It Takes Two prende i sogni dell'infanzia di chiunque e li trasforma in parchi giochi per adulti dove il divertimento è evidente in ogni angolo. Non ci sono collezionabili o robe tediose da raccogliere, sostituite da sempre diversi minigiochi e interazioni segrete da vivere con la curiosità di un bambino. I minigiochi, come se non bastasse, aggiungono intere sezioni di gameplay completamente diverse e uniche, oltre che a essere rivisitabili in qualsiasi momento con un comodo menù. Potrete addirittura giocare vere partite di Scacchi, sfidare a tiro al bersaglio, cavalcare lumache e praticare vari sport. E nessuno di essi ci è mai parso di troppo, messo lì tanto per o un'attività secondaria inutile: ogni cosa aveva il suo divertimento evidente e fosse stato per noi i minigiochi avrebbero potuto benissimo essere un intero titolo a parte di sola collezione di attività.

Abbiamo premiato It Takes Two con il nostro Award per il modo in cui è riuscito a proporre un'esperienza assolutamente variegata, mai banala e ricca di momenti in cui ci è sembrato di essere bambini di fronte alla scoperta del mondo che li circonda. La sincera curiosità che il gioco di Hazelight induce e invoglia è un pregio rarissimo da trovare, specie su un prodotto che ha comunque delle qualità oggettivamente eccellenti come la genialità del level design, l'accortezza tecnica e una finissima esperienza cooperativa.

Ma non finisce certo lì, infatti i livelli hanno così tanti strumenti interattivi che impazzirete nel trovarli tutti, come quando ci siamo fermati solo per suonare un vero pianoforte con tanto di note segnate in stile accademico. E non c'è urgenza o fretta che tenga: non ci sono missioni, nessun obiettivo a tempo o altri sistemi di cui tenere conto, non si può neanche morire! Tutto è pensato per il vostro unico desiderio di giocare e basta.

C'è così tanta roba da fare, da trovare e vivere che quasi quasi ci viene da contraddire lo stesso Josef Fares e la sua frase contro la rigiocabilità detta nell'anteprima: It Takes Two è altamente rigiocabile, anzi vi sfidiamo a non ritornare sui minigiochi per vedere se voi o il vostro compagno avrete finalmente la tanto meritata rivincita. Oltre tale aspetto però, è il puro design fuori scala da assuefazione a farla da padrone, attestandosi su vette qualitative dalla caratura indiscussa.

Col-la-bo-ra-ti-on

Per quanto possa divertirvi, It Takes Two è anche un gioiello narrativo senza eguali su una storia degna di un film Pixar. Certo la trama di base ha una premessa semplicissima, però è proprio in questa finestra molto libera e conosciuta che la scrittura prende piede al meglio, regalando momenti di un'intimità reale e più umana di quanto ci si aspetterebbe da una bambola di pezza. A It Takes Two bastano poche frasi, inquadrature e gesti per colpire dritto nel cuore senza troppe cerimonie, così come alle volte è pronto a esagerare e regalare al giocatore dei momenti cinematici meritevoli di un Oscar.

È un bilanciamento davvero difficile da mantenere, specie con un tono molto umoristico e delle tematiche serie come il divorzio. Eppure, anche qui, è avvenuto un miracolo su tutta la linea e non c'è un esempio in cui potremo dire di aver visto il gioco sorpassare quel confine ed essere fuori luogo. La tenerezza con cui Hazelight ha confezionato la storia e il rapporto della famiglia è disarmante, qualcosa che può apparentemente essere motivo di sconforto per chi ha passato vicende simili ma che ben presto, finendo il gioco, si tramuta invece in un'occasione per risollevarsi il morale.

Aiutano molto, in tal senso, la carismatica figura del Dr. Hakim (il cui mocap è di Fares stesso) e una colonna sonora vivace più che eccellente. Tra le musiche upbeat e l'accento tipico del dottore intento a sputare frasi motivazionali, il ritmo di It Takes Two oscilla in un continuo crescendo di risate e battute più o meno tristi. A differenza di A Way Out, il tono qui è esclusivamente orientato al voler far ridere nel modo più onesto possibile e non c'è altro modo se non quello di rendervi i protagonisti di ogni trovata buffa che il dottore possa pensare.

Voto Recensione di It Takes Two - PlayStation 5


10