Negli anni '90, mentre l'industria videoludica muoveva i primi passi verso la complessità moderna, un piccolo team di quattro persone in Louisiana stava riscrivendo le regole dello sviluppo PC con una velocità che oggi apparirebbe fantastica. Quello che John Romero e i suoi colleghi di id Software realizzarono in quell'epoca rappresenta uno dei fenomeni più straordinari della storia dei videogiochi: la capacità di innovare radicalmente mantenendo ritmi produttivi che farebbero impallidire gli sviluppatori contemporanei. In un'epoca in cui aggiungere un nuovo personaggio a un hero shooter può richiedere mesi, questi pionieri sfornarono capolavori senza tempo in tempi record.
La rivoluzione nascosta del PC gaming
Durante una recente apparizione nel podcast Deep Dive di Nightdive Studios, Romero ha svelato i retroscena di quella che considera una vera e propria rivoluzione silenziosa. La tecnologia che nessuno aveva ancora sfruttato giaceva dormiente nei PC dall'agosto del 1981, e ci vollero nove anni prima che qualcuno - John Carmack - riuscisse a liberarne il potenziale in poche ore di lavoro notturno. Questo breakthrough tecnico riguardava lo scrolling veloce per i giochi a piattaforme 2D, una capacità che oggi diamo per scontata ma che all'epoca rappresentava il Santo Graal per chi voleva competere con le console.
Il momento cruciale arrivò quando Carmack si immerse nella lettura di "Power Graphics Programming" di Michael Abrash, futuro dipendente id. Questo libro fornì le chiavi per sbloccare capacità grafiche che avrebbero trasformato Commander Keen nel primo vero platformer PC competitivo. La storia poteva andare diversamente: id aveva infatti proposto a Nintendo un port di Super Mario 3, ma il rifiuto dell'azienda giapponese si rivelò una benedizione travestita.
Quando quattro mesi erano "prendersi tutto il tempo necessario"
La filosofia produttiva di id Software era radicalmente diversa da quella odierna. Per un anno e mezzo, il team aveva sfornato giochi ogni due mesi con la precisione di un orologio svizzero. Solo nel 1991 pubblicarono tre sequel di Commander Keen, il precursore di Wolfenstein chiamato Catacomb 3D e una miriade di altri titoli. Wolfenstein 3D rappresentò la prima volta che si concessero il lusso di "prendersi tutto il tempo necessario" - un concetto che nella loro realtà significava quattro mesi dall'inizio alla pubblicazione della versione shareware.
Romero ricorda quel periodo come un momento di consapevolezza collettiva: "Sapevamo di star creando qualcosa di veramente speciale, perché non avevamo mai visto niente del genere". La filosofia di design era cristallina nella sua semplicità: eliminare tutto ciò che impediva al giocatore di muoversi e sparare alla massima velocità possibile. I risultati parlarono da soli, creando un nuovo genere e stabilendo standard che influenzano ancora oggi gli sparatutto in prima persona.
Il confronto con l'era moderna dello sviluppo
Quello che Romero definisce scherzosamente un "lusso" per il suo team di quattro persone appare oggi come un miracolo di efficienza. La complessità dello sviluppo moderno ha trasformato cicli produttivi di mesi in maratone pluriennali, rendendo quasi mitologica l'epoca in cui si potevano inventare soluzioni tecniche e di design per mondi 3D a velocità supersonica. Non si tratta di nostalgia mal riposta o di critica sterile verso gli sviluppatori contemporanei, ma di riconoscere un momento irripetibile nella storia del medium.
L'intervista con Nightdive ha toccato anche temi più ampi, dalla nascita del genere dei giochi di caccia al futuro dell'industria nelle mani degli sviluppatori indipendenti. Un dettaglio significativo: la registrazione è avvenuta prima che Microsoft interrompesse il finanziamento del progetto shooter tripla-A di Romero Games, lasciando lo studio alla ricerca di un nuovo editore. Anche per i leggendari creatori di Doom, l'industria moderna presenta sfide che i quattro ragazzi di Shreveport, Louisiana, non avrebbero mai immaginato.