Just Cause 4 Recensione, un tornado di pazzia per Rico Rodriguez

Just Cause 4 ritorna sugli schermi degli appassionati con alcune interessanti novità, senza perdere il tono scanzonato e distruttivo di sempre.

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a cura di Lorenzo Quadrini

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Sono passati tre anni dal terzo capitolo della fortunata saga di Just Cause, che cambia completamente ambientazione ma non perde il mood distruttivo e confusionario che la contraddistingue. Just Cause 4 si conferma insomma, sin dal primo minuto di gioco, come un’opera fermamente convinta del proprio format, che vuole migliorarsi senza stravolgimenti.

Questo quarto capitolo sposta l’attenzione dall’arcipelago di Medici a Solìs, isola fittizia del sud america. Come sempre in questa serie, la trama di gioco manca subito di mordente, cercando di sopperire con il grande carattere di Rico Rodriguez, protagonista indiscusso. Convinto della propria scelta di vita (abbandonare l’agenzia) il nostro si ritrova coinvolto nella lotta indipendentista tra l’armata del Caos - ossia i buoni di turno - e il cattivissimo Salvador Mendoza, capo del gruppo armato Black Hand e coinvolto nell’omicidio del padre di Rico.

A spalleggiare il funambolico ex-agente segreto ci sarà sia una new entry che una vecchia conoscenza. Questa piccola sinossi è più che sufficiente per inquadrare la trama del prodotto, evitando spoiler. In generale comunque, come già detto, la struttura narrativa di Just Cause 4 è oggettivamente carente, mostrando il fianco a numerose critiche: le situazioni presentate sono a volte scontate, a volte improbabili, mentre il succedersi degli eventi è talmente frenetico da far perdere velocemente di interesse.

Nonostante questo, però, Rico tiene indubbiamente il palcoscenico, grazie a qualche battuta davvero ispirata ed un character design talmente tanto macchiettistico e stereotipato da risultare alla resa dei conti divertente e coinvolgente. Se quindi non si può fare affidamento sulla narrazione in senso stretto, Just Cause 4 emerge grazie ad una struttura di gioco, ed un game design, molto solidi. Il gameplay è rimasto praticamente immutato nelle sue caratteristiche distintive, migliorando però notevolmente dal lato tecnico, oltreché apportando alcune interessanti novità di gioco.

L’esperienza di Just Cause 4 si fonda su un impianto rodato già da titoli quali Far Cry o, in minor specie, L’Ombra di Mordor. La mappa è divisa in zone di controllo, che devono essere sbloccate dall’armata del Caos per poter accedere alle diverse missioni. Eliminate le torri, l’esplorazione e i capitani da abbattere, molto più semplicemente Rico deve accumulare truppe, distruggendo le risorse e uccidendo i soldati della Black Hand. Una volta riempita la barra del Caos, l’armata riceverà una truppa, con la quale è possibile far avanzare il fronte conquistando porzioni di mappa.

Tra tornado e rampini

Il protagonista principale di questo numero quattro è indubbiamente il rampino. Grazie ad un mapping personalizzabile - nonché di facilissimo utilizzo - dei tasti analogici del nostro pad, una volta completate alcune missioni, avremo a disposizione tre funzionalità diverse per il rampino. A queste funzionalità si possono inoltre installare differenti mod, per un totale di decine di possibili combinazioni tutte diverse tra loro.

Il rampino quindi può lanciare razzi adesivi, può imprimere una forza tirante o può attaccare dei piccoli palloni aerostatici agli oggetti colpiti. Le mod intervengono con la possibilità di gestire la forza della spinta, il momento di avvio (automatico o manuale, per esempio) e via di questo passo. Come già mostrato a Los Angeles quest’anno, in Just Cause 4 si può utilizzare l’ambiente di gioco (e il nostro magico strumento) in maniera davvero fantasiosa e bizzarra.

Il secondo, grande, elemento di gameplay viene dall’ambientazione. Evitando spoiler, in Just Cause 4 avremo spesso a che fare con bizzarre condizioni meteo. In particolare i tornado colpiscono per la loro maestosa ed incredibile forza, che travolge ogni oggetto del gioco e che riesce a ribaltare completamente l’approccio al gameplay tenuto in situazioni normali. La bellezza di questa feature è data dalla possanza del fenomeno, che si muove lento e inesorabile lungo la grande mappa di gioco, chiaramente visibile già in lontananza e capace di ribaltare e sollevare qualsiasi cosa. Inoltre, con un sapiente e sconsiderato uso della tuta alare, potremmo anche usare le fortissime correnti ascensionali per venire letteralmente catapultati da un lato all’altro di Solìs.

A questo si aggiungono i tantissimi veicoli, le armi (che purtroppo non sono modificabili o personalizzabili, ed anzi hanno anche un design particolarmente anonimo) e le tonnellate di attività secondarie, quali acrobazie su strada, in volo, sub-quest incentrate sulle sparatorie e via di questo passo.

Descrivere ogni singolo aspetto del gameplay è impossibile, oltreché ripetitivo per chiunque abbia avuto a che fare con la saga prima di oggi, nel complesso comunque si è davanti ad un open world vasto, sufficientemente caratterizzato (dalle spiagge fino alle montagne, passando per foreste pluviali e vere e proprie metropoli) e molto rispondente alle azioni del giocatore. Sicuramente quindi le ore di gioco assicurate (al netto di una certa ripetitività) sono tantissime.

Nonostante questo si percepisce che le tantissime modalità di svolgimento delle missioni si risolvono più in un esercizio di stile che in un vero e proprio approccio. È vero, è possibile sollevare grazie alle mongolfiere-rampino i propri veicoli, trasformandoli a fatica in aeromobili. Rimane però il fatto che lo sforzo non vale la candela, visto che gli aerei e gli elicotteri già presenti nel prodotto rimangono di gran lunga più competitivi. Alla lunga gli approcci fantasiosi, al netto della pura e semplice gioia distruttiva dei fruitori, non porteranno nessun vantaggio pratico.

Per quanto concerne gli aspetti più concreti dell’esperienza, si nota un netto miglioramento in termini di fisica degli oggetti e di rispondenza di moltissimi elementi alle sollecitazioni di armi e rampino. Rimane un certo qual senso di incompiutezza però, soprattutto nei confronti dei momenti più concitati dell’azione, durante i quali si ha la netta sensazione di non essere affatto in controllo.

Alti e bassi tecnici

Le auto esplodono in maniera spaventosamente facile, mentre la IA dei nemici, paventata come incredibilmente migliorata, rimane ancorata a ben poche azioni standard (e facilmente aggirabili visti i mezzi quasi infiniti di Rico). La guida infine è un aspetto a tinte contrastanti. Se alcuni veicoli sono particolarmente ispirati - soprattutto le auto da corsa e le imbarcazioni - altri sono quasi dolorosi da guidare, a causa di una inspiegabile legnosità (tra tutti in particolare le moto e gli elicotteri).

Dal punto di vista grafico, Just Cause 4 colpisce invece nel segno, sforzandosi di offrire un ambiente di gioco bello e funzionale al tempo stesso. Certo, il giocatore non deve aspettarsi i paesaggi stupefacente del Red Dead Redemption 2 di turno, sia perché siamo su un gradino più basso, sia perché il brand non punta affatto a quel tipo di esperienza. Just Cause 4 è un vero action sandbox, votato al divertimento confusionario e poco serioso.

In tal senso anche l’aspetto grafico si adegua, cercando di regalare al giocatore un’opera che prima di tutto sia funzionale, fluida, priva di caricamenti o fenomeni di texture popping. Il tutto riesce egregiamente, anche con dei bellissimi colpi d’occhio, soprattutto per quanto riguarda i fenomeni atmosferici e il bioma della giungla. Molto meno ispirati invece gli edifici (praticamente copia-incollati) e i veicoli, piuttosto anonimi.

Infine il comparto audio, che si accompagna con stile alla nuova ambientazione e che regala numerose stazioni radio - onestamente una più bella dell’altra - oltre che un ottimo doppiaggio in italiano. Azzeccata anche la colonna sonora, che ben si sposa con l’esperienza globale.

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