Maneater | Recensione: abbiamo giocato la versione Nintendo Switch

Dopo averlo già provato lo scorso anno, siamo tornati nuovamente su Maneater, questa volta su Nintendo Switch.

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a cura di Antonio Rodo

Avete sempre desiderato impersonare uno squalo all’interno di un gioco di ruolo? Se la risposta è sì, sappiate che Maneater potrebbe stuzzicarvi non poco. C’è da dire, però, che passati i primi minuti di entusiasmo e mangiate le prime prede, la produzione firmata da Tripwire Interactive e Blindside Interactive sfocia in una noia a tratti ingiustificata e poco sopportabile.
 

Prima di entrare nei meriti della produzione, però, specifichiamo che, come da titolo, questa recensione è dedicata alla versione Nintendo Switch, un porting che si rifà alla versione per PlayStation 4 e Xbox già uscita lo scorso anno. In particolare, quindi, ci soffermeremo sulle performance del gioco sull’ibrida di Nintendo, fornendovi comunque una buona panoramica delle possibilità offerte da questa bizzarra produzione.

Prima di cominciare, vi ricordiamo di dare un'occhiata anche alla versione Xbox One testata dal nostro Giacomo Todeschini.

C’è pure la trama!

Cominciamo da una domanda piuttosto semplice: cos'è Maneater? Una risposta altrettanto semplice potrebbe essere: un gioco in cui non si fa altro che mangiare e mangiare, fino alla nausea, quasi allo sfinimento. Ma c’è di più, forse l'elemento che più ha saputo sorprenderci in positivo. In sostanza, e qui si spiega ancora più da vicino il titolo del gioco, Maneater è uno show televisivo fittizio creato dagli sviluppatori per mettere in piedi una componente narrativa, e quindi un gioco che non sappia solo di gameplay. La premessa è sempliciotta ma folle, per certi versi. Un signorotto di nome Pete, noto come lo Squamato, un cacciatore di squali professionista pronto ad ucciderne a bizzeffe, incontra la preda più difficile della sua spietata carriera. Catturata una Mamma Squalo con non poca difficoltà, il burbero Pete le scuoia il ventre ed estrae un cucciolo di squalo che, senza pensarci un attimo, gli stacca via una mano a morsi e fugge dall’imbarcazione. 

In questo modo, comincia una complicatissima (sì, stiamo ridendo) storia di vendetta che vedrà il cucciolo di squalo vendicare la mamma. Il buon Steven Spielberg, dinanzi ad una simile trama, non può che imparare silènte. 

Scherzi a parte, ma nemmeno troppi, si entra ufficialmente nel vivo della produzione, precisamente nella paludosa Louisiana. Pur trattandosi di un open world, chiaramente non avremo a disposizione degli spazi molto larghi, perlopiù relitti piuttosto claustrofobici. È vero, per certi versi può sembrare assurdo, dato che siamo chiamati a muoverci nell’infinita libertà del mare, ma così è. Gli sviluppatori, evidentemente, nel tentativo di offrire acque che non siano banalmente distese infinite all’interno delle quali muoversi, hanno variato un po’ la formula, se non fosse che l’intera avventura sarà pressoché identica nelle trovate legate all’ambientazione e agli spazi, nonostante i diversi scenari.

Detto ciò, torniamo alle cose serie, la ciccia vera: nei panni dello squalo cattivo dovremo cibarci continuamente, laddove ogni singola uccisione sarà fondamentale per la nostra crescita – letteralmente – e per acquisire nuove abilità al fine di avanzare di livello. Uno degli elementi più interessanti della produzione, infatti, e stavolta siamo seri, è proprio la continua mutazione fisica del nostro squalo, che diventerà infine un megalodonte dalle dimensioni generose, seppur non eccessive. A tal proposito, è forse il caso di entrare subito nei meriti della versione Switch, che purtroppo non ci consente di apprezzare pienamente le linee dello squalo, per demerito di una risoluzione bassina in modalità portatile. Le altre versioni, infatti, non ultima quella PlayStation 5 data in pasto agli utenti abbonati al PlayStation Plus, ci permettono di apprezzare davvero il modello dello squalo, curato nei minimi dettagli dagli sviluppatori, assoluto pregio della produzione. 

Se animazioni e modello ci hanno piacevolmente colpito, lo stesso non possiamo dire dei controlli. Nuotando banalmente in direzione nord, nulla di strano o fastidioso, ma quando cominciamo improvvisamente a deviare a destra e sinistra, soprattutto durante i combattimenti, il tutto singhiozza e perde di fluidità, persino visiva. Anche la telecamera, oltre ai controlli, ha la sua buona dose di colpe: prendere di mira una preda, a volte, risulta un’operazione tutt'altro che immediata e leggibile. Un risultato anche figlio delle scelte compiute nel design degli ambienti e del modello dello squalo, che insieme disorientano più volte il giocatore facendo perdere di vista la preda precedentemente adocchiata.

Un gioco di ruolo sugli squali (?) 

Dicevamo, in apertura, che si tratta di un gioco di ruolo. A tal proposito, tutte le prede da noi uccise ci forniranno due tipologie di materiali differenti, ovvero i minerali e l’olio, i quali andranno investiti nelle grotte, che fungono anche da checkpoint. Non mancano nemmeno diverse abilità che aumentano e velocizzano la digestione o migliorano il sonar in modo da trovare con più semplicità le nostre prede. 

In merito alle attività, invece, come intuibile a fronte di quanto detto, Maneater non brilla di certo per varietà. Una trama piuttosto lineare fa da sfondo ad uno schema solito fatto di missioni primarie e secondarie, che come implicitamente detto tendono a ripetersi troppo spesso. Nuota e mangia, senza particolari guizzi creativi, saranno quindi le uniche due cose che farete in tutto il gioco.

Come gira su Nintendo Switch? 

Maneater non è di certo una produzione incredibile da un punto di vista prettamente tecnico, non lo è su PC o console di nuova generazione, figurarsi su Nintendo Switch. Giocato sul modello Lite della console, però, (l’unico modello su cui abbiamo avuto modo di provare il gioco) l’immagine appare soddisfacente, merito di uno schermo non troppo grande, sebbene la risoluzione e gli elementi a schermo che compongono lo scenario non ci siano sembrati particolarmente nitidi. Stesso dicasi per il frame rate, che non eccelle ma si mantiene stabile al punto da permettere alle partite di scorrere in serenità.

In merito alla portabilità della console, inoltre, curioso come questo elemento giovi a favore della produzione: in sostanza, essendo un gioco che ben si sposa con sessioni poco longeve, un giretto e via, per intenderci, giocato su Nintendo Switch il suo potenziale viene quasi amplificato; sia che siate in giro o tra una pausa e l’altra a lavoro, potreste sentire il bisogno di tirare fuori la console per fare una rapida partita.