Microsoft Difference: perché non ci abbiamo creduto fino ad ora?

Perché non abbiamo creduto nella Microsoft Difference? E perché dovremmo farlo proprio ora? Analizziamo le mosse di Xbox.

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a cura di Alessandro Tonoli

Le carte sono state ufficialmente svelate. Finalmente sia Sony che Microsoft hanno mostrato totalmente la loro idea di nuova generazione. La next-gen, finalmente, si può dire chiaramente in procinto di arrivare. Con le sue visioni. I suoi cambiamenti. Le sue novità. Ogni nuova generazione porta con sé il vento della rivoluzione. È un concetto insito nell’evento, ed è quello che più di tutto esalta noi videogiocatori. Anche a fronte di un parco titoli che consentirebbe di rimanere ancorati ancora per un po’ alla tranquillità delle nostre vecchie e fidate console, quel vento di cambiamento ci fa sognare tanto da voler anticipare le mosse, facendoci precipitare sulle nostre nuove compagne di gioco.

Cambiamento. È quindi questa la parola centrale di questi momenti ciclici. Un concetto tanto fondamentale quanto non di così semplice accettazione. È da manuale della programmazione “umana” provare reticenza verso la condizione di novità. Tra tutti gli attori in gioco Microsoft si può dire la vittima maggiore di questo tipo di resistenze. La compagnia americana ha un rapporto con il pubblico videoludico abbastanza particolare. Un rapporto che in passato ha riservato gioie e dolori, e che anche questa volta ha mostrato i suoi spigoli.

I giocatori sembrano chiedere a Microsoft costantemente di essere l’anti-Sony, cosa che la compagnia a quanto pare non vuole (più?) essere. Eppure il messaggio sembra non passare. Buona parte dell’utenza (e della stampa) rimane sorda a questo tipo di dichiarazioni, diffondendo in rete un constante scontento generato dal continuo confronto fra le due parti. Dall’acquisizione di Bethesda la storia è sicuramente destinata a cambiare, ma è solo l’ultimo dei giganteschi segnali già lanciati dalla compagnia in precedenza.

Se il vento del cambiamento è proprio di questo ambiente, di questo momento storico, se il mercato videoludico è variegato tanto da accettare già, ad ogni generazione, che Nintendo faccia storia a parte, la vera domanda che l’ambiente videoludico dovrebbero porsi ora è: perché è così difficile accettare che anche Microsoft voglia essere diversa? Perché fino ad ora non siamo riusciti a credere nella Microsoft Difference? Retaggi storici: i troppi volti di Xbox

Microsoft Difference: perché non ci abbiamo creduto?

Partiamo con il dire che ci sono due fattori sufficientemente importanti che rendono questo tipo di atteggiamento comprensibile. Il primo è il fattore tempo. Chi ha vissuto l’introduzione di Microsoft nel mercato videoludico lo avverte ancora sulla pelle. La compagnia di Redmond si è affacciata sulle scene di questo mercato con quel ritardo tipico che riesce a far indispettire le persone che hanno apparecchiato il tavolo perfettamente e con sforzo, salvo poi veder arrivare l’ospite inatteso che si siede all’ultimo senza aver partecipato ai preparativi.

Il piccolo duopolio Nintendo/Sony si era già spartito il grosso della fetta di un mercato già sufficientemente di massa. Introducendosi all’ultimo Microsoft è stata vista da sempre come l’ultima arrivata, quella con “qualcosa da dimostrare”. La sua prima stagione non è stata poi delle più rosee. E seppur solo chi possedeva il gioiello Xbox può capire il vero valore di quella prima console, la sua offerta è stata commercialmente complessa da digerire per il pubblico di massa (non americano) o perlomeno non sufficientemente di impatto da giustificare quello strano ingresso tardivo. Tradotto: ti siedi per ultimo e neanche porti il dolce.

L’altro aspetto che ha da sempre creato alcune comprensibili diffidenze verso la compagnia è collegato indirettamente al primo, ed è relativo alla sua identità di brand. Dal 2001 ad oggi il gigante verde ha cambiato identità e vision aziendali con brusche virate, dando adito a più di qualche ragionevole considerazione in merito a cosa aspettarsi di volta in volta nel futuro a breve e medio termine. La potenza bruta della prima Xbox, il concetto di intrattenimento a 360 gradi della seconda generazione, la creazione dell’unico grande entry point nell’ambiente Xbox di One, senza contare poi le forti parentesi dedicate al motion control e al traguardo mai raggiunto dell’always online.

In termini di prodotti anche qui la compagnia è passata da più fasi: la sovrabbondanza di sparatutto in prima persona, le grandi esclusive di prime e terze parti di Xbox 360, l’attenzione ai prodotti con comunità online e la retrocompatibilità di Xbox One. Posto il fatto che anche i competitor hanno passato le loro fasi di cambiamento, e che nessuna grande azienda può rimanere uguale a se stessa per lunghi cicli, le virate di Xbox sono sempre state le più marcate. Come risultato indiretto Microsoft ha ottenuto una frammentazione forse eccessiva della stessa utenza che aveva faticosamente raggiunto. La mancanza di una direzione certa e i cambiamenti poco omogenei hanno diluito i risultati di vent’anni di lavoro, rendendo più ostica la costruzione di un’immagine di brand capace di riassumere il proprio concetto di gaming con la sola comparsa del suo logo.

Il cambiamento non accettato

Abbiamo tentato di capire perché sia persino lecito avere delle resistenze maggiori ai cambiamenti introdotti dalla casa di Redmond, motivi potenzialmente riassumibili in: “devi dimostrare di poter essere il top per il gamer onnivoro” e “devi dimostrare coerenza nel farlo, rimanendo fedele a te stessa”.

Fatta questa dovuta premessa, da qualche anno a questa parte questo tipo di atteggiamento resistivo, o difficoltà di lettura, sia da parte del pubblico che della critica, sembra abbia assunto un ruolo dominante, anche rispetto alla volontà e alla libertà di una compagnia di dichiarare la propria strategia di mercato e perseguirla, contando sul fatto che il mercato la valuti sulla base della propria dichiarazione di intenti. Problematica acuita con l’arrivo della nuova generazione.

"Se il nostro approccio fosse quello di vendere più unità di Sony e Nintendo, non avremmo proposto i nostri titoli first-party su PC, non avremmo continuato a supportare Xbox One, non avremmo introdotto anche Project xCloud e non avremmo permesso alle persone di giocare in libertà sui dispositivi mobile". Questo è Phil Spencer, capo della divisione Xbox, che dichiara al mondo la strategia di mercato della compagnia per il futuro.

Non si sa se sia la dichiarazione fatta dalla volpe che non può arrivare all’uva, fatto sta che la dichiarazione rimane, ed è netta. L’intenzione di Microsoft non è “vincere la gen”. Sempre che sia mai esistito un vincitore delle gen (in posti diversi dalle menti dell’utenza), in quanto ogni compagnia ha l’obiettivo di creare utili dai prodotti che vende, non quello di ottenere per forza monopoli. L’intenzione di Microsoft, rimarcata ulteriormente dall’acquisto a cifre mostruose di Bethesda, è quindi quello dichiarato di creare un nuovo mercato. O un nuovo modo di fruire del mercato, fate voi, con prodotti videoludici pensati sia per un tipo di fruizione più classico, sia per un diverso tipo di pubblico non ancora aggredito, a cui Microsoft decide di iniziare a rivolgere la sua offerta.

Non si tratta per forza del pubblico generalista. Tralasciando le IP Bethesda su cui verranno effettuati ragionamenti specifici di volta in volta, prodotti come Grounded e Sea of Thieves tutto sono meno che titoli pensati per diventare popolari. Microsoft sta creando prodotti diversi assieme a modalità di fruizione innovative, per creare un’offerta omogenea rispetto alla sua idea di sviluppo di mercato. Non è l’ultima gigantesca acquisizione a dimostrarlo, ma finalmente è la somma di tutte le sue mosse effettuate fino ad ora. Per quanto strano, questo è forse il primo momento storico in cui, da ultima arrivata al tavolo, Xbox sembra potersi alzare per dichiarare la sua presenza in maniera monolitica, creando quella Microsoft Difference di cui tanto si sentiva il bisogno, e che non è più un tabù sostenere.

Microsoft come Nintendo: non è più rivale di Sony

Microsoft non è più la rivale di Sony. Microsoft è Microsoft, Xbox è Xbox. Un concetto di differenziazione che non può rimanere ad appannaggio esclusivo di Nintendo, che per diritto ha ormai la possibilità di contare sul fatto che il pubblico e la stampa ragionino sempre nell’ottica di un mercato differente personalizzato, sia che i suoi risultati siano buoni o cattivi. Nintendo fa storia a sé, è corretto, ma d’ora in poi lo farà anche Xbox. È necessario abituarsi all’idea che Microsoft non voglia più essere l’anti-Sony, nonostante le nostre menti cerchino costantemente lo scontro, la battaglia fra un buono ed un cattivo che giocano per lo stesso trono. L’utente Xbox, l’utente a cui mira Microsoft è diverso da quello a cui mirano le altre due compagnie. È un utente fluido, che decide se entrare a far parte dell’ecosistema come e quando gli pare, per quanto gli pare, soprattutto.

Oltre a non essere più utile fare ragionamenti che fino alla scorsa generazione potevano ancora descrivere una situazione comunque meno netta, sta diventando scorretto, sia a livello di pubblico, ma maggiormente di più a livello di stampa, leggere le mosse commerciali di una compagnia sulla base di un vecchio modello ormai inapplicabile. Anche quando senti che Microsoft compra studi di sviluppo per creare un ventaglio di esclusive interne, e ti viene da farlo, quel ragionamento. Non è più valido. Perché Xbox non sta più ‘rispondendo a Sony’. Non sta cercando di creare i nuovi Horizon, i nuovi God of War, i nuovi Detroit. Non ci sono giochi specchio creati per tentare di “rubare” la fetta di mercato alla concorrente, proprio perché l’idea (che darà buoni frutti o meno) è quella di creare qualcosa di diverso, che offra prodotti diversi, che dia al giocatore opportunità diverse.

Mai come in questa generazione che è alle porte (che già vede affacciarsi anche lo spettro del nuovo modello di Switch) viene a rimarcarsi con forza l’importanza dell’identità di una console, e di un brand. Con tanti saluti a chi preferisce l’utopia di una console unica, le nuove macchine identificano non solo prodotti differenti, ma modi di approcciarsi al gaming completamente diversi, alle volte persino complementari. Ed è la cosa migliore che possa succedere, per qualcuno che ama il gaming. Diverse prospettive, diversi prodotti con cui entrare in contatto, diverse modalità di approccio: diversità. Possibilità per il consumatore di creare un vero rapporto col prodotto, di sentirsi parte di una comunità, assumendo così dei tratti identitari della stessa.

La bellezza dell’avere più console in circolazione non dipende solo dai prodotti in esclusiva, ma dal fatto che una persona si possa rispecchiare in una certa visione del gaming, sia per discorsi più prettamente estetici, che contenutistici, che di fruizione. A fronte di queste grandi diversità con cui ci troveremo a confronto, i nostri modi di leggere il mercato devono per forza adeguarsi. Il rischio, altrimenti, è quello di continuare a descrivere una realtà distorta, che esiste solamente in funzione di vecchi paradigmi.

Microsoft si sta muovendo in ogni modo possibile per far capire che la sua strada, questa volta, sarà diversa. A noi, al settore, il compito di accettare che sì, anche un’altra azienda può tentate di vedere nel gaming una strada nuova, più personale, che non tenta di spodestare il trono di nessuno, ma che semplicemente percorre la sua strada, assecondando i desideri di quella fascia di pubblico che immagina essere pronta ad accoglierla, e farla sua, in parte, o totalmente, per poco o molto tempo, un mese o l’intero ciclo di questo nuova stupenda pagina della storia videoludica. È servito un colpo da 7,5 miliardi di dollari per farlo sentire forte e chiaro. Ma alla fine il messaggio sembra arrivato. E quindi…benvenuta Microsoft difference.

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