Octopath Traveler e il valore di una narrativa decentralizzata

Octopath Traveler II ha riconfermato la volontà di Acquire di creare JRPG diversi dalla massa. Analizziamo l'origine e gli intenti di questo approccio al genere.

Avatar di Marco Patrizi

a cura di Marco Patrizi

Editor

Quando il primo Octopath Traveler uscì nel 2018 fece parlare di sé sia per i suoi pregi, in primis per il delizioso stile grafico HD-2D, ma anche per la sua struttura narrativa particolare, che confuse e scontentò molti giocatori.
Le storie degli otto protagonisti erano sì interessanti, ma del tutto slegate tra loro, le interazioni tra i personaggi erano ridotte all’osso e l’ultima parte dell’avventura, cioè il vero epilogo che ricuciva le fila della macro storia di Orsterra, era per lo più nascosta a chiunque non si fosse addentrato in determinate quest secondarie. Per il sequel, quindi, molti speravano in una correzione del tiro, un approccio più familiare ai JRPG tipici.

Pur conoscendo i feedback della critica e degli utenti, Acquire ha comunque scelto di apportare solo dei leggeri cambiamenti. Ora, in Octopath Traveler II (di cui trovate la recensione qui) i dialoghi tra i personaggi sono più frequenti, commentano più direttamente le rispettive storie e coinvolgono anche più di due personaggi alla volta; i capitoli extra denominati Sentieri Incrociati contribuiscono un minimo di più al rapporto tra i personaggi; lo scontro finale, inoltre, viene rivelato in modo esplicito, dando un maggior senso di unità e chiusura. Interventi mirati a migliorare l’esperienza di gioco e a rendere la storia più coesa, ma che non intaccano significativamente la formula originale.

Molti giocatori che si aspettavano un cambio di rotta sono rimasti delusi da questo risultato, ma è chiaro che quella di Acquire sia stata una scelta voluta e consapevole. Piuttosto che distorcere la formula di Octopath Traveler per venire incontro a delle aspettative esterne, gli autori hanno voluto compiere una scelta anticonformista, convinti evidentemente che si possa creare un tipo di JRPG che non segua gli stilemi convenzionali del genere.

Perché però questa scelta? La presa di posizione degli sviluppatori in realtà non è campata in aria, ma affonda le radici in un modo di concepire i giochi di ruolo che è andato a perdersi nel tempo. Andiamo con ordine.

Cambio di prospettiva

Al tempo del suo annuncio, il primo Octopath Traveler venne presentato da Masashi Takahashi (producer del gioco assieme a Tomoya Asano) come una sorta di successore spirituale di Final Fantasy VI. All’epoca nessuno aveva ancora provato il gioco, quindi era difficile immaginare il senso di questo accostamento, ma poi divenne evidente che Takahashi si riferiva in particolare alla parte finale di Final Fantasy VI, e invero una delle più interessanti, ovvero quando i vari protagonisti si ritrovano disseminati nel World of Ruin e il giocatore si ritrova a dover radunare i membri del party, ognuno con la propria sottotrama, per poi proseguire verso la battaglia finale contro Kefka.

Tale paragone è stato fatto probabilmente per comunicare un immaginario comprensibile a un pubblico vasto, e magari è stato un tantino viziato da logiche di marketing. Ma la verità è che gli autori di Acquire, più che dei Final Fantasy classici, sembrano piuttosto aver raccolto e rielaborato (chissà quanto consapevolmente) la filosofia di Akitoshi Kawazu, creatore della serie SaGa.

L’ideale per Kawazu, fortemente influenzato da Dungeons & Dragons, è sempre stato un gioco di ruolo in cui il giocatore non sia guidato e indirizzato esplicitamente, ma piuttosto lasciato libero di capire da solo le meccaniche di gioco, di esplorare e trovare da sé la propria strada, e dove i diversi personaggi co-partecipano a un intreccio più grande di loro. Questo modo di gestire i protagonisti è già presente da Romancing SaGa (uscito per SNES nel 1992), ma si può trovare anche nel successivo SaGa Frontier per PlayStation (di cui è da poco uscita la versione Remastered) ed è stata rielaborata anche in Live A Live.

Questo tipo di narrative design, però, non ha mai conquistato una vasta popolarità tra i giocatori, soprattutto per via della sua dispersività; difatti quella di SaGa è rimasta una serie di nicchia. Di contro, nel corso degli anni si è diffuso e cristallizzato un modello di JRPG dalle caratteristiche molto diverse che oggi riconosciamo tutti e che troviamo in modo ricorrente, ovvero un genere strutturalmente lineare e dalla storia per lo più focalizzata su uno o due protagonisti principali accompagnati da vari comprimari. 

Non è difficile capire il perché di tale successo. Una trama unica permette sicuramente di concentrarsi di più su eventi legati a un unico filone e quindi a rimanere coinvolti nelle vicende dei protagonisti, con una partecipazione del tutto simile a quella di un film.

Ecco spiegato perché Octopath Traveler, con le sue otto storie e rispettivi protagonisti sconnessi tra di loro, ha stranito tanti giocatori comprensibilmente abituati a trame sul genere di Final Fantasy. Gli autori di Acquire sembrano comunque convinti della validità di questa visione contro corrente, che sradica alla base i canoni narrativi ormai solidificati e, diciamolo pure, anche un po’ triti del genere.

Il prezzo della libertà

La libertà alla base di Octopath Traveler di poter scegliere quali personaggi arruolare e in che ordine è certamente il motivo principale per cui è difficile per uno sceneggiatore organizzare la scrittura delle storie in modo da prevedere la presenza o assenza degli altri compagni di viaggio. Ma al di là di quanto sia fattibile creare uno script “fluido”, probabilmente quello che dovremmo realizzare e accettare è che Octopath Traveler non vuole mettere in scena una storia come tutti gli altri JRPG, ma piuttosto sceglie intenzionalmente di darci un’esperienza diversa.

L’intento di Octopath Traveler non è tanto raccontare una storia che coinvolge tutti, ma far incontrare individui diversi provenienti da luoghi lontani del mondo, ciascuno alle prese con i propri problemi. Essi si accompagnano e si aiutano a vicenda, ma senza per questo perdere di vista sé stessi e le priorità della propria vita; nessuno diventa il comprimario di un protagonista principale.

Troppo spesso ai membri del party di un gioco di ruolo viene dedicata una caratterizzazione approssimativa, con poca autodeterminazione all’interno dell’intreccio narrativo e vengono più che altro rappresentati in funzione dei protagonisti principali: l’amico, l’innamorata, il rivale… Tale caratterizzazione non solo è per sua stessa natura limitante, ma sottintende che ci siano persone di serie A e altre di serie B. In Octopath Traveler, invece, ciascun personaggio del party ha lo stesso spazio, la stessa importanza e la stessa attenzione narrativa degli altri. Un’equipollenza che, peraltro, si riflette nel perfetto bilanciamento del gameplay.

Se ci si pensa, è un approccio più paritario, meno pilotato da esigenze narrative, e soprattutto più attinente alla vita reale. Ciascuno di noi, ogni giorno, deve vedersela con i propri problemi, sogni, obbiettivi di vita… e lo stesso vale per le persone di cui ci circondiamo. Nessuno è il protagonista principale del nostro mondo (se non nella testa di qualche egocentrico), così come nessuno lo è nei giochi di Acquire.

Persino agli NPC viene dedicata più attenzione rispetto ai JRPG tipici. Per molti di essi possiamo ottenere delle informazioni che ci raccontano il loro background, una miriade di piccole storie personali che vanno ad accrescere la lore collettiva del mondo di gioco. Le loro missioni secondarie poi sono volutamente non esplicite e non guidate e, contrariamente alle fetch quest tipiche di altri giochi, reclamano uno sforzo decente di indagine, di interessamento verso i personaggi, di esplorazione.

Questo approccio rende le missioni secondarie, nel loro piccolo, qualcosa di più di mere distrazioni lungo la strada, quanto piuttosto tanti puntelli con cui sorreggere un mondo vivo, umano, che richiede uno sguardo indagatore e una curiosità verso il mondo che troppo spesso tralasciamo, semplicemente perché non ne percepiamo il bisogno.

Pieces of Eight

L’approccio di Octopath Traveler indubbiamente non è facile da mettere a fuoco e saper apprezzare, anche perché non mette in scena delle relazioni particolarmente strette tra i personaggi, o una storia con un climax e un finale epici. Il suo forte è soprattutto nel viaggio, non nella destinazione. E proprio per questo è un gioco perfetto per chi non ha fretta di arrivare alla fine, chi trova soddisfazione nell’esplorare il mondo e percepirne la complessità, il fatto che ogni città o regione ha le sue storie e i suoi retroscena, indipendentemente da quello che succede nel resto del mondo.

In Octopath Traveler ciascuno dei protagonisti deve prima affrontare e risolvere i propri dilemmi, e nel suo piccolo renderà il mondo un posto migliore; solo allora sarà nelle condizioni di unire le forze con gli altri per sventare la minaccia comune finale (di cui eviterò spoiler).

Tale minaccia viene introdotta gradualmente, è radicata in modo capillare come qualcosa che investe e coinvolge ogni angolo della terra di Solistia, ma non in modo omogeneo. Essa rispecchia come il male del mondo non sia un solo avversario che si contrappone a un protagonista, ma un principio, un’idea che corrompe, qualcosa capace di contagiare tante persone, diversi antagonisti che a loro volta hanno i loro scopi personali. Un male che va contrastato in prima linea da tutti noi, senza aspettare che un protagonista ci porti con sé o che lo faccia per noi.

Con Octopath Traveler e il suo riuscito seguito gli autori di Acquire hanno fatto una scelta autoriale decisa: realizzare e farci scoprire un tipo di JRPG differente dal solito. Lo hanno fatto consapevoli di non andare incontro al gusto comune, ormai cementificato dai titoli più popolari, ma seguendo una spinta creativa anticonformista, e proprio per questo è stata una scelta coraggiosa.

Sicuramente è un tipo di gioco che può non piacere a tutti, ma l’importante è evitare di incasellarlo e misurarlo secondo degli standard mainstream che in realtà non vuole ricalcare. In parole brutali, non dovremmo misurare Octopath Traveler in base a quanto si avvicina a Final Fantasy.

Al di là di quanto vi sia piaciuto, in un mercato dove i JRPG ormai differiscono poco l’uno dall’altro in quanto a struttura, l’iniziativa di un team che si assume dei rischi e cerca di proporre qualcosa di diverso dalla massa, eppure allo stesso tempo celebrativo del passato, merita il giusto riconoscimento.