Outward Recensione, il gioco di ruolo che volevamo

Abbiamo recensito Outward, l'RPG e survival fantasy di Nine Dots, destinato ai giocatori più avventurosi e in cerca di una sfida diversa dal solito.

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a cura di Matteo Lusso

Se qualche settimana fa ci avessero detto che Outward sarebbe diventato uno dei nostri videogiochi preferiti, sicuramente non ci avremmo creduto. Eppure, dopo qualche ora di gioco abbiamo subito iniziato a intuire l'anima profonda e complessa di questo titolo dall'ambientazione fantasy, dove sopravvivenza, scelte, combattimenti e magia la fanno da padrone. La nostra prima prova ci ha infatti rapidamente convinto della bontà del gioco di Nine Dots che, seppur con tutti i suoi difetti, non possiamo che confermare anche nella nostra recensione.

A primo impatto Outward può sembrare un RPG in terza persona con elementi survival abbastanza comune e privo di originalità e, in effetti, ciò non è del tutto falso. Quello che conta veramente è invece come il gioco si pone al giocatore. Appena creato un personaggio, scegliendo fra un numero esiguo di modelli predefiniti, ha inizio la partita che, senza troppe spiegazioni, lascia subito una grande libertà d'azione, forse perfino troppa. Le prime ore sono infatti critiche e potrebbero perfino spingervi ad abbandonare la partita prematuramente.

Outward e la bellezza dei giochi di ruolo

Appena decidiamo di uscire all'esterno del villaggio di Cierzo, luogo in cui ha inizio la nostra storia, dobbiamo infatti fare i conti con un ambiente molto ostile dove il clima, la fame, la sete e perfino il più debole dei banditi o un lupo possono mandarci al tappeto. Siamo totalmente impreparati, però, se sia ha tanta pazienza, non appena si riesce a ottenere un equipaggiamento discreto, un po' di scorte e si apprende qualche utile abilità in più, Outward cambia volto. Purtroppo per alcuni o per fortuna per altri, siamo davanti a un gioco molto lento a "ingranare". Servono almeno una decina di ore, non tanto per comprendere le meccaniche più basilari, quanto per imparare tutti quei trucchetti che poi ci consentono di esplorare efficacemente il vasto mondo che ci circonda.

Ogni volta che riusciamo a uscire vittoriosi da uno scontro o troviamo una cassa piena di ricchezze - o quantomeno di cianfrusaglie da rivendere - dentro un dungeon, le spoglie che ci portiamo appresso sono un'ottima fonte di denaro. La valuta universale di Outward consente infatti non solo di acquistare beni migliori e utili ma anche di potenziare il proprio protagonista. Non esistono infatti  l'esperienza ma, da buon gioco di ruolo, sparsi per le quattro regioni del mondo, si incontrano addestratori che ci insegnano, a pagamento, nuove abilità.

Le possibilità offerte da questo metodo di apprendimento sono innumerevoli e permettono di plasmare il nostro eroe come meglio preferiamo. Ci sono poteri legati alla magia, che merita un discorso a parte per la sua complessità, attacchi corpo o dalla distanza particolari e semplici ma utilissimi miglioramenti passivi che incrementano salute, resistenza e mana. C'è però una limitazione legata ai cosiddetti punti svolta: sono in numero ristretto e alcune abilità possono essere sbloccate solo spendendone uno, dando però accesso al ramo avanzato degli insegnamenti offerti da quell'addestratore.

Durante la nostra partita non abbiamo infatti imparato tutte le abilità che avremmo voluto - alcune sono perfino in grado di rimuovere le restrizioni del gameplay di Outward. Tuttavia, la crescita del personaggio ci ha comunque permesso di affrontare con relativa tranquillità le parti finali dell'avventura, risultando molto gratificante dopo trenta ore di gioco, necessarie a completare la stragrande maggioranza dei compiti e a esplorare praticamente ogni luogo.

A ciò si aggiunge un'altissima rigiocabilità legata non solo all'evoluzione del protagonista, ma anche a tre differenti "percorsi" nell'affrontare la storia principale. Purtroppo Outward non è un gioco dalla trama elaborata e infatti le missioni principali sono permeate da un senso di ripetitività e ogni tanto si riscontrano dei "salti" narrativi con nemici che diventano amici solo perché si è incominciata un'attività. Tuttavia bisogna riconoscere a Nine Dots il tentativo abbastanza riuscito di creare un mondo con la propria storia e origini, fatto di personalità influenti, organizzazioni, regni e dei, e, soprattutto, la capacità di inserire il fallimento come parte integrante del gameplay.

In Outward si può sbagliare e subire le conseguenze delle proprie azioni, scegliere un alleato al posto di un altro, completare le missioni nel modo che preferiamo e bisogna fare attenzione al tempo che passa. Per evitare che il giocatore "bari" il gioco salva solo automaticamente e non possono essere ricaricati salvataggi precedenti: ogni passo e decisione non può essere modificato. Per quanto possa sembrare punitivo - e nelle fasi iniziali lo è - è una delle meccaniche che meglio caratterizza Outward. Ecco perché una volta terminata l'avventura si può subito incominciarne un'altra, affrontando sfide diverse con un approccio diametralmente opposto a quello di prima.

Un'ulteriore particolarità di Outward è che non si muore mai. Questo non vuol dire che siamo invincibili, infatti si può finire a terra privi di sensi per tanti motivi. Il primo è, ovviamente, la sconfitta in combattimento, ma anche la fame, la sete e il clima svolgono un ruolo cruciale in tutto ciò. Il lato survival è fortunatamente un'aggiunta che arricchisce le meccaniche del gioco e di conseguenza dobbiamo sempre portarci dietro razioni di cibo, acqua potabile da bere e indumenti più caldi o freschi a seconda dell'orario e del luogo in cui ci troviamo. Non si tratta di meccaniche invasive ma al contrario aggiungono uno strato di complessità alla partita.

In ogni caso, spesso le avversità hanno la meglio facendoci svenire. In quel lasso di tempo una schermata testuale ci spiega cosa è successo: a volte capita di risvegliarsi all'interno di un dungeon, feriti e senza forze, altre in un punto casuale della mappa, magari aiutati da qualche anima pia, oppure si ritorna nell'unico centro abitato della regione. È una soluzione insolita ma, ancora una volta, dà un proprio stile a Outward. Per fortuna, in queste occasioni non si perde nulla dell'equipaggiamento e dell'inventario che ci portiamo dietro.

Per viaggiare sicuri è quindi necessario portarsi dietro cibo, acqua e anche bevande, pozioni e perfino una tenda se si vuole avere tutto il necessario per affrontare ogni pericolo. Di tanto in tanto ci si può accampare posizionando il riparo e, facoltativamente, un fuoco su cui poggiare una pentola o un kit alchemico per dedicarsi al crafting più avanzato. Cucinando gli alimenti grezzi otteniamo dei piatti che rimpinzano di più e aggiungono bonus temporanei, oltre a far sì che il cibo vada a male più lentamente, mentre con l'alchimia prepariamo infusi che ci curano dal raffreddore o beveroni magici che migliorano determinate statistiche. Naturalmente, anche il semplice riposarsi ricarica vitalità ed energia riportandoli ai valori massimi, rendendo però la vita più complessa ai maghi, poiché, al contrario, il valore massimo del mana si riduce fino al 50% quando si dorme e aumenta quando si è svegli.

La magia merita appunto un analisi separata data la complessità che la contraddistingue. Molti poteri sono infatti inefficaci se prima non si prepara il campo di battaglia, generando sigilli magici che amplificano la forza degli attacchi. Per poterli posizionare è necessario avere particolari consumabili nell'inventario che devono essere preparati unendo più materiali grezzi. Da cosa nasce cosa e così, per essere sufficientemente forti in combattimento, bisogna prima imparare come utilizzare al meglio la magia. Ad esempio, alcuni gli incantesimi possono essere lanciati solo attivando nell'ordine giusto quattro magie che singolarmente non hanno alcun effetto. Sta al giocatore scoprire come funzionano memorizzare le combinazioni. Ciò vale anche per il combattimento corpo a corpo o per chi usa un arco: molte abilità necessitano che prima ne siano attivate altre o siano consumate particolari scorte.

Dobbiamo poi tener conto dell'ingombro dello zaino. Ogni oggetto ha un peso, anche le monete, e l'unico modo per gestirli è di trasportarli almeno in una sacca. Pian piano se ne possono ottenere o comprare di migliori ma in combattimento è necessario poggiarlo a terra se non vogliamo sopportare delle fastidiose penalità, soprattutto durante la schivata. Outward punta, a modo suo, al realismo - quando si consulta la mappa non c'è nemmeno l'indicatore che mostra la nostra posizione - e abbiamo apprezzato le soluzioni adottate dagli sviluppatori, ci sono però dei gravi difetti di cui tener conto nella valutazione complessiva.

Il comportamento dei nemici è davvero basilare e non adottano nessuna tattica che non sia il semplice inseguirci. Una volta capito ciò si può facilmente abusare di trappole e mine magiche per decimare gli avversari semplicemente restandogli lontano. Quelli che invece combattono dalla distanza danno un po' più di filo da torcere, perché si avvicinano di meno ma anche in questo caso, una volta capito il loro comportamento, basta girarci intorno per evitare facilmente di essere colpiti. Perlomeno, durante qualche boss fight si vedono in azione poteri particolari, tuttavia bastano degli ostacoli in linea d'aria e i nostri continui spostamenti per renderle relativamente facili affrontare.

Infine, a inficiare negativamente sulla qualità della produzione è il comparto tecnico. Outward gira senza scatti sulla nostra configurazione di prova, che supera senza problemi i requisiti consigliati, ma l'impatto estetico è comunque pessimo. Il motore di gioco Unity riesce a generare ombre, effetti di luce, riflessi e illuminazione credibili, però lo scarso dettaglio dei modelli tridimensionali e delle texture dell'ambiente portano a luoghi che appaiono vuoti e in cui gli elementi naturali e architettonici combaciano forzatamente. Inoltre, nonostante l'estensione delle quattro regioni non sia esageratamente vasta, ogni volta che entriamo o usciamo da un qualsiasi luogo dobbiamo sorbirci un caricamento.

Tuttavia il ciclo giorno e notte riesce in parte a risollevare il tutto nelle ore notturne, quando la nostra torcia o lanterna rischiara l'oscurità, mentre la qualità delle cittadine e definizione del vestiario che indossiamo è superiore al resto. Nulla da eccepire per quanto riguarda invece le animazioni, molto fluide, i suoni e le musiche, seppur in numero davvero ridotto e ripetute continuamente.

Considerazioni finali su Outward

Complessivamente, Outward se la cava egregiamente risultando un interessante gioco di ruolo e survival che fa di un gameplay complesso e stratificato il suo punto di forza. Tra l'altro offre anche un'"intima" modalità multigiocatore dove due persone con schermo condiviso o online possono partecipare alla stessa partita, ma non è presente un matchmaking per giocare con sconosciuti. Peccato soprattutto per la grafica sottotono e l'intelligenza artificiale molto ingenua ma, a parte queste debolezze, il gioco di Nine Dots, disponibile per PC, PlayStation 4 e Xbox One, è un'acquisto quasi obbligato per chi vuole vivere una vera avventura virtuale.

Se cercate un gioco di ruolo diverso dal solito, che proponga qualcosa di nuovo, allora Outward è quello che cercate ed è acquistabile per PC, PlayStation 4 e Xbox One.