Persona 3: Dancing in Moonlight e Persona 5: Dancing in Starlight Recensione

Persona 3: Dancing in Moonlight e Persona 5: Dancing in Starlight sono i due rhythm game ambientati nel mondo di Persona, utilizzando lo stesso cast che se prima ha dovuto combattere i demoni, adesso dovrà ballare a suon di musica.

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a cura di Mario Petillo

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Quando nel 2015 Kazuhisa Wada diresse la pubblicazione di Persona 4: Dancing All Night, un'esclusiva per PlayStation Vita arrivata anche in Europa appena pochi mesi dopo l'uscita giapponese, sapeva benissimo di andare a battere su una forte nicchia di videogiocatori, che da un lato si faceva forza del successo di Persona e dall'altro dell'incredibile fan base che accomuna tutti i giocatori dei rhythm game. Che immediatamente dopo sarebbero arrivate anche le versioni Dancing di Persona 3 e di Persona 5 non era del tutto scontato, ma, passato dal lato della produzione e lasciata la palla a Nobuyoshi Miwa per la direzione, Wada non ci aveva visto poi così male.

Mentre, quindi, Persona 4: Dancing All Night arriva adesso anche su PlayStation 4, tre anni dopo esatti la prima pubblicazione, Persona 3 Dancing in Moonlight e Persona 5 Dancing in Starlight arrivano per la prima volta sul mercato occidentale, dopo la release di maggio in Giappone: una pubblicazione che per quanto ci abbia colpito dritti nel cuore per averci dato la possibilità di tornare nei panni dei protagonisti di Shin Megami Tensei Persona 3, non è riuscita a farci gridare al miracolo dal punto di vista del gameplay. I due titoli vengono offerti sia separatamente (al costo di 60 euro circa) ma anche in un bundle completo, che si fa forza sia della fan base del titolo pubblicato nel 2006 che di quelli dell'ultimo capitolo della saga, arrivato nel 2017 in esclusiva PlayStation 4. Il bundle, ovviamente, propone due titoli che sono stati sviluppati in simbiosi, dal 2015 a oggi, e che come unica differenza hanno esclusivamente il cast di personaggi.

SEES, dove eri finita?

Fa indubbiamente strano pensare che la brigata SEES (Specialized Extracurricular Execution Squad) di Persona 3 sia nuovamente in pista. Proprio di pista si parla, perché diversamente dalle ultime scorribande nelle quali li avevamo lasciati, adesso la Velvet Room è pronta a riaccoglierli in sembianze di ballerini, agli ordini di Elisabetta. Non c'è un motivo specifico, non c'è una ragione secondo la quale  Yukari Takeba, Jumpei Iori, Mitsuru Kirijo, Akihiko Sanada e addirittura Aigis debbano ritrovarsi impegnati in una sfida di danza: è accaduto, e Persona 3: Dancing in Moonlight, così come Persona 5: Dancing in Starlight che pecca ancor di più nella storia, ci condurrà in questa esperienza pesantemente nipponica, per il solo gusto di farlo.

Fedele alla serie originale, Persona 3 Dancing in Moonlight si focalizza tantissimo sull'aspetto social dei personaggi: i dialoghi sono davvero tanti, come accade in qualsiasi altro titolo della saga, compreso l'ultimo acclamatissimo capitolo Persona 5. Per evitare, però, che i giocatori meno interessati ai COMMU si ritrovino in un vortice di parole che interrompe la febbre del sabato sera, Atlus ha deciso di inserire tali aspetti in una sezione dedicata, all'interno della quale dovremo entrare direttamente dal menù principale.

Ogni personaggio ha una serie di carte da sbloccare, con i requisiti che vi verranno regolarmente indicati, e ogni evento social vi porterà a conoscere qualcosa in più dei vostri personaggi, da Yukari che sogna di diventare la regina della disco dance fino al giovanissimo Ken Amada che si prodiga per la causa e per trovare una via di uscita dalla Velvet Room nella quale Elisabetta li ha segregati. Le discussioni, purtroppo, sono caratterizzati da una banalità disarmante rispetto ai discorsi che avvenivano nella serie principale di Persona: le tematiche forti trattate nei vari capitoli della saga firmata Atlus qui non possono trovare terreno fertile, dato che le scaramucce tra i vari personaggi si limiteranno a CD prestati e non restituiti o qual è il genere musicale preferito di uno dei membri del team. Insomma, informazioni di contorno che non vi spingeranno assolutamente a selezionare la voce social dal menù, per scoprire qualcosina in più su informazioni che risulteranno fini a se stesse.

Uno spettacolo visivo

C'è comunque da sottolineare che il lavoro svolto con le animazioni in 3D è davvero lodevole e siccome l'ultima volta che avevamo avuto contatti con i SEES risale a quasi dieci anni fa, fa assolutamente un effetto positivo rivedere tutti in queste condizioni smaglianti. Animazioni che si esaltano anche durante il vero cuore del gioco, ossia la modalità Dancing, l'unica a disposizione del gioco. La fluidità dei 60fps si nota completamente, confermando la bontà del motore Atlus, che già con Persona 5 aveva raggiunto altissimi livelli di gradevolezza stilistica, qui ampiamente riproposti. Il cel-shading inoltre fa dei veri e propri miracoli e consente l'accentuazione delle espressioni di ogni personaggio durante le loro esibizioni, che saranno davvero tante. La longevità, d'altronde, come in tutti i rhythm game che offrono diversi livelli di difficoltà e diverse personalizzazioni della sfida, è altissima e vi ritroverete a godere a pieno di un accompagnamento visivo davvero ben realizzato.

Veniamo, però, al gameplay: ci troviamo dinanzi a un rhtythm game molto classico, con dei comandi che appaiono a schermo e si muoveranno dal centro verso l'esterno, chiedendovi di premere i pulsanti appositi con il giusto tempismo. Dovrete usare sia i tasti direzionali che quelli azione, spesso anche contemporaneamente, tenendo presente che dovrete anche, a volte, districarvi tra un doppio tasto consecutivo o una pressione prolungata asincrona di tasti diversi. Oltre questo avrete la possibilità di incrementare il vostro punteggio sfruttando le levette analogiche: se indovinare con il giusto tempismo i tasti indicati a schermo sarà fondamentale per il vostro risultato e per le vostre combo, dare o meno un leggero colpo alle levette in occasione degli scratch e dei fever, cerchi quasi trasparenti che compariranno sovente a schermo, non influirà negativamente sull'andamento della vostra partita, ma solo positivamente. Inoltre avrete la possibilità di selezionare, dopo averli sbloccati, anche dei modificatori che aumenteranno il senso di sfida: potrete annullare l'invincibilità durante il Fever oppure rendere obbligatoria la pressione della levetta sinistra quando c'è lo scratch, così da gradualmente ottenere anche dei bonus nel punteggio finale.

La curva di apprendimento non è ripida, anzi: riuscirete a non accusare mai la difficoltà, pur partendo da un livello un po' più alto rispetto agli altri rhythm game. Qui, d'altronde, dovrete essere bravi a inanellare diversi pulsanti in sequenza, utilizzando entrambe le mani e tutte le dita a vostra disposizione: siamo più verso un Guitar Hero giocato col controller (follia!) che in direzione Taiko no Tatsujin o Final Fantasy Theatrhythm, che chiedevano una semplice pressione a schermo a tempo di ritmo.

Miss, Perfect, Fever!

Persona 3 Dancing in Moonlight, come anche Persona 5 Dancing in Starlight richiama molto di più i vecchi arcade che è possibile rintracciare in alcuni locali di Tokyo, nei quali veniva messo dinanzi al giocatore uno schermo con dei pulsanti posti a cerchio, da premere con tempismo al passaggio della nota musicale. L'aspetto che però maggiormente si presenta come un passo indietro rispetto a Persona 4 e alla sua versione rhythm game (pubblicata nel 2015 su PlayStation Vita e ora tornata su PlayStation 4) è il cambio della colonna sonora offerta. Persona 3 Dancing non fa altro che proporre le musiche del titolo originale, con dei mix più moderati, senza andare a scomodare artisti del panorama giapponese come Shinichi Osawa o Akira Yamaoka, che insieme con Daisuke Asakura si erano preoccupati di dare un po' di vivacità alla OST di Persona 4 Dancing All Night. Tra l'altro nella tracklist sarà possibile ritrovare più volte anche la iconica Burn my Dread, canzone che richiamerà fortemente i toni di Persona 3, oltre ad essere accompagnata anche da contenuti visivi che richiamano il gioco originale, ma che ripetuta più di una volta fa capire come l'intera offerta sembri più un riciclo che una vera innovazione.

Lo stesso problema sembra viverlo Persona 5, che nel gameplay ci propone le medesime meccaniche e che cambia soltanto la tracklist: 25 brani, due in meno rispetto a Persona 4, ai quali potremmo aggiungere dei DLC, nel caso in cui vogliate aumentare il costo del prodotto. Tutte le melodie sono riproposte come nel gioco, il che potrebbe comunque giovare a tutti quei giocatori che con l'ultimo capitolo della saga hanno trascorso le quasi cento ore necessarie per poter godere a pieno di un capolavoro che ha forse finalmente aperto le porte verso l'Occidente anche a Persona. Il dubbio è che l'assenza di un lavoro di remixaggio sia voluta per non offendere quella schiera di fan che ha apprezzato il titolo originale per quello che era e che quindi avrebbe polemizzato nei confronti di una deturpazione della colonna sonora: va da sé che ogni genere ha bisogno delle sue accortezze e in un rhythm game che pretende del ritmo e allo stesso tempo anche la possibilità di accompagnarsi con il battere del piede, qualche modifica è necessaria.