Qual è il ruolo dell’ambientazione nei videogiochi?

Riflettiamo insieme sul ruolo ricoperto dall'ambientazione nei videogiochi, da Super Mario Bros a Cyberpunk 2077.

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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Da un certo punto di vista non è un azzardo affermare come oggi, nel 2018, stiamo vivendo una sorta di epoca d’oro dei videogiochi. Il costante avanzamento tecnologico affiancato ad un progressivo aumento degli investimenti in un settore sempre più ampio sta portando il tutto a salire, gradino dopo gradino, ancora e ancora più in alto.

L’obiettivo di questi ultimi anni è stato, ed è tutt’ora, quello di coniugare quantità e qualità: offrire all’utenza un numero molto alto di prodotti senza rinunciare, nei limiti del possibile, ad un’elevata qualità di fondo. Ognuno insomma ha la possibilità di trovare il gioco più adatto alle sue esigenze, sempre e comunque. Nel far fronte a tali obiettivi, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto qualitativo del prodotto, si è ritagliato uno spazio sempre più importante un elemento troppo spesso sottovalutato: il comparto artistico. Musica, suoni e persino la più banale delle sequenze filmate possono divenire arte se inserite nel contesto adatto al momento adatto. Oggi però vogliamo concentrarci su un aspetto particolare che, sin dagli albori del videogioco come prodotto destinato ad un pubblico di massa, gode di indubbia rilevanza in tal senso: l’ambientazione.

Quante volte vi sarà capitato, durante una sessione di gioco, di soffermarvi qualche secondo o anche di più su ciò che si trova intorno a voi? Ecco quella è a tutti gli effetti arte, nella sua concezione più pura. In questo articolo vogliamo dunque riflettere su quanto una location ben curata contribuisca a dare ad un titolo un’ulteriore spinta qualitativa, e lo faremo analizzando alcuni degli esempi più emblematici presenti nella storia del gaming. Ma non perdiamoci in altre chiacchiere e passiamo direttamente al dunque, tornando indietro di più di trent’anni…

Questione di... Colore!

Siamo nel 1985 e Shigeru Miyamoto, uno dei designer di punta di Nintendo, dà vita al primo Super Mario Bros: un capolavoro che, oggi come allora, non ha certo bisogno di presentazioni. Un’icona del gaming che ancora oggi riesce a strabiliare per la grande cura dei dettagli e per aver inevitabilmente segnato, con tutte le sue caratteristiche, il genere platform. Uno degli elementi che hanno reso il titolo una leggenda è, se ci pensate, proprio l’ambientazione scelta e realizzata alla perfezione: la fantastica Isola dei Funghi.

Un luogo questo che colpisce, sin dal primissimo livello, innanzitutto per un fattore che può sembrare banale come il colore. Banale è però l’aggettivo più sbagliato perché, al contrario, ogni pixel dell’opera in questione è studiato per essere chiaro e soprattutto immediato. Come possiamo notare nell’immagine che segue, ogni singolo elemento è disposto e rappresentato secondo una logica ben definita e pone chi gioca di fronte alla chiara definizione di ciò che andrà a fare, senza però per questo rinunciare ad una composizione di forme e colori quantomai accattivanti.

Una direzione di questo genere è ciò che ha dato quel qualcosa in più anche ai seguenti capitoli delle avventure dell’idraulico più famoso al mondo, basti pensare a Super Mario 64: titolo che segna il passaggio del nostro eroe alle tre dimensioni e che punta dunque su un’ambientazione costruita di conseguenza. Qui ci troviamo di fronte, se possibile, ad un livello di coinvolgimento ancora maggiore dettato dall’avvento della profondità e dal più marcato impegno nel costruire un mondo di gioco di tale portata. Odyssey è soltanto l’ultimo esempio di una saga che, da sempre, coniuga alla perfezione arte e divertimento: chapeau, Nintendo!

Rimanendo sul genere platform è doveroso citare in un articolo del genere un personaggio come Rayman, ideato da Michel Ancel nel lontano 1995. Anche qui tutti i titoli della serie seguono canoni artistici di tutto rispetto ma il punto più alto si è raggiunto con l’ultima produzione in ordine temporale: Rayman Legends, uscito nel 2013 e riconosciuto sin da subito come uno dei migliori titoli del genere sulla piazza. Legends è il secondo capitolo, dopo Rayman Origins, a tornare al 2D che tanto era piaciuto nel primissimo episodio della saga: il risultato è eccezionale. Il gioco fonde alla perfezione comparto sonoro e artistico per creare un’esperienza che tutti, indipendentemente dalle varie preferenze in ambito videoludico, dovrebbero vivere almeno una volta. Tra deserti, fondali marini e mondi fatti interamente di scatolette di cibo – come potete ammirare nell’immagine seguente – il gioco rappresenta una vera e propria eccellenza in campo artistico.

Peculiare nella cura degli ambienti è anche qui il colore: scelto in ogni livello per evocare, con enorme successo, i caratteri del mondo stesso. Colori caldi e colori freddi, insomma, si presenteranno in tutte le loro sfumature per portarci direttamente all’interno dell’arcobaleno che è Rayman Legends. Come in molte altre opere, specialmente degli ultimi anni, è disponibile una modalità foto che vi consentirà di prendervi qualche secondo di pausa dalla frenetica azione di gioco per ammirare l’ottimo lavoro svolto da Ubisoft con questo platform davvero, davvero imperdibile.

Una menzione d’onore va fatta anche ai livelli musicali dove, nonostante sia comprensibilmente il comparto sonoro a farla da padrone, l’ambientazione ricoprirà un ruolo se possibile ancora più importante rispetto al resto del gioco. Essa sarà infatti componente attiva nelle azioni del nostro protagonista di turno, adattandosi alla musica con il dinamismo e il senso del ritmo che potete ammirare nel filmato di seguito.

Passiamo ora al genere horror, che negli ultimi anni sta vivendo una sorta di seconda giovinezza dopo il notevole exploit degli anni ’90. Proprio da qui vogliamo partire, citando tre saghe che hanno definito il genere: Alone in the Dark, Silent Hill e Resident Evil. Contesti differenti per ambientazioni differenti ma in grado, sempre e comunque, di evocare quel senso di angoscia e paura costruito anche e soprattutto grazie al lento scorrere degli eventi.

Mentre Resident Evil (specie nel primo capitolo) risulta un’esperienza claustrofobica capace di mettere alle strette il giocatore in qualunque momento, Silent Hill alterna situazioni del genere all’esplorazione di ampi spazi aperti caratterizzati dalla costante presenza della nebbia. Aggiunta inizialmente per depotenziare il gioco troppo avanzato per la prima PlayStation, la nebbia diventerà uno dei simboli della serie e accompagnerà il protagonista di turno nei più intimi viaggi all’interno dell’animo umano. L’obiettivo di un titolo del genere è quello di sconfortare il giocatore, e con strumenti come questo lo scopo è pienamente raggiunto.

Il futuro secondo i videogames.

Cambiando completamente genere proviamo a pensare alle varie concezioni di mondo post-apocalittico presenti nel mondo dei videogiochi: Fallout, Elex, The Walking Dead… Tutti questi titoli meriterebbero un approfondimento singolo in quanto ognuno ha le sue peculiarità, condividendo però con tutti gli altri la capacità di immergere completamente il giocatore in un universo completamente sconvolto: il lavoro fatto da Naughty Dog con The Last of Us, funziona a dovere come esempio.

In un mondo dove l’umanità è stata messa in ginocchio da un virus che trasforma gli uomini in creature di ben altra entità, tutte le zone che un tempo erano culla della civiltà sono inevitabilmente devastate da quella che è la nuova, cruda realtà. Un contesto del genere necessita assolutamente di una minuziosa cura dei dettagli che il gioco possiede eccome: pensiamo ai tanti edifici abbandonati sparsi all’interno del mondo di gioco, e a come dentro ad ognuno di essi sia possibile rinvenire manufatti o documenti risalenti a prima dello scoppio dell’epidemia.

A questo va aggiunta una scelta sempre azzeccata del tempo atmosferico. Già, nei videogiochi come nel cinema un elemento così apparentemente secondario risulta invece fondamentale nel costruire l’atmosfera che un determinato ambiente deve evocare. Stesso discorso per i vari giochi di ombre e illuminazione, ne è esempio una delle scene più famose dell’intera avventura: l’incontro con la giraffa. Nonostante il mondo sia completamente a pezzi, fa qui la sua comparsa un barlume di vita e di speranza, accompagnato dalla magistrale scelta di presentare la scena – non a caso – sotto un cielo soleggiato. Il risultato finale, lo sappiamo tutti, è da rimanere a bocca aperta: l'ambientazione è qui funzionale alla narrazione.

Concludiamo rimanendo su ambientazioni futuristiche ma di tutt’altro genere, orientate dunque verso il sempreverde filone cyberpunk. La serie Deus Ex è uno degli esempi migliori di come sia possibile costruire un universo del genere anche nel mondo dei videogiochi: un’impresa non da poco, considerando la complessità che caratterizza tali opere.

Un esperimento molto ambizioso, riuscito però a metà, lo fece David Cage a inizio millennio con Omikron: The Nomad Soul, dove si potevano esplorare intere città in uno dei primi esempi di open world futuristici della storia. Ambientazioni del genere, va detto, richiedono probabilmente ancor più fantasia rispetto a canoni più “classici”, ed è infatti quando il risultato finale è eccellente che si riesce a far breccia nel giocatore. Cyberpunk 2077, per capirci, non è ancora uscito ma ha già fatto vedere in lungo e in largo quel che ci aspetta: un’intera civiltà che vive, respira e si muove in un mondo mai visto prima nel mondo dei videogiochi. Far vivere il giocatore all’interno di un universo del genere alza, se possibile, ancora di più l’asticella in tal senso: l’immersione raggiungerà livelli sempre più elevati.

La scelta e la cura della location, insomma, ricopre un ruolo fondamentale all’interno di un’esperienza complessa e sfaccettata come quella videoludica. Può essere efficace sia per coinvolgere che per sconvolgere, facendo leva sulle emozioni di chi gioca attraverso tanti, tantissimi particolari. L’ambientazione dunque costituisce una fetta enorme del prodotto complessivo, ricoprendo un ruolo capace di portarlo ad un livello ancora e sempre superiore.

Vi lasciamo invitandovi a dirci la vostra e a citare, scavando nei vostri ricordi da videogiocatori, le ambientazioni che più vi hanno impressionato nella storia del gaming.

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