Una gran rottura di pad

Recensione di Gravity Rush 2, il secondo capitolo dell'action-adventure a basi di campi gravitazionali e metropoli sospese nell'aria nato su PS Vita.

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a cura di Jacopo Retrosi

Pad alla mano, chi ha già giocato al primo capitolo, specie se parliamo del remaster uscito su PS4 qualche anno fa, si sentirà subito a casa: i controlli e i tempi di risposta di Kat sono rimasti pressoché invariati, con tutti i pro e - purtroppo - i contro del caso.

Alterare la gravità a comando per svolazzare in giro o scivolare a velocità supersonica tra la folla è uno spasso e bastano pochi minuti di pratica per prendere confidenza; i problemi sorgono quando al giocatore è richiesto un pizzico di precisione in più.

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L'assenza di un agganciamento automatico e la dannata telecamera ballerina rendono i combattimenti e le manovre in spazi angusti frustranti e macchinosi, e la situazione si aggrava ulteriormente in presenza di bersagli mobili. Anche le collisioni avrebbero bisogno di un paio di ritocchi.

Intendiamoci, Gravity Rush 2 ha un potenziale immenso e quando tutto fila per il verso giusto ci si diverte parecchio, ciononostante presenta una falla di design macroscopica che gli sviluppatori continuano a ignorare: il battle system non funziona, sebbene l'intera esperienza ruoti - o dovremmo dire graviti - proprio intorno a quest'ultimo. Aggiungere ulteriori dinamiche e varianti sul tema non lo aiuta a riscattarsi e anzi non fa altro che evidenziare quanto appena lamentato.

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Prendiamo, per esempio, gli stili gravitazionali lunare e gioviano, le principali introduzioni di questo capitolo nonché un'ottima trovata per espandere in maniera coerente la formula di gioco. Perché limitarsi a manipolare la direzione della forza gravitazionale quando si può agire anche sulla sua intensità?

Lo stile lunare consente di compiere salti chilometrici, teletrasportarsi sulle brevi distanze e di cadere lentamente come una foglia, mentre quello gioviano aggiunge qualche quintale sulla bilancia di Kat, rallentandone i movimenti ma incrementandone la potenza distruttiva degli attacchi. Un'idea semplice, funzionale e con un sacco di possibili applicazioni. Cos'altro desiderare?

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Che il team di sviluppo si fosse ricordato un po' più spesso della loro esistenza. Attivare i due power-up durante l'esplorazione è come spararsi sui piedi, non servono assolutamente a nulla - cattive intenzioni a parte - non ci sono enigmi o sezioni che richiedano il loro utilizzo mirato e persino contro Nevi, mech, scagnozzi e cattivi di turno si preferisce abusare del campo di stasi, più comodo, efficace e soprattutto affidabile. Il risultato? A meno non sia lo stesso gioco a forzarci la mano, gran parte delle feature di Gravity Rush 2 restano nell'ombra.

Questo ci porta a introdurre un altro grande difetto della produzione SIE Japan Studio: la scarsa armonia tra i vari elementi di gioco. Come nel suo predecessore, l'infrastruttura di Gravity Rush 2 è frammentata in missioni, suddivise in principali, secondarie e sfide.

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Ogni missione è incentrata su una particolare abilità di Kat e non esiterà a ricordarvelo, pena game over istantaneo. Esse durano moltissimo, obbligando il giocatore a sottostare per lunghi periodi di tempo alle condizioni imposte dall'obiettivo, spesso alquanto irritanti.

Che si tratti di raccogliere informazioni senza uno straccio di pista, completare dozzine di brevi prove a tempo, talvolta privati di uno o più poteri, affrontare improbabili puzzle prospettici o infiltrarsi tra le fila nemiche in assetto stealth - pratica vergognosa per la cronaca - Gravity Rush 2 di rado riesce a far sfoggio di tutte le sue peculiarità spontaneamente, reiterando a oltranza le stesse idee in modo tedioso e inutilmente artificioso. Persino le boss fight si trascinano per interminabili minuti, propinando barre vita inestinguibili e un paio di pattern di attacco ripetuti sino alla nausea.

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Non c'è libertà di azione, non si viene incentivati a sfruttare le doti di Kat e a cercare nuove soluzioni alternative. Possiamo andare dove ci pare manipolando la gravità eppure gli script puntualmente ci tarpano le ali, una contraddizione che non aiuta Gravity Rush 2 a lasciare una buona impressione di sé.

A essere onesti alle 20-25 ore di repertorio avremmo preferito un'avventura più breve ma gestita con maggior sapienza. Un po' come il primo capitolo a ben pensarci.