Non sono tutte rose e fiori

Recensione di Metal Gear Solid 5: Phantom Pain, l'ultima avventura stealth partorita dalla geniale mente di Hideo Kojima.

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a cura di Tom's Hardware

Non sono tutte rose e fiori

Una volta superata abbondantemente la prima metà del gioco dovrete confrontarvi con missioni identiche a quelle completate, con regole che le rendono più difficili. In modalità Full Stealth la missione s'interrompe se si viene scoperti, mentre in Subsistance bisogna recuperare tutto l'equipaggiamento sul campo di battaglia, senza modalità riflessi, spalla, supporto aereo e l'esilarante cappello da pollo, che vi permette di farvi scoprire senza conseguenze (tranne la pubblica gogna dei vostri amici) per tre volte. Infine, in modalità Extreme la difficoltà sarà ancora più alta; fortunatamente avrete tutte le armi a disposizione dall'inizio ma dovrete fare i conti con tutte le altre limitazioni della modalità Subsistance.

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Quest'idea degli sviluppatori non ci è piaciuta particolarmente e ci è sembrato uno stratagemma per costringerci a potenziare il proprio eroe e la propria base. Tutto questo sarebbe stato accettabile se fosse stato un extra. Il "problema" è che per vedere il vero finale del gioco dovrete completare diverse missioni già giocate, ottenendo il livello S, il massimo raggiungibile. Capirete anche voi che rifare la stessa missione più e più volte, col rischio di doverla ripetere soltanto per un avvistamento, non è divertente, è soltanto frustrante. Il consiglio che vi possiamo dare è di semplificarvi la vita completando missioni secondarie e potenziando la vostra base man mano che proseguite nella storia.

A proposito di storia, non possiamo fare a meno di notare che la narrazione, per quanto di ottimo livello, si perde nella marea di contenuti secondari offerti dal gioco, per poi comparire saltuariamente nei momenti più importanti. Un difetto condiviso da molti giochi sandbox e open world.

Per non farvi perdere la bussola gli sviluppatori hanno deciso di usare un sistema di podcast che propone vari dialoghi tra i personaggi e informazioni aggiuntive. L'ascolto di questi podcast non solo è consigliabile per capire fino in fondo gli eventi del gioco, ma è anche indispensabile per accedere al vero finale. In parole povere: una trollata in vero e proprio stile Kojima.

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Per questi motivi non ci sentiamo di premiare a pieni voti il comparto narrativo di Phantom Pain. Il finale, inoltre, ci ha lasciato un po' di amaro in bocca, anche se è doveroso ammettere che si tratta di una sensazione soggettiva, e che purtroppo dovrete giudicare da soli, a meno che non decidiate di rovinarvi la sorpresa andando a leggere i numerosi articoli e post sui forum che in questi giorni si sono moltiplicati come funghi su questo argomento.

Detto questo sarebbe da sciocchi sminuire la qualità del lavoro di Hideo Kojima: i fan della saga resteranno semplicemente estasiati dai colpi di genio dello sviluppatore giapponese, e anche chi si avvicina per la prima volta alla saga non potrà fare a meno di apprezzare le numerose citazioni letterarie e cinematografiche.