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a cura di Jacopo Retrosi

Scribblenauts: Showdown

 

Shiver ci insegna come affondare una saga con uno spin-off (si spera lo sia) di dubbio gusto. Povero Maxwell, non se lo proprio meritava.

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CONTRO: Come party game sfigurerebbe persino al confronto con il primo Mario Party per Nintendo 64; Si riallaccia di rado ai precedenti capitoli e in quelle occasioni è pure sottotono; Il 90% dei minigiochi è da buttare (e siamo generosi).

VERDETTO: Se avete un solo pad in giro per casa questa è una scusa perfetta per far finta che Scribblenauts: Showdown non esista, in caso contrario avete sicuramente titoli più divertenti e idonei a una partita in allegria sullo stesso divano. Il mercato dei party game è in declino, ciononostante non giustifica l'uscita di prodotto scadente, scarno di idee, incapace di replicare il successo dei suoi avi. Ridateci 5th Cell!

Dopo la cancellazione di Scribblenauts: Fighting Words, il taccuino magico di Maxwell è passato in mano a Shiver, che per l'occasione ha deciso di abbandonare la filosofia puzzle-platform tipica del brand per darsi alle festicciole tra amici e parenti.

Il risultato, Scribblenauts: Showdown, è un party game senza vigore, una pallida ombra della brillante saga nata su DS nel 2009 e in seguito sbarcata praticamente ovunque, sfoggiando una formula di gioco tanto originale quanto creativa, espansa e migliorata ad ogni nuova iterazione... fino ad oggi (a dire il vero neanche Unmasked aveva innovato molto, ma al tempo apprezzammo l'idea di un crossover con i beniamini della DC).

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Di Scribblenauts in Showdown resta ben poco, se non il buffo cast e un vocabolario immenso, da sfoderare all'occorrenza per salvare dall'oblio una produzione povera di idee e leggera di contenuti. Non è certo il migliore dei modi per salutare il debutto della serie sulle console di ultima generazione.

Come funziona(va) Scribblenauts? Ai comandi del protagonista Maxwell oppure uno dei suoi improbabili parenti, il giocatore è in grado di creare dal nulla e senza restrizioni (spazio a parte) quello che gli pare scribacchiando sul suo taccuino virtuale, vuoi per risolvere enigmi, combattere, esplorare o per puro diletto. Il repertorio del brand oggi annovera qualcosa come 35.000 vocaboli e centinaia di aggettivi per un ulteriore stratificazione (in pratica, qualunque cosa vi venga in mente - o quasi - qui c'è, sempre che non sia protetta da copyright). E come ha ben pensato Shiver di sfruttare questa generosa eredità? Semplice: non l'ha fatto.

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Scribblenauts: Showdown è un party game a base di minigiochi lampo e giochi di società in stile Mario Party, a cui possono prendere parte da 2 a 4 giocatori (o da soli contro la CPU in mancanza di alternative). Le prove in distinguono in due categorie: "Parole", in cui è richiesto armeggiare con il taccuino per realizzare uno strumento con cui darsi man forte rispettando il tema della sfida (nulla vieta di proporre scemenze, ma vincere sarà più complicato) e "Velocità", più tradizionali e incentrati sull'abuso degli analogici e dei sensori di movimento del pad - avevo dimenticato che il DualShock ne fosse provvisto.

I minigiochi sono pochi (una ventina in tutto) e per la maggior parte noiosi e tut'altro che ispirati, in particolar modo i Velocità; idee spartane, controlli approssimativi, niente opzioni, record o varianti sul tema, match che possono durare secondi o interminabili minuti, interazione pari a zero, non riusciamo seriamente a trovare una qualità in grado di riscattarli. Immaginate di organizzare una festa ignorante con gli amici e a un certo punto tirare fuori Monopoli. Le reazioni sono più o meno le stesse che si provano giocando Showdown: gli sbadigli partono già durante la prima partita e anche solo pensare di avviarne un'altra richiede uno sforzo mentale considerevole.

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In soccorso dei minigiochi arriva la modalità Showdown (o "Resa dei conti" nella lingua del Bel Paese), che rinforza il pacchetto integrandolo all'interno di un tabellone in stile gioco dell'oca. A turno, i partecipanti giocano una carta, il cui contenuto deciderà la sfida e il premio in palio, vuoi avanzare tot spazi, far retrocedere gli altri, pescare o rubare altre carte. L'idea poteva funzionare, tuttavia con un solo tabellone e nessuna dinamica di contorno a ravvivare l'esperienza (fattori che obbligano a far leva sui pessimi minigiochi) il tutto viene presto a noia

L'ultimo baluardo, la modalità Sandbox, è un triste monumento ai bei tempi andati e guarda caso il passatempo più piacevole del titolo Shiver, pur con i suoi limiti: 8 (minuscole) aree tematiche in cui sbizzarrirsi con la fantasia oppure risolvere le (banali) richieste degli NPC, magari in compagnia di un amico; siamo ben al di sotto degli standard di Unlimited, ma almeno si ha l'impressione di giocare a Scribblenauts, anche se un po' alla lontana.

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Ogni attività assicura Starite, da investire per acquistare vocaboli esclusivi per il taccuino, accessori e veicoli per il proprio alter ego virtuale. Acquisire tutti gingilli può essere uno stimolo sufficiente per un paio di sessioni extra, ma non aspettatevi di durare a lungo (noi ci siamo stancati nel giro di 3-4 ore, forse meno).

I più giovani ne apprezzerrano sicuramente l'accessibilità, lo stile colorato e il divertimento fine a sé stesso scaturito dalla modalità Sandbox, tuttavia se avete un po' di sale in zucca e conservate ricordi felici del brand, fatevi un favore e guardate oltre: Showdown è un party game mediocre che attinge con il contagocce (e pure male) a una licenza dal grande potenziale. Speriamo solo che ciò non sancisca la fine di Maxwell e delle sue avventure.


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