Recensione The Lost Child, un altro dungeon in cui perdersi

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a cura di Jacopo Retrosi

The Lost Child

TLC cover

Sviluppatore: Kadokawa Games

Editore: NIS America

Data di uscita: 22 giugno 2018

Provato su: PS4

Disponibile su:  ps4psvswitch
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The Lost Child è un dungeon crawler in prima persona uscito qualche tempo fa su Nintendo Switch, PlayStation 4 e PlayStation Vita. Sulla carta i richiami a un certo Shin Megami Tensei si sprecano, ma il titolo Kadokawa Games ci mette del suo proponendo dinamiche che tanto ricordano i mostriciattoli tascabili di Game Freak. Sarà questa la risposta di Nippon Ichi Software alla celebre saga Atlus?

Contravvenendo a una delle regole d'oro del genere, il protagonista di The Lost Child non è il classico adolescente anonimo affetto da amnesia, ma di uno studente universitario (tale Hayato) con tanto di lavoro come reporter per una rivista dell'occulto. Una bella boccata d'aria fresca, tuttavia il ragazzo non mostra un briciolo di personalità o carisma, e il suo contributo alla vicenda è pressoché inesistente, quindi tutto sommato non fa poi molta differenza. Ogni tanto farà capolino qualche dialogo a risposta multipla, ma nessuna delle opzioni proposte avrà ripercussioni tangibili sulla storia, tanto meno sull'andamento della conversazione in corso.

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Seppur lineare, e a tratti verbosa, la trama vanta in compenso un paio di idee interessanti, ma il passare delle ore rivela uno sviluppo un tantino lasciato al caso, ricco di tematiche potenzialmente valide che non vengono sviscerate a fondo. In pratica un bel giorno, durante una delle sue indagini, Hayato si ritrova per le mani una strana valigia consegnatagli da un sedicente angelo. Al suo interno si trova una sorta di pistola mistica, la Gangour, in grado di imprigionare e comandare gli essere sovrannaturali, chiamati Astral, sconfitti dai suoi colpi. Additato come "prescelto", dovrà fare svelare le cause dei fenomeni paranormali che stanno prendendo piede in tutto il Giappone, ripulendo enormi ed intricati complessi di gallerie sotterranei popolati da demoni, angeli ed angeli caduti, sconfiggendo nel mentre gli Dei Antichi (sì, Cthulhu e soci, proprio loro) che minacciano di distruggere l'umanità.

Non mancherano colpi di scena a più riprese, ma sono talmente citofonati che si perde interesse in fretta. Se non altro abbiamo apprezzato il design e le atmosfere puttosto mature rispetto alla norma, tolta giusto la co-protagonista, che pare aver preso in prestito il vestito di carnevale della cuginetta di 6 anni. Se inoltre avete giocato El Shaddai: Ascension of the Metatron (ad opera dello stesso team), vi interesserà sapere che il titolo prende piede nel medesimo universo di The Lost Child, che non si fa problemi a citarlo in più di un'occasione (lo stesso protagonista dell'esclusiva PS3, Enoch, può essere reclutato come membro del party).

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Pad alla mano, l'esperienza che si para innanzi al giocatore ripercorre i binari tracciati da questo apparentemente immortale filone di JRPG: enormi labirinti da perlustrare in lungo e in largo, scanditi da frequenti scontri casuali e sporadici enigmi in cerca delle scale per il piano successivo. Le aree sono immense e assai ingargbugliate, tuttavia rispetto ad un Etrian Odyssey o ad uno Shin Megami Tensei a caso l'esplorazione risulta particolarmente agevole, merito di animazioni snelle e di una dose modesta di passaggi obbligati e trabocchetti, che consentono di schizzare da un capo e l'altro in tempi molto brevi, specie se si ha l'accortezza di sbloccare le comode scorciatoie nascoste in giro (e soprattutto se la fauna locale evita di farsi viva ogni 10 passi). La mappa poi può essere richiamata in tempo reale in qualunque momento, e si completa pure da sola: pareti, trappole, aree inaccessibili, punti d'interesse e quant'altro. 

Una manna dal cielo se non siete ferrati con i dungeon crawler oppure ad attirarvi al genere non è la sua componente "logistica", ma forse gli sviluppatori hanno reso il tutto un po' troppo accessibile. I dungeon infatti sono tanto grandi quanto piatti, e bilanciano la loro penuria di meccaniche e rompicapo con lunghe scarpinate a caccia dell'ennesimo interruttore; si cammina tanto, ma il più delle volte si conclude ben poco, e la carenza di mordente si fa sentire sulle lunghe, complice un look dei labirinti altrettanto monotono.

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Sulla stessa falsariga, il sistema di combattimento a turni funziona, tuttavia lo avremmo preferito un po' meno abbozzato. La sua caratteristica principale è sicuramente la possibilità di "catturare" gli Astral con la Gangour, che come una Poké Ball va utilizzata sui nemici indeboliti per abbatterli ed acquisire il diritto di evocarli in battaglia. Oltre ad Hayato e all'angelo Lua nei ruoli di condottiero e mago/curatore, la squadra titolare può ospitare fino a 7 Astral, tre in prima linea, i restanti in panchina; non c'è limite a quando e come sostituire i membri attivi durante gli scontri (in pratica possiamo riarrangiare l'intera formazione senza neanche consumare un turno), e l'esperienza (o karma in questo caso) guadagnata non viene assegnata automaticamente ai partecipanti, bensì viene messa da parte, lasciando al giocatore la libertà di distribuirla come preferisce.

Gli Astral sono identificati da un'affinità elementale (fuoco, acqua, legno...) e una "tier", che ne determina il potenziale di crescita, inoltre sono in grado di evolvere una volta raggiunto un certo livello, cambiando prima colorazione e poi forma, passando così ad uno stadio "adulto". A differenza dei due protagonisti non possono equipaggiare nulla, ma compensano con la capacità di ottenere nuove abilità direttamente sul campo; è un processo casuale tanto nell'esecuzione quanto nel risultato (non c'è modo di sapere quando e cosa imparerà un Astral), ma con un po' di pazienza è possibile approntare un team con dozzine di skill più o meno utili.

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Detto questo, al pacchetto manca bilanciamento: la quantità di punti esperienza elargiti è a dir poco esagerata e porta ad avere un party inarrestabile sin dalle primissime battute. L'IA non è in grado di opporre resistenza, boss compresi, e finisce puntualmente al tappeto in un paio di turni, sganciando ulteriore esperienza che renderà il massacro successivo ancora più facile. Niente strategie diverse dalla solita "picchiali a più non posso, curati se serve", e le interazioni tra i vari attributi degli Astral sono ridotte all'osso (nulla a che vedere con la tabella dei tipi di Pokémon); il gioco si finisce quasi da solo e non penalizza minimamente il giocatore per i suoi errori. Basta investire un po' di karma per vanificare qualunque morte, il portafogli è sempre pieno, armi ed armature rare piovono da ogni dove e la Gangour può abbattere chiunque in un colpo o due, anche da scarica. Beh, se non altro non è necessario grindare.

Alzando il livello di difficoltà ed assegnando con moderazione le centinaia di migliaia di unità di karma racimolate si riesce vagamente a trovare un briciolo di equilibrio, ma ciò significa che spetta al giocatore inventarsi delle sfide per divertirsi un po' (in stile "Nuzlocke Challenge", giusto per restare in tema); nel nostro caso però la ricerca degli Astral per completare il "Pokédex" si è rivelato uno stimolo tutto sommato sufficiente a proseguire, seppur tra uno sbadiglio e l'altro.

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Mediocre la presentazione dei dungeon, che rivelano le modeste origini per Vita, molto meglio gli artwork: i demoni vantano un'anatomia bizzarra, in linea con la loro natura caotica, ricca di colori, zanne, tentacoli ed appendici spesso estranee al corpo principale, molto azzeccata e curiosa da osservare; gli angeli caduti propendono invece per geometrie squadrate, molto futuristiche, quasi a ricordare dei mech in chiave fantasy, tra neon, lame e cannoni montati qua e là; più tradizionali gli angeli, che complementano il loro bel paio di ali marmoree con armature scintillanti e vesti morbide, esagerando forse un pochino con le scollature (è pur sempre un JRPG).

D'atmosfera la colonna sonora, che conferisce alle location un'aura lugubre e desolata, proprio quello che ci aspetteremmo da un labirinto sperduto nelle profondità della terra e popolato da mostri di ogni genere, ma si perde durante i combattimenti con motivetti che faticano a catturare l'attenzione del giocatore; assordanti e cacofonici gli effetti sonori, durante la prova li avremmo mutati volentieri. Buono il doppiaggio giapponese, altalenante l'adattamento (alcune voci non si possono sentire).

The Lost ChildPS4

PROIl design dei dungeon è accessibile e la loro navigazione scorrevole; Catturare e allenare gli Astral ha il suo perché, e il numero di specie a disposizione non è neanche malaccio; Belli gli artwork.

CONTROGenerico, tanto nella presentazione quanto nelle meccaniche; Livello di difficoltà bassino e sistema di combattimento poco approfondito; In generale, manca di spessore.

VERDETTOUn JRPG sui generis ideale per i neofiti, impreziosito da un'idea di fondo intrigante, in grado di compensare (in parte) le lacune di una formula di gioco funzionale ma poco avvincente, ritmi di gioco blandi e un tasso di sfida al ribasso. Piacevole per trascorrere alcune ore grindando e "acchiappando" esseri sovrannaturali pescati a caso dalla mitologia internazionale a mo di Pokémon, ma non aspettatevi un'esperienza paragonabile ai mostri sacri del genere, a cui The Lost Child si ispira senza osare troppo. Di contorno.

6,6

Tom's Consiglia

Trovate The Lost Child nelle versione Nintendo Switch e PlayStation 4 su Amazon. La versione PlayStation Vita è invece disponibile solo in formato digitale sul PSN.