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Serial Cleaners | Recensione

Ecco la nostra recensione di Serial Cleaners, il nuovo videogioco sviluppato da Drew Distance e pubblicato da 505 Games

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Avatar di Nicholas Mercurio

a cura di Nicholas Mercurio

Pubblicato il 21/09/2022 alle 17:00
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  • Pro
    • Una storia intensa e profonda, con ben quattro diramazioni narrative da scoprire
    • Un gameplay forte e particolareggiato, ma...
    • Artwork e resa estetica da sogno, con musiche memorabili e intense
  • Contro
    • Qualche inciampo tecnico, ma niente che non si possa sistemare
    • ... L'intelligenza artificiale è davvero troppo semplice e non dà risalto in maniera adeguata alle meccaniche stealth
    • Manca un selettore di difficoltà

Il verdetto di Tom's Hardware

7.8

Serieal Cleaners, in definitiva, è una produzione indipendente ispirata. Forte di una trama coinvolgente e convincente, offre delle diramazioni narrative che ammiccano al noir, un genere non sempre trattato in maniera attenta e rispettosa. Le storie dei quattro protagonisti sono intense e particolareggiate, anche se non molto originali. Il gameplay amplia ciò che è stato fatto in passato con il predecessore, ma l'intelligenza artificiale non è stata implementata a dovere.


Informazioni sul prodotto

Immagine di Serial Cleaners - PC

Serial Cleaners - PC

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Sviluppato da Draw Distance e pubblicato da 505 Games, Serial Cleaners è il prosieguo di Serial Cleaner (senza la S finale, esatto), pubblicato nel lontano 2017, quando ancora i videogiochi indipendenti non erano decantati come oggi. Era un periodo di nuovo inizi, stimoli e innovazione, di gameplay fuori di testa e produzioni intimiste, come ce ne sono state anche quest’anno.

Serial Cleaner, al contrario, ci faceva vestire i panni del Ripulitore, una figura misteriosa ammantata di gloria che, a detta di molti, puliva via il sangue con un’aspirapolvere, nascondeva le prove e sistemava qualunque cosa avesse attorno prima che arrivasse la polizia. In realtà accadeva anche quando era presente, e ovviamente succedeva di tutto: non si fermava mai; c’era sempre del lavoro da concludere, con prove da nascondere, buttare nel fuoco, scappando via e non voltandosi indietro.

Era la perfetta miscela tra un gestionale vecchio stampo e un videogioco tattico stealth nel pieno stile di Metal Gear, per citarne uno notevolmente rilevante nel panorama di questa tipologia di avventura. Allora diventava un reale spasso muoversi da una parte all’altra, dandosi alla pazza gioia tra gli omicidi, e facendo esattamente quello che era necessario per sopravvivere alla giornata. Il Ripulitore aveva una nomea, nella grande metropoli di San Francisco: veniva rispettato, stimato e temuto, e gli anni ’90 erano suoi, appartenevano a lui. Nessuno poteva strapparglieli di dosso, neppure chi cercava costantemente di minacciarlo, magari mettendolo in cattiva luce e facendolo sentire inadeguato.

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Tutto, come sempre, inizia da una storia. Che sia bella o brutta non importa: l’importante è che cominci, e ci sia qualcuno pronto ad ascoltarla. Come, la conoscete già? Allora dovreste sentire quella che arriva da New York, la Grande Mela, un luogo di privazione. Tra i suoi grattacieli, le sue strade trafficate, le sue viuzze sempre ricolme e i negozi di Claudia Schiffer, c’è all’opera qualcosa di ben più di sinistro di quanto immaginiamo. E allora vale la pena indagare fino in fondo e vedere quanto sia profonda la Tana del Bianconiglio.

Quattro ripulitori, quattro storie diverse

Siamo nel 1990, a New York, nel bel mezzo del Natale. Insomma, è il periodo più felice dell’anno: i bambini corrono da una parte all’altra, inseguendosi armati di palle di neve, mentre i canti natalizi accompagnano le coppiette, desiderose di sposarsi quanto prima. Ci sono regali da incartare, ricevere e corpi da nascondere. Per i nostri ripulitori è un giorno di lavoro come un altro e si deve guadagnare, perché c'è da pagare il mutuo e l'università dei ragazzi. Sono seduti a un tavolo imbandito con poco cibo, raccontandosi del più e del meno, mentre osservano il vuoto e si raccontano vecchie storie passate proprio di missioni sul filo del rasoio.

Al contrario del predecessore, infatti, Serial Cleaners offre un racconto stratificato concentrando la cinepresa sui quattro personaggi giocabili dell’esperienza, ognuno con un carattere diverso. C’è il quarantenne Psycho, il classico veterano di tante missioni in giro per le scene del crimine che, a detta dei ragazzi della narcotici, sa fare cose di cui altri hanno paura, ed è appassionato dal buon vivo.

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C’è Bob, un tizio con basettoni rimasti negli anni ’80, che veste una camicia sudicia: anche lui è un veterano, nonché un nome noto alla polizia quanto alle nuove leve, ed è conosciuto per ripulire le scene del crimine con estrema attenzione, non lasciando prove e togliendo via i dettagli che potrebbero incriminare il suo cliente. C’è poi Lati, una ventinovenne avvenente appassionata di arte, ben più forte di qualunque altra ragazza. E poi c’è lei, sì, la più piccola di questo magico quartetto: si chiama Violet, una ventiseienne conosciuta per cyber vandalismo, abile ad hackerare sistemi di qualunque genere, mettendo in ridicolo la polizia e chiunque non sappia proteggersi con qualcosa che vada oltre il proprio antivirus.

Questa compagine, forte e diversa, è affiatata e conosciuta, nonché temuta da chiunque, anche se il loro compito non è uccidere, bensì arricchirsi sulle spalle di poveri malcapitati e cadaveri. Se nel predecessore non c’era una storia particolareggiata a condire una ricetta che funzionava egregiamente, in Serial Cleaners, invece, ce ne sono ben quattro che sanno raccontare vicende del passato di ciascuno dei protagonisti fino al loro incontro.

Non facendo spoiler che potrebbero rovinarvi l’esperienza di gioco, sappiate soltanto che siamo davanti a una produzione ispirata e godibile, scritta egregiamente e con attenzione e passione, ironica e pungente al tempo stesso. Tutto è ritmato nel modo giusto, e ognuna delle storie raccontate per noi dai suoi protagonisti ha sempre una morale, seppure tremenda, non totalmente condivisibile, ma comunque impossibile da non apprezzare. Veniamo immersi in un mondo che non conosciamo, in una realtà spaventosa e stridente che ci appare, in realtà, molto più sinistra di quanto avremmo mai immaginato. Vediamo la morte ovunque, c’è sangue, e ci sono dunque vite spezzate da qualcuno che richiede le nostre abilità. Veniamo pagati per nascondere le prove, far sparire corpi e ripulire appartamenti.

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Non siamo altro che mercenari al soldo del miglior offerente. Tra cosche mafiose e trafficanti di droga noi guadagniamo sulle spalle altrui, infischiandocene del resto, perché nessuno ci ha mai regalato nulla. È questa la filosofia con cui ci si deve approcciare nel mondo brutale di Serial Cleaners mentre si scoprono le diverse storie di questa storia con tinte noir, che ricorda, in un modo o nell’altro, le avventure di Dexter o di Hannibal, anche se in quest’ultimo i corpi dei malcapitati non finivano a marcire in uno scantinato o in fondo al fiume Hudson. I protagonisti, interfacciandosi l’uno con l’altro, scoprono caratteristiche differenti e storie tristi.

È una scrittura semplice e sa essere coinvolgente. I dialoghi, che possiamo selezionare a nostro piacimento, ci danno l’opportunità di decidere cosa dire nel modo e nelle tempistiche che riteniamo opportune, anche se non pesano nel corso dell’esperienza, che però offre diversi finali con cui possiamo approcciarci, definendo in questo modo un taglio registico che mette al centro i nostri protagonisti e non le vicende che compiono per sopravvivere. D’altronde, ripulire una scena del crimine non è per tutti e serve uno stomaco di ferro: si può dire che ciascuno dei nostri eroi abbia grandi capacità di adattamento e sappia cosa fa, nel bene e nel male. La storia di Serial Cleaners sorprende e affascina, non calando mai di qualità e mantenendo l’attenzione sui suoi protagonisti principali. È il racconto del loro passato, del loro presente e del loro futuro, che Draw Distance ha scritto con la speranza di confezionare un’esperienza unica nel suo genere come è già capitato in passato.

L’unione fa la forza

Se avete mai giocato a Ravenous Devils, un videogioco indipendente italiano pubblicato questa primavera, ricorderete sicuramente quanto è stato divertente triturare cadaveri umani e farci poi dei tortini. In Serial Cleaners non accade niente di tutto questo, ma come abbiamo accennato prima, le azioni che compiamo sono di ripulire le scene del crimine con cui ci interfacciamo durante i quattro filoni narrativi. La visuale è isometrica, con la telecamera fissa che non è possibile muovere a proprio piacimento, ma che è possibile spostare in su, in basso o a lato per notare elementi qua e là, cercando di non farsi scoprire dalla polizia o dagli uomini della sicurezza. I personaggi possiamo muoverli nei vari scenari che si aprono davanti a noi in modo diverso e adeguandoci, di conseguenza, alle loro abilità.

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La giovane Violet, per esempio, è in grado di sgattaiolare all’interno dei condotti per comparire in una stanza piena di computer, collegandosi all’intero sistema informatico di un’area e scaricando le immagini con i corpi nascosti dei poveri malcapitati che la Mala ha fatto fuori. Può addirittura azionare cancelli, chiudere porte, distrarre le guardie a suo piacimento e tornare al lavoro. Non è esperta come Bob, che può insacchettare i cadaveri e scappare via, ripulendo magari la scena del crimine con la sua adorata aspirapolvere.

È un game design essenziale e che spinge, inevitabilmente, a usare la furbizia e ad attendere il momento propizio per dedicarsi ai corpi nel modo adeguato. In molte occasioni ci siamo trovati davanti situazioni al limite, costretti magari a correre da una parte all’altra e a sistemare situazioni che si stavano mettendo male. La polizia arriva in momenti casuali, comparendo dal nulla, o per una soffiata o perché l’è impossibile farsi gli affari propri (pensiamo più la seconda, ndr). Per non farsi beccare è dunque necessario piegarsi, nascondendosi all’interno di armadi e aspettando il momento giusto per colpire e correre via.

Lo stealth, per quanto sia gestito egregiamente, è tuttavia flagellato da un’intelligenza artificiale degli agenti non propriamente ben implementata. Risulta infatti molto semplice sbarazzarsi dei corpi senza troppe complicazioni, nascondendo le prove e qualunque altro tipo di coinvolgimento da parte dei nostri clienti. Tuttavia, è la varietà degli scenari a colpirci, specialmente il level design di ciascuna area, curata con attenzione e passione, capace di mantenere l’attenzione sulle caratteristiche tipiche del genere. C’è una parte tattica rigorosa e funzionale, che possiamo mettere in campo come vogliamo, e approcciarci a nostro piacimento ai vari livelli senza troppe complicazioni. È la libertà a sorprendere e a lasciare campo libero alla nostra fantasia. All’interno della produzione possiamo adeguarci a ogni situazione, ma senza il giusto adattamento rischiamo di fallire ancora prima di portare a termine le varie missioni.

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In totale ci sono un prologo, quattro capitoli e l’epilogo, con una buona longevità. Stiamo parlando di otto oppure dieci ore per portare a termine l’esperienza, il che si traduce con la possibilità di godersi il viaggio senza andare troppo in fretta, magari rigiocandola per approcciarsi diversamente alle situazioni che ci capitano per le mani. Come accennavamo prima, è però l’intelligenza artificiale a non convincerci: non è presente neppure un selettore di difficoltà, utile magari per approcciarci ai livelli aumentando o diminuendo il livello di sfida. In videogiochi del genere, dichiaratamente stealth, è necessario un approccio al game design più severo e preciso. Proporre un’avventura del genere con un’intelligenza artificiale che è sempre facile evitare non è forse il modo giusto per offrire un’esperienza capace di sfruttare le abilità dei nostri quattro protagonisti.

Stile, follia e musica jazz: Serial Cleaners ci propone una New York viva e pulsante

Viva e pulsante. Sì, lo è: la Grande Mela sa sempre cosa offrire a chi la osserva con grande curiosità e la visita con amore. Fuori da un appartamento da ripulire o da una nave da sistemare c’è un mondo, ma la realtà dei fatti per i nostri quattro protagonisti è ovviamente un’altra. Si interfacciano con i lavori in maniera naturale, con uno stile volutamente dissacrante e ironico, perché di fronte a situazioni del genere non si può fare altro che prenderla con filosofia, a meno che non si voglia diventare un cadavere, finendo chissà dove.

C’è un ottimo comparto audio, che propone composizioni jazz mentre ripuliamo e nascondiamo le prove dei misfatti dei nostri clienti. E c’è la localizzazione in italiano senza il doppiaggio, una buona notizia per chiunque stia cercando un’esperienza che sappia raccontarsi a chiunque non conosca la lingua di Sua Maestà. Durante la nostra partita, tuttavia, abbiamo notato qualche bug di troppo, ma niente che non possa essere sistemato in futuro con la classica patch risolutiva che rende funzionante tutto.

Guarda su

Al netto di un frame rate ballerino nei momenti concitati, il lato tecnico è comunque buono. La grafica e gli artwork, dichiaratamente d’autore, sono bellissimi e danno la sensazione di essere in un fumetto noir in tutte le sue diramazioni narrative. Non potevamo chiedere di meglio, infatti, perché il secondo capitolo di questa serie conosciuta da una nicchia di giocatori ha saputo dare il meglio di sé con gli elementi che aveva.

Ovviamente poteva essere svolto un lavoro più certosino per quanto riguarda l’intelligenza artificiale dei poliziotti, in maniera tale da farsi sudare le proverbiale sette camicie tra un livello e l’altro. Niente che, ovviamente, intacchi l’esperienza nella sua interezza. Il lavoro è lavoro, d’altronde, e bisogna pur sempre portarlo a termine. Anche se è necessario sporcarsi le mani di sangue.

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