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a cura di Ecleto Mucciacciuoli

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Il videogioco non è più solo intrattenimento, così come l'arte non è sola estetica. Tra le domande appartenenti al settore che mi tormentano ce ne è una che trovo complessa anche nella sua formulazione: ”Perché tutto questo investimento sul lato estetico?”. Quando e perché la grafica o l’impatto visivo hanno surclassato gli altri elementi del medium? La sola estetica di lusso può eclissare alcuni problemi strutturali di un’opera? Sembrerà folle, ma c’è molto su cui interrogarci in materia. Il mercato e i colossi di settore che giocano a scacchi con mosse di marketing o servizi sempre più raffinati studiano costantemente gli indici di gradimento. Nel nostro flebile chiacchiericcio social proviamo a far dibattito su quelle che dovrebbero essere le qualità imprescindibili di un gioco, eppure la meritocrazia è un’altalena incostante oggigiorno. Non sempre i meriti vengono riconosciuti e neanche l’originalità.

La percezione di quello che pensiamo possa essere un criterio di eccellenza è deformata dalla nostra esperienza. Se da un lato la critica fa un lavoro di costante sforzo nell’evidenziare la stagnazione di generi e tendenze, dall’altro si avverte che il pubblico non sia, talvolta, incline all’ascolto. Così abbiamo open world pieni di segnalini, ma poveri di spessore emotivo, titoli che ci investono di adrenalina, ma che evitano di coinvolgerci con il cuore, paesaggi incantevoli imbrigliati in aree cartonato inaccessibili e storie stroncate da una dilagante banalizzazione delle tematiche. La premessa per discutere di tale topic è comprendere che l'investimento estetico è sempre legittimo, se supportato da uno sviluppo a tutto tondo dell'opera. La cornice può essere elegante, ma il contenuto deve essere di livello.

L'estetica nel videogioco pesa più del resto?

Nel mercato dei tripla A, ancor di più rispetto che alle altre produzioni, non sono concessi errori. Il fallimento non è contemplato e il rischio di creare qualcosa di nuovo è soffocato dall’idea di non rispettare gli standard. L’originalità si spegne in una luce fioca, perché osare è pericoloso. È più importante che un videogioco sia spettacolare da vedere e lungo da finire, rispetto al resto. Non per tutti, non sempre, ma il mercato dimostra le tendenze dei fruitori anche e soprattutto con quello che fa uscire dalla proprie fucine. È arrivato il momento in cui critichiamo l’estetica di un personaggio e il suo realismo, piuttosto che l’atmosfera che lo circonda e la sua costruzione.

Ci soffermiamo a discutere di una texture, mentre i messaggi narrativi diventano scialbi e annacquati dalla banalità. Vogliamo dettagli realistici e ci perdiamo l’essenza del gioco. A cosa serve puntare su trama, game design e level design, se possiamo creare il titolo perfetto? Un’intera mappa già tracciata, che esalta solo quello che vediamo, perché nel resto non c’è nulla da fare. Tante attività tutte uguali, perché il prezzo d’acquisto deve essere giustificato dal tempo speso. Paesaggi mozzafiato, ma non esplorabili, perché sono inaccessibili. Siamo assuefatti dall’estetica nel videogioco e a volte ci dimentichiamo che la forma non può sostituire la sostanza.

Non solo intrattenimento

Non abbiamo bisogno di una grafica da paura o di un pretesto per continuare a giocare per essere appagati. È come se sentissimo la necessità di godere solo di esperienze che possano essere condivisibili. Non ci serve, non ne abbiamo bisogno. Dobbiamo esigere profondità e qualità da ciò che supportiamo. L’estetica nel videogioco deve essere una cornice ornamentale a un’opera che ha qualcosa si unico da offrire. Dobbiamo esigere di più dell’animo del videogioco. È chiaro che c’è una significativa domanda del mercato, riguardo macchine sempre più potenti. Tuttavia, l’evoluzione tecnologica di settore e l’investimento di risorse sul lato estetico non sono due treni sullo stesso binario.

Sebbene la qualità potenziale degli hardware abbia deformato il nostro gusto, invitandoci ad alzare sempre più l’asticella dei nostri standard, dall’altra parte manchiamo i focus che dovremmo ricercare in un videogioco. Sappiamo benissimo che scomporre un’opera e valorizzarne i dettagli non sia proprio argomento comune. Ci stiamo solo ora timidamente affacciando a una società che inizia a sfruttare il medium nelle sue poliedriche forme e declinazioni, quindi ancora non siamo eruditi in certi discorsi. Stimoliamo il dibattito, proponiamo alternative, diamo voce agli artisti silenziosi che offrono il loro cuore tra stringhe di codice e vogliamo educare il pubblico di un domani.

Estetica ed esigenze mancate

Il videogioco è più di un semplice spauracchio che incarna strategie di mercato e traguardi tecnologici, è voce del popolo e strumento sociale a tutto tondo. Liquidare il discorso, focalizzando la nostra attenzione solo sulle performance tecniche ed estetiche di un titolo, è angosciante e avvilente. Se da un lato dobbiamo comprendere che le aziende di settore hanno grande interesse nell’edulcorare ciò che ci presentano nei negozi fisici e digitali, dall’altra parte occorre calibrare meglio i nostri interessi. Dimostrare tramite social, dibattito, critica e quotidianità che oltre al visibile c’è un insieme di altri fattori da sviscerare è il punto di partenza per normalizzare dibattiti costruttivi, volti al miglioramento stesso del settore.

Una community attenta e incline a rumoreggiare su alcuni aspetti del videogioco, piuttosto che sempre dei soliti, lancia segnali alle aziende sull’investimento che esse fanno in sede di produzione. Abbiamo davvero bisogno che i giochi siano un bel vedere, se poi sono sufficienti su altri aspetti? L’occhio, come sempre, brama e desidera la sua parte. Scalpitiamo all’idea di testare i limiti delle nostre componenti, ma non stiamo così viziando una tendenza di mercato? Amplifichiamo anche gli aspetti che rendono il videogioco non solo tecnologie d’avanguardia, ma anche arte confezionata con una morale di fondo. Ogni gioco che ha il potenziale di bucare con lo schermo con qualche messaggio e manca il bersaglio è un’occasione sprecata.

Il vero valore del videogioco oltre la mera estetica

Viviamo in un’epoca straordinaria per quello che concerne il cambiamento. Il terreno sociale in cui camminiamo tutti i giorni è mutevole, mentre il mondo affronta il suo passato. Avere tra le mani una creazione che non ci vuole imbeccare passivamente dei messaggi, ma funge da vascello anche per tematiche più complesse, è utilissimo. Oltre il concetto stesso di gioco e del sano divertimento, apprendiamo, ci confrontiamo con il prossimo, metabolizziamo tematiche spinose e dialoghiamo con il mondo. La forza del videogioco è nella sua natura, che può essere espressione del popolo. Oltre le storie e la coltre immaginifica diffusa dai creativi che ci lavorano, c’è tanto spazio per esaltare aspetti ben più importanti dell’estetica.

I titoli che proviamo sono un ponte con la storia che viviamo, spesso riflettono i dilemmi e gli errori del nostro tempo o desiderano lanciare messaggi utopistici su futuri che possiamo ancora conquistare. Non ha più senso minimizzare queste creazioni, se poi sono capaci di lasciarci idee che risuonano molto più potenti rispetto ad altri mezzi di comunicazione. Desiderare opere più mature sotto ogni aspetto, non vuol dire rinunciare al loro lato più puerile e genuino. Esiste un micro cosmo artistico in ogni gioco, alcuni magari sono più stratificati e complessi di altri, ma parlarne come se fossero un insieme di freddi codici a chi giova? Banalizzare questo discorso rischia di far passare in sordina le menti brillanti che ci lavorano. C'è dell'anima, oltre l'estetica virtuale.