Stoneshard | Provato, Un roguelite d'impatto per giocatori d'acciaio

Stoneshard è un roguelite pixelloso già noto ai veri appassionati dal 2018, anno in cui sfondò la parete di Kickstarter. Ecco il nostro provato.

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a cura di Lorenzo Quadrini

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Stoneshard è un roguelite pixelloso già noto ai veri appassionati dal 2018, anno in cui sfondò la parete di Kickstarter raccogliendo una volta e mezza i fondi necessari per la chiusura della campagna. Da allora Ink Stains Game non è rimasta con le mani in mano, continuando a sviluppare un titolo che mi ha positivamente impressionato, pur se ancora lontano dalla sua versione definitiva.

Come ho già avuto modo di affermare in altri articoli, è evidente che il panorama indipendente attuale abbia dato vita ad un vero e proprio neoclassicismo videoludico, fatto di produzioni che pescano a piene mani dai giganti del passato, riproponendo formule affatto rivoluzionarie. Questa riproposizione, per fortuna, non è mai pedissequa, almeno nei titoli più ispirati. Stoneshard fa parte di questa stretta cerchia: tutto quello che propone risveglia nei giocatori più attempati (o più informati) i ricordi dei prestigiosi antenati. Eppure, nel complesso, Stoneshard colpisce per la grande originalità e l’ottima sinergia delle componenti messe in campo.

Un Roguelite per gente dura

Il videogame prevede una campagna di gioco discretamente soddisfacente, ma attualmente ancora appena accennata. Risulta evidente la necessità del team di sviluppare il cuore centrale del gameplay, in maniera da poterlo rivestire nella foggia più consona. Una scelta che mi trova d’accordo e che, tra l’altro, non toglie nulla alla già molto divertente versione Early Access. Stoneshard è ambientato in un mondo dark fantasy cupo e disilluso, catapultando il protagonista nel bel mezzo di un rituale oscuro tremebondo e disgustoso. Il “tutorial” è già un programma: due tre checkpoint scarsi, generazione randomica dei nemici, nessun aiuto dall’alto. Praticamente si muore già prima di cominciare. Questo aspetto sadico della produzione ne rappresenta forse il miglior biglietto da visita: Stoneshard non è un gioco morbido.

La peculiarità del titolo e della sua difficoltà, se paragonata ai soliti tormentoni dell’hard gaming (I Souls, Nioh, Sekiro, ecc) sta nella sua capacità di mettere in difficoltà il fruitore senza tanti artifici o trucchetti di game design. Non ci sono Demoni Capra infilati in una mappa grande come uno sgabuzzino, o meglio: ci sono, ma le mappe sono tutte grandi come uno sgabuzzino. In poche parole, Stoneshard non ha bisogno di circuire il giocatore per trascinarlo in situazioni dure da affrontare, al contrario si presenta da subito come ruvido e senza sconti, pur offrendo un gameplay accessibilissimo e mai noioso. Trovo questo aspetto fondamentale, perché il giocatore più sensibile al nervosismo proverà grande sollievo nell’affrontare una sfida cattiva, impegnativa, ma mai disonesta. Il che sposta grandemente il termine di paragone con gli altri Bad Boys videoludici.

Di tutto un po'

Dal punto di vista prettamente di gameplay Stoneshard offre un sistema solo a prima vista scontato. Dagli item fino alle statistiche ed alle skill, il prodotto assomiglia tantissimo ai classici hack and slash complessi (Diablo II su tutti) integrando però numerose features. Tra queste la necessità di trovare libri per imparare nuove abilità, un sistema di guarigione delle ferite complesso (basato sia sul recupero degli HP, sia sul trattamento specifico della ferita, localizzata in differenti parti del corpo) e un combattimento a turni che prende spunto dalla tradizione dei dungeons crawler. Il tutto va a creare un mix molto originale e ben amalgamato. La complessità del titolo viene in luce già dopo i primi minuti, risultando per nulla scontato gestire le orde di nemici e imponendo scelte strategiche ponderate circa la convenienza dell’esplorazione totale della mappa. Andando avanti con l’avventura inoltre si sblocca una zona pacifica che funge da vero e proprio hub della campagna, dove poter trovare tutte le risorse del caso. Il gioco inoltre offre la possibilità di reclutare nuovi compagni, con la creazione di un party eterogeneo di PG.

Tecnicamente Stoneshard non propone nulla di fantasmagorico, ma al tempo stesso ho apprezzato tantissimo la cura nella costruzione visiva degli ambienti e la caratterizzazione del mondo di gioco, che pur non fornendo chissà che lirismi narrativi (per ora), focalizza l’esperienza in maniera completa, invogliando il giocatore a riprovare la giocata. Un elemento fondamentale all’interno di una produzione che non lesina in quanto a difficoltà.

Un Early Access da acquistare

In conclusione Stoneshard rappresenta, a mio modesto avviso, un acquisto fin da ora ben ripagato, soprattutto per gli appassionati del genere e per tutti coloro che vogliono cimentarsi in un’impresa ardua e soddisfacente. Certo, manca ancora molto per vedere il titolo uscire dalla fase Early Access e molte delle features narrative e storydriven devono ancora essere implementate. Questa mancanza, per ora, si traduce in un minus per tutti i giocatori meno pazienti, che potrebbero non trovare sufficienti stimoli a venire continuamente massacrati. Ma considerando il lavorone svolto finora, ho pochi dubbi che non si verrà ripagati, prima o poi.