The Last Case of Benedict Fox: quando l'incubo è nella nostra testa

Un nostro approfondimento su The Last Case of Benedict Fox, il nuovo metroidvania di Plot Twist ispirato alla bibliografia di Lovecraft ed Edgar Allan Poe.

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a cura di Nicholas Mercurio

La paura è un’emozione primaria, la peggiore di tutte, e quella di The Last Case of Benedict Fox è la più dolorosa che esista. Colpisce all’improvviso, non fa sconti a nessuno e agisce in modo imperscrutabile, prendendo il controllo della mente e piegandola a suo piacimento, mostrando gli istanti tristi di un individuo con i suoi lati peggiori e tormentati, costringendolo a vivere come un topo in trappola, costantemente in fuga dalle meraviglie della vita, con un peso insopportabile sulla schiena.

Non è un caso che The Last Case of Benedict Fox, mostrato di recente all’ultimo Xbox & Bethesda Showcase, non lasci spazio a ulteriori interpretazioni e alle ipotesi più disparate. D’altronde il suo stile sembra uscito fuori dai libri di Lovecraft, con le creature dell’incubo dello scrittore statunitense che hanno preso vita nel trailer proposto per noi da Plot Twist, uno studio indipendente polacco alla sua prima opera.

Di sicuro, non è l’unico videogioco che sembra rimescolare delle carte vincenti e tipiche del genere metroidvania, catturando al contempo varie contaminazioni di gameplay come è accaduto con altre opere indipendenti, optando per uno stile capace di farsi apprezzare da chiunque. Pensiamo a Call of the Sea, un’opera meravigliosa e originale, che ha saputo offrire una delle esperienze più stratificate e godibili degli ultimi anni, raccontando una storia commovente. Mistero, paura e sorpresa: erano questi i comuni denominatori del videogioco sviluppato da Out of the Blue, che ha saputo catturare in maniera esemplare i racconti di Lovecraft, inserendoli con fedeltà intellettuale e amore per il padre del Ciclo di Chtullu.

The Last Case of Benedict Fox, ispirandosi sua bibliografia, sembra attingere addirittura dagli scritti di Edgar Allan Poe. Mentre osservavamo il trailer, sorpresi dai colori e da quello che c’era su schermo, la nostra mente è volata via nel passato e si è ritrovata all’improvviso tra le pagine intinte del pennino dell’autore nato a Boston. Se non altro, rammentare opere letterarie come “La Maschera della Morte Rossa” e “L’uomo della follia” durante la visione non è un’emozione felice che ci saremmo aspettati mentre di fronte a noi si stagliavano immagini lugubri e minacciose, inquietanti ma coinvolgenti. È come se Plot Twist avesse riportato in vita sia Poe che Lovecraft per l’occasione, salendo su un DeLorean immaginaria per portare entrambi nel 2022 dall’800, infischiandosene della pandemia e di qualunque altro disastro mondiale.

Lo studio di sviluppo polacco vuole raccontare la sua storia e facendolo a modo suo, con la volontà di chi ha voglia di stupire non solo attraverso un racconto classico per il genere, ma con un videogioco in grado di elevarsi al di sopra delle sue ottime premesse.

Siamo il nostro incubo peggiore

Il trailer si apre con una macchina che sfreccia in una cittadina degli anni ’30, nel pieno dell’era del proibizionismo americano. A bordo c’è un uomo magro e snello, dal naso aquilino e dalla chioma nera. Sembra un investigatore, uno dei tanti che lavora in una cittadina della East Coast, con dei grattacieli che oltrepassano le nuvole, mentre la radio si infiamma con lo swing, dandoci la sensazione di essere in un periodo felice dopo la Grande Depressione.

Ma siamo sicuri che sia TUTTO sereno? Siamo certi che non ci sia qualcosa sotto quella calma apparente? E ancora, perché un’auto sfreccia nel buio della notte, con lo swing a palla e con una strana voce che parla di una maledizione, di una persona morta e di una mente totalmente corrotta da uno strano potere antico quanto il mondo?

Se c’è qualcosa che ha caratterizzato l’horror tra film, videogiochi e libri, è come ogni storia viene raccontata per far conoscere le sfumature più tristi della vita, come se fossero delle allegorie di ogni esistenza che naviga in questo purgatorio senza fine. Quella di Benedict Fox sembra calzare a pennello con questa descrizione, ma d’altronde non poteva essere altrimenti, quando parliamo di paura, con il tema che pare venire affrontato in maniera matura.

È un limbo, quello di Benedict: è il suo Limbo, la sua maledizione e la sua storia, che dal trailer non possiamo ancora giudicare. Se c’è però qualcosa che ci ha insegnato The Plucky Squire, è non lasciarsi incantare dalle apparenze, perché ogni sorpresa potrebbe essere dietro l’angolo anche quando meno ce lo aspettiamo.

Una porta si apre improvvisamente e dopo, mentre vediamo Benedict Fox addentrarsi nell’ignoto, abbiamo la sensazione che potrebbe esserci qualcosa di ben più profondo della classica Tana del Bianconiglio. Un famoso psicanalista una volta disse che la mente umana è un labirinto ricco di stanze con ostacoli spinosi e impossibili da notare se non si è abbastanza forti e pronti ad affrontarne i pericoli. Quella di Benedict, tuttavia, sembra molto più aggrovigliata di quanto appare, con le sue sinapsi messe in disordine e prive di una reale consapevolezza del proprio essere.

Mentre osservavamo il trailer, ci siamo chiesti come mai il team avesse deciso di cucire addosso al protagonista questo alone nebbioso che racchiude una sofferenza tutta da scoprire. È la stessa che riguarda altri protagonisti di altrettanti videogiochi del genere, ma in The Last Case of Benedict Fox il terrore sembra inscenato come un riempitivo per aggiungere giusto un ingrediente a una ricetta che appare funzionare in maniera egregia. Perché se le idee esistono, a nostro avviso le più semplici sono le migliori, le meno complesse da trattare e gestire per creare un videogioco con un obiettivo.

Ed è meglio così, in effetti: se l’intenzione del team è quella di affrontare una storia coinvolgente ma non molto originale perché si ispira ad alcuni libri e film, nonché alle serie televisive più rinomate, il rischio è che possa perdersi come è accaduto con tante altre produzioni. Un nome celebre, per esempio, ormai dimenticato da molti, è proprio quello di Penny Dreadful, che ha visto un’ottima Eva Green cimentarsi in una storia dell’orrore che ha incantato un numero spropositato di spettatori. Le atmosfere di The Last Case of Benedict Fox, se le osserviamo con attenzione, sono molto simili a quelle dello show targato Desert Wolf Productions: coinvolgenti e sfaccettate, il terrore è il centro nevralgico di ogni sentimento umano al suo interno. E qualunque gesto compiremo, dal più semplice al più giusto, verrà giudicato con freddezza da tenebrose entità.

Il mondo dentro la nostra testa è spesso pieno di insidie che non immaginiamo neppure: quello di Benedict Fox non è da meno. Mentre il trailer passava immagini e scene angoscianti, una strana nube nera – forse persino la stessa che c’era in Lost – lo circondava e lo costringeva a prendere scelte sbagliate, come se temesse potesse tornare al raziocinio. Se Lovecraft e Poe concentravano il terrore in ogni sentimento umano, tenendo i loro protagonisti per la gola come se dovessero pesare ogni loro scelta, in The Last Case of Benedict Fox c’è qualcosa che fa lo stesso al personaggio principale, e nel modo più tagliente e spaventoso che ci sia.

È forse questo il motivo per il quale ci sta attirando a sé, come se una forza misteriosa volesse farci aprire la porta che potrebbe ospitare ben più delle nostre paure fanciullesche. E una volta che lo faremo, quando saremo al suo interno, la pietà non esisterà più. Verremo presi da quei tentacoli, da quella nube che non ci lascerà andare finché non vorrà ogni grammo della nostra esistenza. I nostri sentimenti perderanno di valore, qualunque nostra scelta passata o futura non avrà più senso. E il caso di Benedict Fox, misterioso quanto la vita al contrario di Benjamin Button, entrerà nel vivo.

The Last Case of Benedict Fox potrebbe essere il metroidvania che tutti stiamo cercando

Non è un segreto che sia il genere più gettonato, quello che tanti studi di sviluppo sperano di sviluppare, ottenendo il successo che si auspicano, quello che li porterebbe sull’Olimpo del panorama videoludico. Invece, diciamocelo, molto spesso accade l’effetto opposto, ma questo non sembra riguardare anche The Last Case of Benedict Fox. C’è una visuale in 2D, c’è un mondo di gioco spettrale frutto della nostra mente e, come era ovvio, c’è persino un’oscurità perenne e angosciante. Benedict, a giudicare dal trailer, è di due pugnali che utilizza contro i nemici del Limbo, il luogo in cui siamo capitati, freddo e inospitale persino per le creature che lo popolano. Ad averci incantato e meravigliato, tuttavia, è il taglio stilistico che ricorda vagamente Alice: Madness Returns, il capolavoro dimenticato di American McGee.

Pare che il passato di Benedict sia stato macchiato da momenti orrendi e che ogni accadimento, belle o brutto che sia, abbia sempre una morale inquietante al suo interno. Come era ovvio aspettarsi quando ci sono un limbo e le paure infantili, tenute saldamente sotto controllo dal team, ecco che la difficoltà di gioco potrebbe essere il suo punto di forza, considerando le dichiarazioni del team polacco. The Last Case of Benedict Fox, con quello che sembra un gameplay d’azione dinamico e divertente, potrebbe avere al suo interno un funzionante sistema soulslike che dal trailer non è trasparso.

Potrebbe essere il metroidvania che tutti stiamo cercando, perché ha esattamente quello che ora manca a un metroidvania che si rispetti: un’anima precisa e sicuro di sé, capace di supportare le ottime sensazioni che ci sta lasciando ed espandendosi ben oltre il suo game design e lo scheletro pensato per proporre un’esperienza significativa. Chi non è rimasto incantato con Lost in Random, che abbracciava la fantasia di Tim Burton ricreando e proponendo un mondo tratteggiato con cura?

Sembra proprio che quello di The Last Case of Benedict Fox potrebbe raccontare ben più di quello che mostra, sia attraverso il gameplay di gioco quanto con la sua storia, che appare molto più sinistra e minacciosa di quanto ci aspettiamo. È inevitabile, se non altro è questo lo spirito che intende usare Plot Twist per proporre un racconto divertente dal punto di vista ludico quanto profondo e coinvolgente con il suo racconto. Ed è esattamente questo di cui abbiamo bisogno, ora, per capire quanto l’incubo proposto per noi dallo studio di sviluppo polacco potrebbe avere al suo interno. Il terrore esiste, è tangibile, non si può fuggire da esso: è la nostra condanna.

Mondi paralleli, mondi in bianco e nero, mondi che non conosciamo e spaventano…

Se c’è tanto ad altro ad averci attirato, invece, è come il mondo di gioco cambi a suo piacimento. D’altronde è la mente di Benedict, il luogo più misterioso che ci sia e che, a quanto pare, non conosce neppure. O forse è la mente di qualcun altro? Ma noi siamo qui per questo, no? Per ricordargli chi è, cosa sta passando, e cosa c’è di nascosto in queste realtà dimensionali. Nel trailer ne vediamo alcune cambiare colore: si passa dal rosso sangue, simile a quello del Sottosopra di Stranger Things, a uno in bianco e nero.

Poi, all’improvviso, si torna alla normalità, con un edificio che spalanca le porte lasciandoci con un visione ancora peggiore: ci sono dei burroni, dei pontili barcollanti e molti altri elementi che si addentrano sempre più nell’abisso, in un vortice oscuro senza fine. E no, al suo interno non troveremo Artorias di Dark Souls.

Se The Last Case of Benedict è realmente così, tanto da essere l’annuncio preferito di Phil Spencer, potremmo avere davanti un videogioco sorprendente. Le premesse, d’altronde, ci sono tutte: c’è un limbo, il nostro limbo, inospitale e spaventoso; c’è un personaggio che, costretto dagli eventi, deve scendere nei meandri della sua stessa paura; c’è un mondo di gioco che potrebbe convincere e ammaliare. E c’è, infine, una storia particolareggiata e intensa che non vediamo l’ora di scoprire. La paura è un’emozione primaria, la peggiore di tutte, ed è meglio non scherzarci sopra. Il nostro Limbo ci aspetta.