Una storia che non ingrana, provaci ancora Garrett!

Recensione di Thief, il reboot dell'omonima saga di giochi stealth di Eidos Interactive. Riuscirà il buon Garrett a dare una rinfrescata alla serie con questo nuovo capitolo?

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a cura di Tom's Hardware

Una storia che non ingrana, provaci ancora Garrett!

Thief non è troppo sicuro della sua storia, e non sa nemmeno raccontarla troppo bene. I giocatori vestono i panni di Garrett, il re dei ladri e scassinatore "a noleggio" della City, una città medievale ricca d'ingarbugliati vicoli ciottolati, illuminati dalle lampade elettriche che segnano l'inizio di una rivoluzione industriale, in pieno stile steampunk. All'inizio del gioco farete squadra con Erin, una giovane donna ed ex apprendista di Garrett che ora lavora per sé stessa, con l'obbiettivo di consegnare un oggetto rubato recentemente nel punto stabilito dal cliente.

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Senza svelarvi troppo vi spieghiamo che la storia comincia con il piglio giusto, gettando le premesse per un'avventura intrigante fatta di interessi amorosi, di nemici che puntano a prendere il controllo della Città e di una malattia che si sta diffondendo nei quartieri che danno alloggio alle classi sociali più basse.

Nonostante queste buone premesse Garrett sembra che non trasmetta alcuna vera preoccupazione per questi eventi e che non abbia intenzione di far qualcosa per cambiare la situazione. Il gioco ci mette circa tre capitoli, più il prologo, a prendere piede. Durante il corso dell'avventura il nostro eroe parla da solo senza input da parte del giocatore, come se fosse una sorta di narratore.

Questa soluzione dovrebbe farlo sembrare un personaggio ben caratterizzato, e non un semplice pupazzo nelle mani del giocatore. Tuttavia, a parte di qualche nota sarcastica che si coglie ogni tanto, Garrett non riesce a lasciare un'impressione distina della sua personalità, esclusa la sua passione per arraffare oggetti. Una qualità eccellente per un ladro, ma che non basta per il protagonista di un gioco.

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Inoltre, i tentennanti cambi d'inquadratura fra la prospettiva in prima e in terza persona non aiutano a diminuire la distanza fra i giocatori e Garrett. Quasi tutta l'avventura si gioca infatti in prima persona e si concentra sull'azione e sull'esplorazione. Qui il gioco fa un lavoro eccellente e fa sembrare che il corpo di Garrett si muova effettivamente dietro l'inquadratura in prima persona; se si guarda i basso si vedono i piedi del protagonisti, quando si afferra un oggetto le mani si muovono accompagnate da uno spostameno in avanti della telecamera, quando si raggiunge una sporgenze il nostro eroe guarderà in basso per dare un'occhiata al terreno più sotto.

A narrare la storia ci penseranno invece frequenti scene in terza persona: a volte siamo Garrett e a volte osserviamo Garrett, in un continuo alternarsi che rovina un po' l'immersione. Impossibile evitare paragoni con Dishonored, un gioco stealth del 2012 che ha palesemente influenzato Thief. Dishonored a sua volta si è ispirato all'indimenticabile Thief the Dark Project del 1998, miscelando sapientemente combattimenti stealth e una trama originale.

Il problema di Thief è che sembra rifarsi più al gioco di Bethesda e Arkhane che al suo illustre antenato. Una città medievale steampunk con classi sociali in lotta, una misteriosa malattia, la morte di una donna, una vecchia mendincante dai poteri mistici e persino un livello ambientato in un bordello sono elementi che abbiamo già visto in Dishonored. Non c'è nulla di sbagliato nel rendere omaggio a un altro gioco o a prendere in prestito alcune buone idee, ma a conti fatti a molti giocatori potrebbe bastare l'esperienza originale.