Vajont, una tragedia esplorata in VR | Anteprima

L’Italia, ormai sempre più al centro del panorama videoludico, in questo 2022 sta stupendo tutti con produzioni di qualità come Vajont

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a cura di Nicholas Mercurio

L’Italia, ormai sempre più al centro del panorama videoludico, in questo 2022 sta stupendo tutti con produzioni di qualità come Vajont, arrivando a ritagliarsi sempre di più un ruolo rilevante nel mercato mondiale, lasciando su di sé moltissime aspettative per il futuro.

Mi riferisco a Soulstice, a Batora: Lost Haven, a Freud’s Bones e al recentissimo Mario + Rabbids: Sparks of Hope, e come non citare The Darkest Tales, pubblicato qualche giorno fa dagli sviluppatori di Slap and Beans su PC, Xbox e Nintendo Switch. Tutti videogiochi che, in un modo o nell’altro, sono diversi gli uni dagli altri ma hanno un grande scopo: concentrare le loro energie per proporre qualcosa di unico, diverso e nuovo, e tutto è pensato per non tralasciare alcunché, dando al giocatore la possibilità di vivere delle esperienze memorabili, nello specifico qualcosa che valga la pena essere vissuto attraverso l’interazione. E non è una cosa di poco conto, specie se ormai le alternative non sono poi tanto diverse e c’è fortemente bisogno di nuovi approcci e modi di pensare.

Le origini di una tragedia

Quando ho sentito parlare di Vajont, ne sono rimasto immediatamente affascinato: complice il contesto storico, che richiama la tragedia avvenuta nel 1963 in Italia tra il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, ho approfondito le intenzioni di Artheria e di Iolanda Di Bonaventura, supportata in questo progetto assolutamente ambizioso dalla Biennale di Venezia, che si dedica interamente a opere artistiche di qualunque tipo.

Ideato proprio da Iolanda Di Bonaventura, classe 1993, nata a L’Aquila, in Abbruzzo, questo videogioco si pone non soltanto come la riscoperta di una tragedia, bensì come un viaggio interiore che mette il giocatore in una situazione atipica, complessa e scomoda. Lo scopo di Vajont, d’altronde, sembra essere chiaro: disarmare il giocatore di fronte a un evento tragico, facendogli prendere scelte complicate per sopravvivere. Anche se, in realtà, c’è molto altro nel sottobosco delle sue origini. Per chi non conoscesse il disastro, verificatosi nella nottata nel 9 ottobre 1963, deve sapere che avvenne a causa di una frana che precipitò sul pendio del Monte Toc, danneggiando la diga e facendo innalzare il livello dell’acqua del lago, che inondò i paesi vicini di Erto e Casso. Successivamente, l’onda colpì il paese di Longarone, provocando la morte di millenovecento settantasette persone, inclusi bambini e anziani.

Un evento del genere, che all’epoca infiammò il dibattito pubblico, fu il preludio di processi, indagini e opere letterarie e inchieste giornalistiche che coinvolse un gran numero di esperti di qualunque branca. Inoltre, una tragedia del genere mise alla luce le negligenze delle amministrazioni locali e territoriali, oltre che quelle nazionali. Un avvenimento del genere potremmo infatti ricollegarlo ad altre tragedie, dal terremoto de L’Aquila del 2009 al crollo del ponte Morandi, in Liguria, ma in realtà potremmo citare innumerevoli situazioni simili. Perché, se non fosse chiaro, l’Italia è un Paese flagellato da continue tragedie senza reali colpevoli, incosciente addirittura dalle morti che per molti non sono altro che questo, e che diventano un numero solo quando smettono di essere di moda.

Lo scopo di Vajont, oltre a quello interattivo, è oltremodo chiaro: si tratta un’opera di denuncia che, come tante altre produzioni artistiche di altri media, intende raccontare delle storie attraverso l’interazione, facendola vivere al giocatore in maniera diretta, non tralasciando nulla e lasciando sgomenti, trasmettendo irrequietezza e disagio, dando spessore e corposità al ricordo, che è fondamentale in un progetto del genere. Il team di sviluppo, composto da nove persone, ha rimarcato più volte la provenienza di Vajont, riferendosi nello specifico alle similitudini tra cinema e videogioco, e come queste possano incontrarsi, unendosi per creare un’esperienza unica.

Il tema del ricordo trattato con intensità

Artheria, infatti, è uno studio indipendente che si occupa principalmente di Realtà Virtuale, Realtà aumentata e Mixed Reality, e una sfida del genere non poteva che essere accolta con entusiasmo. È stato un progetto, come dichiara lo stesso Saverio Trapasso, sviluppato a distanza per via del lockdown, nonché portato a compimento tra grandi difficoltà iniziali, proprio a causa del distanziamento sociale. In un momento complesso come quello vissuto da tutti, Vajont potrebbe essere il videogioco adatto in un momento in cui serve sensibilizzarsi su determinate tematiche che interessano tutti. Non mi è mai capitato di trovarmi davanti a un videogioco che vuole dedicarsi a un solo argomento, e ammetto che nel panorama VR ce ne sono pochi che affrontano delle tematiche e dei momenti storici così delicati. La tragedia del Vajont è, senza ombra di dubbio, un momento triste, intriso di tristezza e sofferenza, che va approfondito a dovere. Sembra che il team di sviluppo e Iolanda Di Bonaventura abbiano fatto un grande lavoro di ricerca storica che, per quanto rilevante, è in realtà marginale.

In Vajont, infatti, si impersona una moglie e un marito che abitano in una casa proprio nelle zone a rischio in cui avviene la tragedia. Dalle immagini dedicate alla stampa che ho visto in esclusiva, ce ne sono alcune che raccontano la vita quotidiana di questo piccolo ma amorevole nucleo familiare concentrato ad arrivare alla fine del mese, mettendo da parte quelle mille lire che fanno sempre comodo e non si sa mai come potrebbero essere utili per le piccole e le grandi spese presenti o future. Non si esplora soltanto un momento storico intenso e particolareggiato, ma soprattutto le personalità dei due protagonisti, legati profondamente al luogo in cui sono nati e cresciuti.

Nonostante il contesto, sotto c’è molto altro: in primo luogo la necessità di rimanere in un posto per sentirsi realmente vivi e ancora legati alla propria esistenza, mentre dall’altra l’abbandono a causa del pericolo imminente, che potrebbe arrivare da un momento all’altro. Le domande che il videogioco pone, insomma, sono le seguenti: quanto siamo disposti a perdere pur di metterci in salvo? E ancora, varrà la pena farlo? Quali altre possibilità darà il futuro a chi fugge dalle proprie sicurezze, che si reggono in piedi proprio grazie all’impegno comune? Il giocatore potrà scegliere cosa fare attraverso l’interazione tra vari oggetti e l’interlocutore, che si esprimeranno in modo classico nel gameplay. A differenza di molti altri videogiochi in VR, Vajont sembra proporre diverse soluzioni all’interno del suo racconto, che potrebbero in effetti aumentare la rigiocabilità della produzione e conferirle ulteriore spessore. Iolanda Di Bonaventura, a riguardo, ha sottolineato come l’interazione in questo caso sia fondamentale perché il giocatore avverta ogni singola emozione provata dai due protagonisti. Mi riferisco, come accennavo prima, al peso di ciascuna scelta compiuta, che può essere collaterale e finale, danneggiando grandemente il futuro dei protagonisti.

Non è una meccanica nuova nel panorama videoludico, e potremmo citare esempi noti come Life is Strange o i videogiochi di Telltale Games, che hanno implementato una struttura ludica riconosciuta per queste caratteristiche. È da scoprire, in tal senso, come si evolveranno nel corso dell’esperienza e in che maniera tratteranno la tragedia e il susseguirsi degli avvenimenti. Inoltre, ad avermi impressionato piacevolmente è la grafica e, in generale, la cura per i modelli poligonali dei protagonisti. Ad attirarmi sono le ambientazioni, e mi riferisco alle aggiunte ambientali, che mi hanno ricordato Martha is Dead, un videogioco di cui forse non si parla abbastanza ma che merita almeno una menzione.

Cosa aspettarsi da Vajont?

Di Vajont abbiamo esplorato il periodo storico, citando alcuni passi fondamentali, approfondendo cosa porta con sé nonché tutte le aspettative del caso. Mentre mi interfacciavo con la spiegazione del progetto, ho avuto l’impressione che Vajont in termini comunicativi e qualitativi potrebbe in essere un’operazione vincente per motivazioni azzeccate. Riscoprire il passato è spesso brutale, anche se è necessario, e una tragedia come quella del Vajont è il pretesto giusto per sensibilizzarsi e comprendere appieno cosa significa vivere un momento del genere.

Decidere di farlo vivere ai giocatori in VR è una scelta intelligente, perché può permettere a tutti di interfacciarsi non solo con la storia ma soprattutto con le emozioni, amplificate all’asintoto nei momenti complicati. Viene difficile restare indifferenti davanti a un videogioco che pone delle premesse del genere ma, considerando le tante opzioni presenti sul mercato, ciò potrebbe tradursi con una ottima prova di sensibilizzazione verso un tema forse dimenticato da molti. A riguardo, posso solo immaginare come potrebbe cambiare nei prossimi anni l’approccio ai videogiochi sviluppati in Realtà Virtuale, che attualmente ha ancora dei margini di crescita esponenziali e che, infatti, potrebbe alzare il livello qualitativo prossimamente. Di sicuro, non resta che attendere Vajont, la cui pubblicazione è prevista per il 31 ottobre 2022 su Steam.