DYING: Reborn è articolato in sei diverse sezioni le quali, ve lo diciamo subito, possono essere completate senza troppa difficoltà anche in un paio d'ore. Non fraintendeci: i puzzle sono realizzati a dovere e spesso potrebbero richiedere un ragionamento tutt'altro che agevole ma, una volta compreso l'andamento del gioco, sarete in grado di risolvere gli enigmi e continuare la vostra avventura.
Il gioco inizia con il nostro protagonista che si sveglia, stordito, all'interno di una strana quanto inquietante stanza chiedendosi come sta "Shirley". Sbarre alle finestre, due porte chiuse a chiave e dei vestiti abbandonati per terra costituiscono l'ambientazione perfetta dalla quale fuggire il prima possibile.
Scopriremo poco più avanti nel gioco chi è Shirley e qual è la sua relazione col protagonista, nel frattempo ci troviamo a dover fuggire dalla prima stanza. Gli enigmi - che dovrebbero essere il punto forte di un puzzle game come questo - sono validi ma, alla lunga, tendono a ripetersi e a diventare prevedibili: se il primo livello, per capirci, potrebbe rivelarsi un po' ostico, le cose "miglioreranno" andando avanti col gioco.
Nel corso della nostra avventura verremo spesso contattati dal "cattivo" che definiremo tale e senza aggiungere dettagli per evitare qualsivoglia spoiler sulla trama del titolo: vi basti sapere che al centro c'è un'intricata storia di vendetta.
Pur trattandosi di un progetto indipendente il titolo offre un comparto grafico degno di essere chiamato tale e che, grazie al gran numero di dettagli che caratterizzano le ambientazioni, riesce almeno da questo punto di vista a rendere l'atmosfera adatta al contesto. Già, "almeno".
Perchè se graficamente DYING: Reborn è promosso con poche riserve, lo stesso non si può dire del sonoro. In quello che dovrebbe essere un horror psicologico manca infatti l'accompagnamento musicale adatto - a volte addirittura assente del tutto - che, Silent Hill docet, è l'elemento che davvero costruisce l'atmosfera.
La visuale in prima persona ci fornisce un buon livello di immersione, con il protagonista che può così muoversi nelle varie stanze ed esaminare i singoli oggetti. Punto critico di DYING: Reborn è, per quanto possa risultare prevedibile in un progetto del genere, la longevità: impegnandovi al massimo potreste riuscire a finirlo anche in poco più di un'ora!
In conclusione possiamo dunque affermare che il titolo di NEKCOM Entertainment funziona molto meglio su PC che su PSVR, dove vari elementi rendevano l'esperienza tra le peggiori in circolazione. Non siamo di fronte a un gran gioco ma a un buon passatempo che, in occasione della prossima ondata di saldi su Steam, vi consigliamo di provare.
Continuate a seguirci e, se già avete avuto occasione di toccare con mano DYING: Reborn, vi invitiamo a dirci la vostra nei commenti!