Bruxelles sta vagliando il blocco delle forniture TLC cinesi per la 5G, si pensa a un emendamento sulla Cybersicurezza

Secondo fonti attendibili a Bruxelles si starebbe discutendo dell'opportunità di bloccare le forniture di apparecchiature 5G infrastrutturali provenienti da aziende legate a paesi "pericolosi". Il timore è legato a cyber-spionaggio e sabotaggio.

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a cura di Dario D'Elia

L’Unione Europea sta valutando l’opportunità di vietare ai fornitori cinesi, e quindi anche a Huawei, di contribuire allo sviluppo delle reti di telecomunicazioni 5G. Almeno quattro funzionari di Bruxelles avrebbero confermato a Reuters e al Wall Street Journal che è in atto un’analisi accurata di eventuali rischi per la sicurezza. Nulla è stato ancora deciso, ma le preoccupazioni sollevate dagli Stati Uniti in relazione al presunto spionaggio cinese sono oggetto di valutazione.

Com’è risaputo diversi Paesi, fra cui Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda, hanno già preso provvedimenti, mentre altri come la Germania e la Francia stanno valutando il da farsi. Al momento tutti procedono in ordine sparso: in alcuni casi i Governi hanno imposto divieti, in altri i singoli operatori nazionali (BT, Vodafone) hanno accolto i suggerimenti delle intelligence o del "mercato".

Huawei ha fatto sapere di essere disponibile al confronto con le istituzioni europee per sviluppare standard di cyber-sicurezza. Per altro proprio a marzo dovrebbe essere inaugurato un centro di questo tipo a Bruxelles. Ovviamente sia l’azienda che il governo cinese hanno negato di aver mai avuto intenzione di spiare l’Occidente.

Lo strumento ipotizzato dalla Commissione UE per far scattare il divieto è un emendamento alla Legge sulla Cybersicurezza del 2016 che attualmente richiede che le imprese coinvolte in infrastrutture critiche adottino adeguate misure di sicurezza. Aggiungendo una voce riguardante le reti 5G (non certo smartphone, ma solo hardware infrastrutturale), secondo i funzionari UE, sarebbe possibile escludere tutti coloro che sono sospettati di usare le tecnologie di rete per attuare spionaggio o sabotaggio. Inoltre potrebbero essere cambiati i regolamenti di appalto, con regole più stringenti. In ogni caso la norma non sarebbe profilata per colpire un’unica azienda, ma tutte quelle legate a un Paese considerato "pericoloso".

Da rilevare in tutto questo, però, che per l’approvazione di un emendamento ci vorrebbe il voto della Commissione UE, il Parlamento UE e  gli stati membri. Considerato che il mandato scadrà in primavera e le elezioni saranno a maggio, è probabile che nulla potrà essere deciso prima di giugno, quando si insedierà il nuovo parlamento. L’alternativa potrebbe essere quella delle raccomandazioni, che non hanno bisogno di approvazione formale, ma sarebbe forse una risposta debole. E la storia recente - proprio la settimana scorsa - dice che 11 stati membri non hanno rispettano neanche le scadenze imposte dalle norme sulla cybersicurezza.

Huawei fino a oggi è stata citata in dossier secretati ma mai pubblicamente accusata in un tribunale di qualche connivenza con il Governo cinese - se si esclude la complessa querelle che vede protagonista la sua direttrice finanziaria. L’unica certezza è che è leader del mercato infrastrutturale TLC e domina anche in Europa. Rinunciare alle sue forniture, considerato che le collaborazioni con gli operatori sono già avviate da tempo, è rischioso sia sotto il punto di vista economico che strategico.