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Amsterdam, recensione: dove il troppo storpia

Christian Bale, John David Washington e Margot Robbie sono i protagonisti di Amsterdam ma sarà riuscito David O. Russell a fare centro?

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a cura di Giulia Serena

Editor

Prendete uno sfondo politico ambientato negli anni '30, alcuni tra gli attori più famosi e influenti di Hollywood, un omicidio e una vena comica non indifferente. All'apparenza sembrano gli ingredienti perfetti per una pellicola degna di nota, nonché quelli di Amsterdam; la ricetta però non sembra essere uscita per niente bene a David O. Russell, regista del nuovo film in arrivo nelle sale il 27 ottobre.

In Amsterdam troviamo infatti al centro delle vicende un trio improponibile composto da Christian Bale, John David Washington e Margot Robbie, i quali vengono contornati da una miriade di altri nomi famosissimi come Robert De Niro, Rami Malek, Anya Taylor-Joy e persino Taylor Swift. Questo cast stellare però non basta per salvare il film, anzi, contribuisce ad aumentare la sensazione di frustrazione nell'essere spettatori di un'occasione d'oro sprecata. Ma facciamo un passo indietro e analizziamo cosa non ha funzionato nel progetto di Russell.

Tanti, troppi personaggi

All'inizio della pellicola veniamo catapultati nella vita di Burt Berendsen (Christian Bale), un medico veterano della Prima Guerra Mondiale che si dedica ad aiutare i reduci con una serie di operazioni dalla dubbia legalità, come somministrare pasticche strane e mettere delle sottospecie di toppe per mascherare l'aspetto deturpato del corpo. Il protagonista è un uomo alla buona, schietto, non particolarmente intelligente e, di fondo, infelice: ha una moglie che non lo ama davvero, anzi, che lo ripudia per le sue orride cicatrici, mentre desidererebbe solo essere apprezzato per quello che è.

Nonostante ciò, Burt ha trovato una sua quotidianità, una quadra che lo fa andare avanti in modo egregio e che viene messa a soqquadro quando viene chiamato d'urgenza dall'avvocato Harold (John David Washington), suo grande amico di vecchia data che gli commissiona un'autopsia. Un uomo influente è infatti morto, e la figlia vuole andare a capo dell'omicidio. Ed è proprio qui che inizia uno dei problemi più grandi di Amsterdam, ovvero l'introduzione di decisamente troppi personaggi.

Nei 135 minuti di narrazione infatti vi è un susseguirsi senza fine di persone che entrano in scena, ognuna delle quali viene presentata come un pezzo fondamentale del grande puzzle costituito dalla trama del film. La realtà è però ben differente, dato che molti dei personaggi sono tutt'altro che essenziali ai fini della storia, e avrebbero potuto essere omessi per lasciare più spazio a quelli che invece sono necessari. Il risultato di questa scelta è invece la sensazione di essere travolti da un'ondata di informazioni gigantesca, che ci fa affogare in un mare di superficialità.

Christian Bale, l'uomo che tira avanti il carretto

Nessun personaggio viene approfondito, neppure il trio composto da Bale, Washington e Margot Robbie; nonostante una buona parte della narrazione venga investita in un flashback per spiegare come i tre protagonisti si siano conosciuti e come siano diventati dei punti di riferimento uno per l'altro, anche questa finestra temporale viene riempita da altri elementi completamente casuali — come interi minuti spesi per parlare di uccelli e metalli che no, non c'entrano assolutamente nulla con la trama di Amsterdam —. Ci troviamo dunque dinanzi a dei gusci vuoti, che neanche gli attori, seppur brillanti, sono riusciti a colmare per renderli interessanti.

Christian Bale è l'unica eccezione a questa superficialità, dato che, grazie alla sua performance encomiabile, riesce a donare una grande caratterizzazione e profondità a Burt, complice anche del suo ruolo di narratore che ci permette di entrare nella psiche del personaggio. In Amsterdam non ritroviamo il Patrick Bateman affascinante e armonioso, bensì un uomo buffamente goffo, disadattato e insicuro, la cui preoccupazione più grande è assicurarsi che l'occhio di vetro che ha nell'orbita sia inserito correttamente per non apparire ancora più bizzarro di quanto già lo sia.

Anche la presenza di Taylor Swift, la quale ha recitato in passato principalmente in ruoli minori come in questo caso, ci ha lasciati alquanto turbati. Il suo personaggio entra in scena, canta in un momento dove è a dir poco inappropriato (e non diciamo altro per fare spoiler), dice qualche battuta ed esce di scena. Così come per il resto del cast stellato, in particolar modo Anya Taylor-Joy, Mike Myers, Michael Shannon e Chris Rock, ci chiediamo se fossero stati davvero necessari, o se siano stati scelti solo per aumentare il "valore" del film, compensando la sceneggiatura e scrittura discutibili.

Il jackpot mancato

Amsterdam è una pellicola di genere prettamente comico, non aspettatevi sequenze d'azione o elementi fantascientifici, ma anche in questo riesce solo a metà: in sala c'è stata qualche risata, ma sono state provocate quasi esclusivamente dal personaggio di Bale; per il resto, il sentimento che prevale durante la visione del film è il turbamento. Se anche riusciamo a seguire perfettamente il corso degli eventi dato che non sono particolarmente complessi, la quantità di elementi non pertinenti con la trama che viene inserita ci frustra, portandoci a questionare il perché il regista non abbia deciso di accorciare la minestra, che avrebbe potuto durare almeno mezz'ora di meno e risultare molto più logica.

Nonostante alla fine del film tutto si risolva, con tanto di una morale che c'entra ben poco con i temi della pellicola, rimaniamo con un senso di insoddisfazione verso ciò che abbiamo visto, verso un'ottima opportunità dilapidata in un prodotto molto poco memorabile. La trama di Amsterdam è infatti basata sul Business Plot, una cospirazione politica del 1933 per la quale si voleva rovesciare il governo di Roosvelt e instaurare una dittatura negli Stati Uniti; l'idea di trasformare il complotto in una commedia, se realizzata bene, avrebbe potuto risultare in un jackpot perché, si sa, per quanto siano passati quasi cento anni, le storie su quel periodo storico trainano ancora moltissimo.

Le uniche cose che si salvano di Amsterdam sono però, oltre alla performance eccelsa di Bale, i costumi e i colori della pellicola, i quali viaggiano principalmente su toni tenui e dalle tinte pastello. La scelta di posizionare principalmente la camera leggermente in basso, riprendendo gli attori da molto vicino non ci ha invece convinto; inoltre, i personaggi molto spesso la guardano direttamente, quasi come se volessero rompere la quarta parete ma senza farlo davvero. La narrazione di Burt (e per una breve sequenza anche di Harold e di Valerie, il personaggio di Margot Robbie) ci fa pensare che il protagonista voglia raccontare la storia direttamente agli spettatori, ma non abbiamo mai veramente questo senso di intimità.

In conclusione

Amsterdam poteva essere una commedia dalle basi storiche ben riuscita, seguendo le orme di film come Jojo Rabbit, ma il risultato è un'accozzaglia di grandi star di Hollywood inserite in una trama che, per quanto comprensibile, risulta confusionaria. Insomma, se desiderate entrare in sala per vedere una commedia che vi farà sbellicare dalle risate o una storia che ricorderete per tutta la vita, è meglio che non scegliate Amsterdam. Se però volete semplicemente passare un paio di ore a guardare un Christian Bale eccelso, contornato da personaggi superficiali e una buona dose di elementi casuali, allora potreste trovare la pellicola di Russell piacevole anche se vi consigliamo piuttosto di guardare The Prestige.

Voto Recensione di Amsterdam



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Christian Bale eccelso, che traina tutta la pellicola

  • - Premessa ottima

Contro

  • - Introduzione di troppi personaggi innecessari

  • - Elementi casuali che non c'entrano con la trama

  • - Scelte di sceneggiatura e regia discutibili

Commento

Amsterdam poteva essere una commedia dalla base storica ben riuscita, seguendo le orme di film come Jojo Rabbit, ma il risultato è un'accozzaglia di grandi star di Hollywood inserite in una trama che, per quanto comprensibile, risulta confusionaria. Christian Bale è l'unico a trainare tutta la pellicola grazie a una performance eccellente, che però non riesce a salvare il resto del progetto di David O. Russell.