Immagine di Dragonero - Il Ribelle: L'urlo della carne, recensione di una storia intensa
Cultura Pop

Dragonero - Il Ribelle: L'urlo della carne, recensione di una storia intensa

Dragonero - Il ribelle torna in edicola con il quarto albo, L'urlo della carne, e Ian affronterà un nemico oscuro e implacabile

Avatar di Manuel Enrico

a cura di Manuel Enrico

In sintesi

Dragonero - Il ribelle torna in edicola con il quarto albo, L'urlo della carne, e Ian affronterà un nemico oscuro e implacabile

Spingere la saga di Dragonero in una nuova direzione è stata una bella sfida per i creatori della serie fantasy bonelliana. Vietti ed Enoch non hanno mai fatto mistero di voler dare vita ad una storia che fosse anche in grado di rompere con gli schemi della casa editrice, non solo stilisticamente con una libertà espressiva che sfruttasse una gabbia più libera, ma anche sotto l’aspetto narrativo. L’urlo della carne è il quarto capitolo della nuova vita di Ian Aranil, iniziata con il primo capitolo di Dragonero – Il Ribelle.

Frammenti di vita dell'Erondar

Facendo un parallelo tra quanto sta accadendo all’ex scout imperiale e alla nostra quotidianità, si può immaginare che quanto iniziato con I Ribelli dell'Erondar sia l’inizio di una nuova fase della vita del personaggio, come può accadere a tutti noi. Certo, Ian vive avventure che noi possiamo solo immaginare (con anche un pizzico di invidia, a volte), ma l bontà del lavoro del team di Dragonero è racchiusa nel mantenere in questa narrazione fantasy comunque un tono maturo, non solo nei modi in cui vengono narrate le imprese degli eroi protagonisti ma anche nella gestione delle conseguenze degli eventi che accadono nell’Erondar.

Come spesso detto, l’Erondar e l’evoluzione che sta mutando il potere all’intero dell’Impero sono parte integrante di Dragonero – Il Ribelle, un elemento in costante transizione che ha portato Ian a voltare le spalle al nuovo ordine, per rispetto di quanto ha sempre considerato come suo dovere. Per coinvolgere i lettori in questa società, non servono solo storie che ci portino all’interno degli eventi, ma anche parentesi che sembrano slegate dal contesto generale. Sono questi albi che devono essere letti con attenzione, perché sono l’occasione per inserire attimi di pausa che diventano occasioni di decompressione emotiva per i protagonisti, e preziosi momenti per gli autori per addentrarsi in storie parallele che aiutino a comprendere meglio l’animo dei personaggi.

L’urlo della carne è uno di questi albi.

Ricordi di sangue e magia

Ian, Gmor e compagni stanno continuando la loro lotta al nuovo Impero Erondariano, e li ritroviamo mentre trovano rifugio presso una vecchia fortificazione abbandonata. Il luogo non è stato scelto casualmente, ma è stato espressamente indicato da un loro contatto come sito sicuro, ideale per incontrarsi in preparazione di nuovi incarichi.

Nell’attesa di incontrare il misterioso informatore, il gruppetto di ribelli esplora la fortezza, scoprendo che era appartenuta ad un noto campione delle arene, un combattente amato e osannato dalle folle. Da questo spunto, con una riflessione sull’eroismo che nasconde altri istinti meno nobili, un pensiero che spinge Ian a ricordare un avversario del suo passato, Kilvar.

Ai tempi in cui era ancora uno scout imperiale, Ian ebbe modo di diventare il bersaglio di un guerriero spietato, Kilvar, per l’appunto. Intenzionato a scontrarsi con il celebre Ian Aranill e impossessarsi della sua spada, Kilvar ordì un piano per rapire Ian, utilizzando uno dei suoi tirapiedi più deprecabili, Ghiltaniel. Per sopravvivere, Ian venne costretto ad affrontare Kilvar in una lotta nell’arena, scoprendo che il feroce combattente si avvale di oscuri rituali per i propri fini. Per Ian questo avversario fu un nemico implacabile, come si può leggere in questa storia.

La natura dei personaggi

L’urlo della carne è un numero di Dragonero – Il ribelle interessante sotto diversi aspetti.

In primis, è la firma di soggetto e sceneggiatura: Luca Barbieri. Il curatore della serie, infatti, dopo averci accolto negli albi e aver saziato la nostra curiosità con i suoi approfondimenti, ha modo di diventare parte attiva del racconto delle imprese di Ian, e lo fa con il suo peculiare stile. Barbieri non è nuovo al ruolo di narratore (come ben sanno i lettori de Il re dei topi), un ruolo che ha rivestito caratterizzando le proprie storie con una vena di violenza che per quanto spesso estrema non è mai esasperata o forzata, ma è una diretta emanazione della figura da cui viene perpetrata.

Difficile in un fumetto in cui gli scontri e la battaglie hanno un ruolo importante riuscire a mantenere questo equilibrio, eppure anche in questo numero di Dragonero, Barbieri centra il suo bersaglio. Ad una prima lettura potremmo considerare Kilvar come il violento dell’albo, il villain più spietato racchiuso in questa storia. In fin dei conti è l’avversario di Ian, ha fatto della lotta il suo credo e tutta la sua esistenza è caratterizzata dal sangue. Eppure, Kilvar è schiavo di una violenza che ha uno scopo, la vede non come forza primigenia ma come manifestazione di una volontà di eccellere. Rimane sicuramente un personaggio odioso e negativo, un cattivo, ma se cerchiamo una figura che sia pura malvagità dobbiamo guardare altrove.

Ad esempio, verso Ghiltaniel. Il tirapiedi di Kilvar, infatti, incarna la violenza cieca e perfida, senza scopo alcun se non l’esser sé stessa. Attratto dalla violenza fisica del contrasto tra eroe e antagonista, il lettore potrebbe sorvolare sulla perfidia di Gilthaniel, che contrariamente al suo padrone ha la tendenza a lanciarsi a gesti di pura cattiveria. Pensiamo al modo in cui uccide il piccolo volatile affidato alle cure di Sera, oltre ad altri piccoli gesti che ne caratterizzando la perfidia. Barbieri ritrae una figura epidermicamente odiosa, ma comunque carismatica, in senso negativo, ma che attira il lettore proprio per questa sua essenza quasi speculare a quella di Ian.

E lo scout viene ritratto in modo perfetto da Barbieri che ne ritrae con cura gli aspetti eroici, lasciando emergere anche il suo lato più ferino e combattivo, segno di una continuità narrativa che affonda le sue radici nella precedente vita di un’altra protagonista di Dragonero: Saevasechta, la spada di Ian. Prima di venire purificata e diventare Endastridth, la lama di Ian Aranill aveva un’influenza negativa sul suo portatore, saziandosi della anime dei nemici sovrumani abbattuti. Barbieri utilizza questo potere di Tagliatrice Crudele in modo intelligente, rendendola non un deus ex machina ma una parte integrante dell’anima di Ian, come è sempre stata la spada.

All’interno de L’urlo della carne si intravede anche una poesia amara, rivolta alla figura di Sera. La Guerra delle Regine Nere ha presentato un conto salato all’elfetta, ed è difficile leggere questo albo e non ravvedere nell’uccellino ucciso da Gilthaniel una lezione che Sera sta ora imparando. Giocando con il lettore, specialmente se con qualche annetto sulle spalle, Barbieri ha tratto ispirazione per il suo Kilvar da un altro implacabile lottatore, il Kurgan di Highlander, dando vita ad un rituale che ricorda la Reminiscenza, la strana magia (qualcuno canterebbe It’s a kind of magic) con cui gli immortali si impossessavano della conoscenza dei propri simili uccisi. Ispirazione interessante, che si libera da ogni dubbio di pura scopiazzatura per la funzione che hanno le due differenti magie: in L’urlo della carne il rituale consente a Kilvar di assimilare la forza spirituale dei nemici abbattuti, per gli Highlander era una questione di sapere e conoscenza.

Ritrarre violenza e eroismo

A dare vigore alla storia di Barbieri sono intervenuti ben due disegnatori, Luca Bonessi e Alessandro Bignamini. Come spesso accade per Dragonero, la presenza di storie divise su due livelli temporale diverse vengono interpretate da due differenti matite.

Bonessi racconta il presente di Ian. Le sue tavole hanno il duro compito di raccontarci visivamente l’interno della fortezza, oltre che le emozioni di personaggi stanchi e comunque in cerca di una speranza. Bonessi interpreta al meglio entrambe le sfumature, realizzando ambientazioni convincenti (la vignetta della discesa delle scale è stupenda) e trattando l’espressività dei personaggi con trasporto ed umanità. Tavola 7, dedicata a Sera, è angoscia, rimpianto e compassione, una ventata di emozione pura. Nota a margine, il suo Rehner ricorda vagamente un certo Massimo Decimo Meridio...

Tocca a Bignamini realizzare il ricordo di Ian. Come sempre, Bignamini si rivela perfetto, maestro nella gestione della fisica dei corpi (prendere la seconda vignetta di tavola 29), e capace di investire i propri personaggi della giusta fisicità, facendo appello all’emozione dei lettori. Il suo Kilvar, così vicino come archetipo visivo ai villain di Ken Shiro, è vivo e odioso. Il picco della sua bravura, a mio avviso, Bignamini lo raggiunge nel mostrare il volto di Sarsha, in occasione della sua personale vendetta su Gilthaniel, mostrando il suo bel viso stravolto da rabbia e risentimento.

Annotazione personale. In L’urlo della carne, per via della caratterizzazione del villain, c’è una certa abbondanza di nudo femminile. Si tratta di schiave, donne spezzate, che sono riportate al ruolo di oggetto. Barbieri ne inserisce la presenza in modo truce ma senza varcare il segno, evitando la spettacolarizzazione ma anzi dando loro un’occasione di mostrare una forza interiore anche viva. Bignamini ne ritrae la forzata nudità con rispetto, lasciando sottintendere una femminilità violata e quasi sminuita. Non si scivola mai nel pruriginoso, anche la nudità è asservita alla storia, alla veridicità dei personaggi, come nella vignetta della tunica strappata a Sarsha da Gilthaniel, in cui non traspare erotismo ma una violenza, psicologica anzitutto, odiosa e deprecabile. La narrazione passa anche da questi aspetti, mostrando forza espressiva e rispetto dell’anima dei personaggi.

A completare questo albo abbiamo la copertina di Gialuca Pagliarani, realizzata mettendo lo spettatore in una posizione di oppressione, di sconfitta palpabile, con un villain che sembra incombere, con tutto il peso della usa violenza e del suo mondo, su un Ian sconfitto. Disegno spettacolare impreziosito dai colori di  Paolo Francescutto, che crea un contrasto cromatico travolgente.

Il lavoro di Barbieri come curatore non viene certo meno, e nelle sue Cronache della Ribellione ci offre un bel riassunto del ruolo della spada di Ian. Al lettering dell’albo come sempre ha prestato la sua opera Marina Sanfelice.

Dragonero – Il Ribelle torna in edicola il prossimo 10 marzo, con Gli dei dell’Arena.

Dall’ombra insorgiamo. Nel silenzio colpiamo

Voto Recensione di Dragonero - Il Ribelle: L'urlo della carne



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Storia in continuity con la saga di Dragonero

  • - Ritmi narrativi intensi

  • - Violenza mai strumentale ma in linea con i personaggi

  • - Tavole spettacolari

Contro

  • - Meno inserito negli eventi recenti dell'Erondar rispetto agli ultimi albi

Commento

L'urlo della carne, il quarto volume di Dragonero - Il ribelle, ci porta a vivere uno dei ricordi più sanguinosi del passato di Ian. Violento, intenso e umano, la trama di Luca Barbieri è una storia spettacolare e travolgente

Informazioni sul prodotto

Immagine di Dragonero - Il Ribelle: L'urlo della carne

Dragonero - Il Ribelle: L'urlo della carne