Intervista a Lorenzo "LRNZ" Ceccotti: la visione di un artista contemporaneo

In occasione di Lucca Comics & Games 2018, siamo stati a tu per tu con Lorenzo "LRNZ" Ceccotti, uno dei più straordinari talenti attualmente attivi nel campo del fumetto nazionale e non.

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Ascoltare Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, è sempre un'esperienza, o almeno così l'ho sempre descritta ai colleghi che ancora non hanno avuto la fortuna di potersi interfacciare con il poliedrico ed eccezionale artista romano.

Parliamo, del resto, di uno dei più straordinari talenti nostrani nel campo del fumetto e dell'illustrazione, giustamente celebrato nel corso dell'ultima edizione di Lucca Comics & Games non solo tramite la straordinaria locandina della kermesse (il cui progetto l'ha resa, di fatto, “infinita”), ma anche e soprattutto grazie ad una mostra personale attraverso cui Lorenzo ha esposto non solo i suoi lavori, ma anche sé stesso.

Una mostra dinamica, eclettica, com'è Ceccotti, che ha avuto il privilegio di posizionarsi “in apertura” di mostre di artisti internazionali del calibro di Neal Adams (che pure abbiamo intervistato) e di Sua Maestà del manga Leiji Matsumoto, papà – tra i tanti – di Capitan Harlock e del Galaxy Express.

Parlare con Lorenzo, si diceva, è un'esperienza, perché la naturale curiosità dell'artista, la sua intelligenza e la sua capacità di guardare al futuro del linguaggio che padroneggia ad arte, quello del fumetto per l'appunto, lo rendono sempre foriero di spunti e riflessioni che, in altre interviste, non sono così immediati e naturali.

Ecco perché intervistarlo è sempre un gran piacere, specie se si ha la fortuna di vivere quell'intervista nel mezzo della sua esposizione, come per altro è successo a noi. È stato lo stesso LRNZ ad accompagnarci in giro per la sua esposizione lucchese, raccontandoci ovviamente di sé stesso e dei suoi lavori e di quello che ci è passato per la testa in quel momento, il cui risultato sono proprio i botta e risposta che leggerete di seguito e che, eccezionalmente, abbiamo deciso di riportavi in maniera pressoché integrale, ovvero nella forma di quella chiacchierata che in effetti è stata. Senza modificare quindi quella schiettezza di cui Lorenzo, in quel di Lucca, ci ha voluto privilegiare camminando insieme nel bellissimo Palazzo Ducale della città.

Sei molto soddisfatto di questa mostra.

Sì, anche perché c’è un problema enorme con il mio lavoro: spesso sento dire “Cavolo, parli tanto di umiltà, ma tu tutti i giorni posti due disegni, in fin dei conti sei un Narciso”. Lo considerano mettere l’ego in prima pagina, ma la verità è che se non lo facessi non lavorerei. Se potessi permettermi di disegnare di nascosto senza mostrare nulla a nessuno probabilmente lo farei. I miei lavori, una volta sui social, finiscono nella timeline assieme a quelli dei miei maestri e me ne vergogno, regolarmente. Internet nella sua apertura a tutti è paradossalmente spietata. I libri invece sono dei “guardiani”, ci finiscono solo i migliori, mentre su internet tutti possono postare tutto e per gli artisti fa crea senza dubbio una serie di difficoltà in più: hai sia i maestri conclamati, formidabili, conosciuti in tutto il mondo, ma ci sono anche artisti non ancora conosciuti che sono molto più bravi di te. E’ un fuoco incrociato, da tutte le direzioni.

Non penso che esista uno più bravo di te, te lo dico sempre. Peraltro notiamo che tu sei praticamente l’apertura della mostra di Neal Adams.

 Quello fa ridere, di brutto. Per tornare alla tua domanda originale, sono molto soddisfatto della mostra perché l’allestimento, in qualche modo, ha portato veramente in gloria il lavoro: talmente bene per cui alla fine anche le cose che non vanno nei miei lavori un po’ tendono a sparire grazie a un allestimento formidabile. Merito di Guido Martini che è stato curatore e allestitore della mostra.

So che ti sei impegnato molto per la parte acustica.

Sì, più che altro perché è una parte che ha molto a che fare con la mia ricerca di immaginario originale. Per me la musica è interessante proprio alla luce del fatto che è completamente immateriale. Non si vede, eppure mi fa scattare in mente mondi assolutamente visivi. La musica che stiamo ascoltando in questo momento è un drone, qualcosa che comunque evolve all’infinito, generativa: ha delle parti che funzionano con principi che non sono quelli della scrittura tradizionale della musica, è un software che suona stando all’interno di regole ben precise che ho impostato. Simile alla locandina di Lucca, ma in musica. Spesso, quindi, ascolto musica mentre disegno perchè è un modo di finire in un mondo di fantascienza, senza doverne costruire un set. C’è un disco che per me è il Santo Graal in questo senso, si chiama Quaristice.Quadrange.ep.ae, e in particolare c’è questo brano chiamato Perlence Subrange 636 di Autechre – il più grande gruppo di musica elettronica mai esistito. E’ un unico brano da 54 minuti, un ambiente sonoro meraviglioso che ti proietta in un mondo che molto oltre la fantascienza immaginata fino a oggi.

https://www.facebook.com/LRNZLRNZLRNZLRNZLRNZLRNZLRNZLR/videos/1851390478290234/

Cosa volevi raccontare con questa mostra?

Per anni ho fatto tante mostre diverse e ogni volta mi sono sempre guardato dal fare un discorso compilativo/storico. Quando fai una mostra a Lucca devi compiere una scelta importante e se penso a quando ho disegnato quello che vedi qui, nel 1997-98, ricordo perfettamente che non avrei mai pensato potessero avere una destinazione tanto eccezionale. L’idea di violare Palazzo Ducale di Lucca con opere che sono state fatte con la testa completamente da un’altra parte, secondo me chiude un percorso importante. Ha preso la piega di diventare una mostra sul percorso più completo possibile della mia produzione – chiaramente facendo delle scelte molto forti – ma l’idea di base è stata quella di partire dai lavori giovanili e arrivare anche a opere fuori dal fumetto, sull’illustrazione, sul cinema… Dunque è una mostra che vuole essere uno sguardo sulla mia ecletticità da un punto di vista dei medium su cui finisco per lavorare.

Questi foglietti così piccoli che stavano nel tuo cassetto dal ’97, come hai fatto a non perderli?

Stavano in una busta per fortuna. Una parte sarà andata persa sicuramente.

Li hai messi da parte sapendo che un giorno li avresti esposti?

Devi sapere che io faccio circa un trasloco l’anno, sono la persona più sfortunata del mondo quando si parla case. Quindi sono generalmente molto organizzato.

Su cosa stai lavorando adesso?

In particolare sto curando sempre il film d’animazione di Golem, sto iniziando il mio lavoro sul prossimo libro lungo per BAO, Gaist Maschine, e poi altre cose come piccole collaborazioni principalmente di illustrazione.

Questione locandina di Lucca. Si è realizzata all’interno del Festival come tu volevi si realizzasse?

Sì, assolutamente.

Secondo te questo approccio di tipo tecnologico all’arte è il vero futuro dell’arte oppure si tratta di una semplice questione di sperimentazione?

L’arte è tecnologia a partire dalla matita.

Secondo me sottovalutiamo sempre troppo le cose che abbiamo, perché ci siamo troppo immersi.

Lo studio dell’etimologia delle parole ci aiuta sempre, perché spesso al loro interno si trova uno spunto interessante per capire bene quanto non ci stiamo capendo niente del presente. Ad esempio, per dire, la poetica in greco viene da due parole, poiētikḗ(tékhnē), che sarebbe la capacità tecnica di saper fare le cose, la consapevolezza tecnica e le scelte di fare le cose in un certo modo. La poetica ha poco o nulla a che fare con l’idea romantica che abbiamo raccolto dalla modernità, è in realtà l’insieme di scelte tecniche con cui un artista decide di dire ciò che ha da dire ( e si, nella scelta del come e del cosa c’è senza dubbio sentimento): quello che hai da dire è la parte tua, individuale e soggettiva che si incarna in una scelta di carattere tecnico, tecnologico. La tékhnē di uno scultore è ingombrantissima dal punto di vista tecnologico, ma non è da meno la tékhnē di un pittore: capire come si mescolano i colori e il medio, rivela che ci sono mille trucchi assolutamente tecnologici nell’arte apparentemente più semplice e immediata: l’estensione della tecnologia moderna è qualcosa che non puoi evitare di considerare. A proposito, l’audio che senti lo sta generando lui che disegna. Questo è un plotter da disegno, vedi quelle piastrine rosse? Sono microfoni da contatto, collegati con queste uscite audio a questo sintetizzatore e i suoni che senti sono generati dal drone che sta suonando con i motori brushless dentro a una monomachine.

Quando hai presentato su Facebook il primo test di questo lavoro sei stato criticato da alcune persone, secondo le quali non era più un pezzo d’arte. Perché hai sentito l’esigenza di mettere alla prova la macchina per vedere se riusciva a realizzare questa cosa?

Io non l’ho fatto per mettere alla prova alla macchina, ma per capire quali sono le possibilità per me da un punto di vista artistico. Per me non è una sfida, io non voglio provocare né sfidare nessuno nel mondo dell’arte, a me interessa capire quali sono le proprietà artistiche di questo strumento e come posso usarle per fare delle opere che siano significative per me.

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Sei soddisfatto del risultato che hai ottenuto con questo lavoro? Secondo te quello che hai ottenuto, e poi è qui esposto alla mostra, ti dà soddisfazione? È una cosa realizzata al 100% o pensi che si possa andare ancora oltre quello che sta facendo in questo momento?

Questa macchina qui (quella nella foto precedente ndr) ad esempio non ha i livelli di pressione. Può disegnare solo forme che hanno uno spessore costante, a fare la differenza è cosa si utilizza per disegnare, se un pennarello grande o piccolo. Detto questo, un disegno generato con questa macchina potrebbe giovare tantissimo di un servomotore in più (per avere anche i livelli di pressione appunto, ndr).

Passiamo ora al cartone animato. Perché hai sentito l’esigenza di trasformare Golem in un’opera animata?

Quando ho fatto Golem, l’ho scritto con l’idea di una serie di fatti che potessero essere raccontati in un film di un’ora e mezza.

Quindi è una sceneggiatura disegnata, più che uno storyboard?

No, è un fumetto, e ha delle caratteristiche che lo rendono tale per forza. Ad esempio l’uso dei sistemi simbolici in Golem non può essere applicato allo stesso identico modo nel cinema. Sull’immagine di Golem ti devi fermare, al cinema non puoi fermare lo scorrere del tempo. O meglio sì, in un certo senso, ma i simboli nel cinema funzionano con una logica completamente diversa. Per far capire nel cinema qualcosa raccontato nel fumetto devi metterlo in sequenza in modo diversa. Quindi va ripensata. Però resta il fatto che sicuramente ci sono gli spunti narrativi che poi finiranno nel film. Detto questo, il lavoro sul film nasce con l’idea di misurarsi un’altra volta con l’animazione dopo aver fatto Dark Side of the Sun, e poi non bisogna escludere il fatto che mi hanno fatto una proposta.

Com’è stato lavorare a Ghost in the Shell?

Un campo minato. Brenden, lo sceneggiatore canadese che si è occupato di scrivere la storia di Ghost in the Shell, si è presentato a me dicendo “Ah, ho visto che tu sei eclettico, ti ho scritto una storia addosso:ci mettiamo delle pagine che sono lo stile di Oshii, delle pagine che sono nello stile di Stand Alone Complex, delle pagine che sono nello stile di Arise, delle pagine che sono tipo il manga. Mi ha accollato una quantità di problemi da risolvere da un punto di vista grafico mostruosi. Per quanto sia vero che lei è la tipa di Arise e la vignetta dopo è quella del fumetto di Shirow, resta il fatto che comunque devi trovare un punto di contatto fra le tre, altrimenti non lo segui il fumetto, diventerebbe un non sequitur insensato. Il problema è stato trovare questo codice formale che mi permettesse di passare attraverso le varie versioni. Non sono state pagine facili. In più stai lavorando a qualcosa che è letteralmente un patrimonio mondiale. Una cosa però molto bella che posso dirti è che sono uscite già diverse recensioni, tutte ultra positive, e la mia storia fra tutte è stata segnalata come un punto di forza del libro. È una soddisfazione incredibile.

Tu e Werther Dell’Edera avete lavorato su due opere enormi, Ghost in the Shell e Il Corvo, questo testimonia il buono stato del lavoro dell’artista in Italia in questo momento.

Assolutamente sì, alle volte si ha quasi la sensazione che ci siano più italiani che americani a fare fumetti negli Stati Uniti.

LRNZ è un artista poliedrico ed eccezionale, ed il miglior modo per conoscerlo è attraverso i suoi straordinari lavori. Due consigli possono essere Viewpoint, praticamente un viaggio attraverso il suo stile ed il suo tratto, e Golem il suo primo libro a fumetti.