Apple è davvero un'azienda etica? Il Congo chiama il bluff del colosso tech

La Repubblica Democratica del Congo esprime preoccupazioni sull'uso di materiali collegati a gruppi armati nella catena di approvvigionamento di Apple.

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a cura di Luca Rocchi

Managing Editor

Nell'ambito delle pratiche commerciali internazionali, la questione dell'utilizzo di minerali provenienti da zone di conflitto sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle politiche aziendali delle grandi corporazioni. In particolare, l'Apple, famoso produttore dell'iPhone, si ritrova sotto la lente d'ingrandimento per le accuse riguardo l'impiego di cosiddetti minerali di conflitto nella sua catena di approvvigionamento. Questi minerali, tra cui il stagno, il tungsteno e il tantalio (noti collettivamente come 3T), sono spesso estratti in condizioni che finanziano gruppi armati e violenze, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).

Nel corso degli anni, Apple ha annunciato vari passi avanti nella risoluzione di queste problematiche. Nel 2020, ad esempio, ha interrotto le relazioni con 18 fonderie e raffinerie che non rispettavano le linee guida imposte dall'azienda riguardo l'utilizzo di minerali etici. Questo impegno è proseguito nel 2022, allorché altri 12 fornitori sono stati esclusi dalla catena di approvvigionamento per non aver soddisfatto i criteri stabiliti da Apple in tema di minerali di conflitto.

Tuttavia, la governativa della RDC ha recentemente espresso dubbi sull'efficacia delle politiche adottate da Apple. Attraverso una lettera inviata al CEO di Apple, Tim Cook, e ad alcune sussidiarie in Francia, un gruppo di avvocati internazionali ha sollevato questioni riguardanti l'adeguatezza delle azioni dell'azienda. Questa mossa cui fa eco il fatto che, nonostante le smentite delle big tech, esistano discrepanze tra le dichiarazioni ufficiali sull'origine etica dei minerali e la realtà operativa nelle zone di estrazione.

L'avvocato Robert Amsterdam, alla guida dell'azione legale, ha messo in luce come nonostante gli sforzi dichiarati, la verifica concreta e verificabile delle origini dei minerali da parte di Apple lasci numerosi dubbi. La sua analisi sottolinea come i rapporti ufficiali sulle fonti dei minerali siano spesso in contraddizione con le effettive dinamiche di estrazione, esemplificando il caso del Ruanda, il cui output minerario non corrisponde ai livelli di approvvigionamento dichiarati dalle aziende tecnologiche.

Verificare e tracciare i materiali utilizzati diventa un obbligo sempre più importante
Il punto centrale delle accuse risiede nella presunta incapacità di Apple di garantire con assoluta certezza che i prodotti tecnologici venduti non siano contaminati da minerali il cui commercio contribuisca a finanziare violenze e violazioni dei diritti umani. Amsterdam, che rappresenta il governo della RDC tramite il suo studio legale Amsterdam & Partners LLP, evidenzia la necessità di maggiore trasparenza e verifica nelle catene di fornitura globali.

In risposta a tali preoccupazioni, Apple ha sottolineato, in una comunicazione alla Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti, come dal 2009 abbia attuato un rigoroso Codice di Condotta dei Fornitori. Questo include uno standard di responsabilità sulla provenienza dei materiali che va oltre la mera questione dei conflitti, abbracciando rischi sociali, ambientali e relativi ai diritti umani.

La compagnia ha inoltre fatto notare che, nel solo 2021, ha escluso dalla propria catena di approvvigionamento 12 fonderie e raffinerie, aumentando a 163 il numero totale di entità rimosse dal suo network produttivo per non aver aderito o completato audit di terze parti, o per non aver incontrato i criteri richiesti per una sourcing responsabile dei minerali.

Questo scenario evidenzia la complessa sfida che le grandi aziende tecnologiche devono affrontare nel garantire che le loro pratiche commerciali non soltanto seguano principi etici di base, ma contribuiscano concretamente a combattere sfruttamento e ingiustizie all'interno delle comunità da cui provengono le risorse.

Di fronte a queste complesse dinamiche, sia le aziende che i governi e le associazioni internazionali sono chiamati a unire le forze per instaurare sistemi di verifica e tracciabilità che possano garantire la totale eticità delle catene di approvvigionamento globali, un obiettivo che, se raggiunto, potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nella lotta contro l'exploitazione illegale delle risorse e il finanziamento dei conflitti.