Buco nero nella Via Lattea, il resto di una galassia nana?

Una ricerca pubblicata su Nature apre le porte alla possibilità che al centro della Via Lattea, oltre al buco nero supermassiccio Sagittarius A* possa esserci un altro buco nero, di massa intermedia, che potrebbe essere addirittura quello che rimane di una galassia nana cannibalizzata da tempo dalla Via Lattea.

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a cura di Antonio D'Isanto

La corsa verso la comprensione del mistero che circonda da sempre i buchi neri ha compiuto di recente un ulteriore, piccolo passo in avanti. Come abbiamo avuto modo di analizzare più volte su queste pagine, di buchi neri ne esistono essenzialmente due tipi: quelli stellari, con massa pari ad alcune volte quella del Sole, e quelli supermassicci, dei mostri dotati di una massa pari a milioni di volte il Sole stesso.

I meccanismi alla base della loro formazione sono molto diversi, essendo i primi oggetti di origine stellare, mentre sui secondi non vi è tuttora una spiegazione chiara riguardo la loro origine, bensì una serie di teorie più o meno plausibili.

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Da tempo però gli astronomi ipotizzano l'esistenza di una classe intermedia di buchi neri, con masse nell'ordine delle centinaia o migliaia di volte quella del Sole. Recentemente sono stati trovati alcuni indizi che farebbero pensare ad una loro esistenza, finora prevista solo su base teorica.

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È di pochi giorni fa la pubblicazione su Nature Astronomy di un lavoro a firma di un gruppo di astronomi giapponesi, in cui si annuncia la scoperta di un candidato buco nero intermedio estremamente credibile, proprio vicino al centro della nostra Via Lattea.

Come ricorderete la Via Lattea, come la quasi totalità delle galassie, ospita al suo centro un buco nero supermassiccio, Sagittarius A*, un mostro di 4 milioni di masse solari racchiuse in un diametro di appena 13 milioni di km. Per intenderci, meno della metà dell'orbita di Mercurio. Osservando una nube molecolare posta a circa 60 parsec dal nucleo della Via Lattea - quindi in termini astronomici molto vicina al centro - gli scienziati si sono resi conto, studiando la dinamica del gas, che la nube stessa nascondeva qualcosa. Tale struttura dinamica infatti può essere spiegata grazie agli effetti gravitazionali dovuti alla presenza di un corpo compatto, posto al centro della nube, di circa centomila volte la massa del Sole.

Il lavoro è basato su dati dell'Atacama Large Millimiter Array (ALMA) e su successive simulazioni dinamiche. L'assenza di altre rivelazioni in differenti bande dello spettro sembrerebbe confermare l'ipotesi di un buco nero di circa 105000 masse solari.

osservatorio ALMA

Osservatorio ALMA

Altri scenari sembrerebbero da escludere, in quanto gli scienziati sono riusciti a misurare la densità di massa all'interno della nube, giungendo alla conclusione che quest'ultima è troppo elevata per poter essere qualunque altra cosa conosciuta, anche rispetto alla bassa luminosità. Un ammasso globulare ha infatti densità di circa due ordini di grandezza inferiori. Anche l'ipotesi dell'ammasso stellare non regge, in quanto mancando rivelazioni infrarosse, dovrebbe essere composto prevalentemente da residui stellari compatti, ovvero stelle di neutroni e buchi neri. Uno scenario quanto meno irrealistico. L'ipotesi del buco nero intermedio perciò è senza dubbio la più accreditata.

Data la vicinanza a Sagittarius A*, il destino di CO-0.40-0.22*, questo il nome assegnato al buco nero, sembra segnato: essere prima o poi fagocitato dal suo vorace dirimpettaio. Ancora più affascinante però è l'ipotesi alla base dell'origine del mostro. Esso infatti potrebbe essere ciò che rimane di una galassia nana cannibalizzata da tempo dalla Via Lattea. In altre parole, il buco nero intermedio costituirebbe la versione in scala del nucleo, nel caso di una galassia di dimensioni ben inferiori.

Rappresentazione artistica di un buco nero supermassiccio al centro di una galassia

Rappresentazione artistica di un buco nero supermassiccio al centro di una galassia

Questa teoria potrebbe rafforzare l'ipotesi secondo la quale i buchi neri supermassicci si formerebbero da ripetute coalescenze di buchi neri intermedi, posti al centro delle galassie più piccole, nel momento in cui queste si fondono in quello che viene comunemente chiamato merging. Viene però da chiedersi, a questo punto, quali sarebbero i meccanismi che porterebbero alla formazione dei buchi neri intermedi. Come vedete, ogni nuova scoperta in Astronomia diventa sempre la base per nuove domande.

C'è da dire che CO-0.40-0.22* non è il primo candidato buco nero intermedio a essere scoperto nella Via Lattea. Alcuni anni fa un altro oggetto del genere venne rinvenuto sempre nei pressi di Sagittarius A*, un oggetto più piccolo di circa 1300 masse solari. La sua scoperta però è stata successivamente messa in dubbio e al momento non vi è ancora un accordo unanime tra i ricercatori riguardo la sua natura. Questo fa di CO-0.40-0.22* un serissimo candidato alla palma di primo buco nero di massa intermedia di cui venga realmente confermata l'esistenza.

Antonio D'Isanto è dottorando in astronomia presso l'Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l'applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.


Tom's Consiglia

Se i buchi neri vi appassionano vi consigliamo di leggere l'eccellente libro di Kip Thorne Buchi neri e salti temprali. L'eredità di Einstein.