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Buco nero divora una stella più grande del nostro Sole

Osservato un buco nero che banchetta da un decennio: non solo il pasto è da record, ma anche la velocità di accrescimento dell'affamato oggetto cosmico.

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Avatar di Elena Re Garbagnati

a cura di Elena Re Garbagnati

Pubblicato il 08/02/2017 alle 14:27 - Aggiornato il 10/02/2017 alle 11:46

Non è la prima volta che assistiamo al banchetto di un buco nero, ma in genere si tratta di eventi che hanno una durata relativamente breve - non più di un anno. Cosa differente è quella a cui hanno assistito gli astrofisici con i telescopi spaziali Chandra X-ray Observatory, Swift ed XMM-Newton: il buco nero XJ1500+0154 situato in una piccola galassia a 1,8 miliardi di anni luce da noi ha divorato una stella due volte più massiccia del nostro Sole, impiegando 10 anni.

buco nero

Crediti: X-ray: NASA/CXC/UNH/D.Lin et al, Optical: CFHT, Illustration: NASA/CXC/M.Weiss

Un pasto decisamente lungo per quello che molte testate straniere hanno soprannominato l'Hannibal Lecter spaziale, immortalato grazie ai sofisticati strumenti di NASA ed ESA. Andando per ordine, l'evento è stato osservato per la prima volta da XMM-Newton (ESA) nel 2005. Nel 2008 Chandra ha osservato un picco di luminosità, per questo negli anni successivi i due telescopi, insieme anche a Swift, hanno continuato a osservarlo più volte.

Ricordiamo che l'osservazione nella banda X è particolarmente efficace proprio in presenza di eventi di questo tipo, particolarmente energetici e causati da fenomeni catastrofici (motivo per cui questa branca è solitamente definita Astrofisica delle Alte Energie). L'idea è sostanzialmente quella di andare ad osservare eventi molto energetici e spesso suscettibili di una rapida variabilità temporale. Ciò che rende unico questo caso è proprio la durata, assolutamente non in linea con quanto noto sinora.

Per capire meglio, dalle prime osservazioni di Chandra si era dedotto che XJ1500+0154 si trovasse al centro di una piccola galassia, il che suggeriva fortemente che si trattasse di un buco nero supermassiccio, dato che questi colossi cosmici si nascondono al centro della maggior parte, se non tutte, le galassie.

Ma se un buco nero non riflette la luce, come si fa a vederlo? Quello che hanno visto gli scienziati è stato il bagliore di raggi X che tipicamente viene generato da un "evento di distruzione mareale" (TDE - Tidal Disruption Event), ossia quando una stella o un altro oggetto viene fatto a pezzi dalla forza di gravità di un buco nero, generando quella che di solito viene definita come una "supernova accidentale". Alcuni dei materiali contenuti nella stella cadono verso l'interno durante un TDE, producendo così tanto calore da generare, appunto, un bagliore di raggi X.

Foto: © Andreus / Depositphotos

Foto: © Andreus / Depositphotos

L'esito delle osservazioni si legge in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Astronomy, firmato dai ricercatori dell'Università del New Hampshire. Fra loro Dacheng Lin, coordinatore del gruppo di ricerca statunitense, secondo cui "dagli anni '90 sono stati osservati decine di eventi di questo tipo, ma mai nessuno così prolungato", a sottolineare l'eccezionalità del caso.

Leggi anche: Saltando tra i buchi neri, da Einstein a Hawking

Per ottenere questi risultati, gli astrofisici hanno analizzato in dettaglio gli spettri e generato le "curve di luce" relative al fenomeno in esame, ovvero funzioni matematiche che descrivono come la luminosità emessa varia nel tempo. L'analisi che ne consegue dimostra come l'evento possa essere spiegato solo con la distruzione di una stella di circa due volte la massa del Sole da parte del buco nero centrale.

Per quanto l'ipotesi della distruzione di una stella molto grande, circa dieci masse solari, sia plausibile e potrebbe risultare coerente con i dati, non spiega tuttavia il perché di una così lunga durata del fenomeno. Assumendo invece la presenza di una stella più piccola, due volte la massa del Sole per l'appunto, i ricercatori sono giunti alla conclusione che un oggetto di questo tipo possa dare origine ad una circolazione "lenta", per così dire, del materiale strappato all'astro. Ciò avrebbe permesso quindi al buco nero di nutrirsi per tutto questo tempo.

Sempre nello stesso studio, gli autori fanno notare come nel corso delle osservazioni sia stato osservato un rapido accrescimento del buco nero, che dimostra la capacità di questi affascinanti oggetti cosmici di raggiungere masse pari a miliardi di volte quelle del Sole. "Questo evento dimostra che i buchi neri in realtà possono crescere a tassi straordinariamente elevati" ha infatti commentato il co-autore dello studio Stefanie Komossa della Qiannan Normal University di Duyun City.

Leggi anche: Scoperto un buco nero da 17 miliardi di masse solari

Non a caso anche questa volta (non è la prima) si parla del superamento del limite di Eddington - il massimo teorico della luminosità di un corpo sferico, dato dall'equilibrio tra la forza di gravità che agisce in senso attrattivo e la pressione di radiazione che tenderebbe a farlo espandere. Un parametro oggetto da tempo di discussione, e che se realmente superato avrebbe notevoli implicazioni in astrofisica perché spiegherebbe le dimensioni di molti buchi neri.

C'è da dire inoltre che lo studio di questo fenomeno ha portato a una migliore comprensione globale riguardo il funzionamento delle galassie. È infatti interessante il fatto che il banchetto avvenga in una "starburst galaxy", ovvero una galassia in cui il ritmo di formazione di nuove stelle è notevolmente più elevato del normale. Eventi come quello in esame possono aiutare a capirne meglio il perché: quando una stella viene distrutta dal buco nero centrale infatti, non tutto il materiale viene assorbito; una parte viene letteralmente sparato fuori a causa di effetti di tipo gravitazionale, creando onde d'urto che rimescolano e perturbano il gas e il pulviscolo presente nelle parti più esterne della galassia, fungendo da innesco per il processo di formazione stellare. Per questo motivo i buchi neri supermassicci costituirebbero una sorta di motore delle galassie.

Le osservazioni sono tuttora in corso e proseguiranno, perché il pasto non è ancora concluso: le simulazioni degli scienziati evidenziano che il bagliore ai raggi X emesso da XJ1500+154 calerà notevolmente nel prossimo decennio, man mano che l'approvvigionamento di cibo si ridurrà in modo significativo.

Inoltre gli astronomi sottolineano come fenomeni del genere possano essere molto più comuni di quanto non si pensi, ma i limiti nelle osservazioni non hanno permesso sinora di rilevarli con precisione. Sicuramente in futuro la nuova generazione di strumenti X (Spektr-RG e ATHENA per citarne giusto un paio), grazie ai dati che forniranno, consentirà di aumentare notevolmente la comprensione di questi cataclismi cosmici.

Buon appetito!

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