Che sarebbe stata una guerra lo si poteva intuire fin dal principio. La decisione di Facebook di aggirare gli ad blocker e impedire il blocco delle pubblicità sulle proprie pagine ha alzato un polverone. In poco meno di 48 ore Adblock Plus ha trovato un modo per continuare a rimuovere le pubblicità dalle pagine del social, facendosi beffe delle soluzioni di Zuckerberg e compagni.
Il problema è che, secondo Facebook, questa soluzione è troppo aggressiva e mina il funzionamento del social. "Siamo delusi del fatto che le aziende di ad blocking stiano punendo le persone su Facebook, in quanto i nuovi tentativi non solo bloccano le pubblicità ma anche i post di amici e pagine. Questa non è una buona esperienza per le persone e abbiamo intenzione di risolvere il problema. Gli ad blocker sono uno strumento inadeguato ed è per questo che ci siamo focalizzati nella costruzione di strumenti come le preferenze pubblicitarie per mettere il controllo nelle mani delle persone".
La frase "abbiamo intenzione di risolvere il problema" indica che in casa Facebook hanno già trovato il modo di superare l'azione di Adblock Plus. "Una fonte vicino a Facebook mi ha detto che oggi, entro poche ore, l'azienda farà un aggiornamento al codice del sito che renderà nullo il workaround di Adblock Plus", ha scritto Josh Constine su Techcrunch.
Siamo al gioco del gatto con il topo. La guerra tra i due schieramenti non è certo terminata e ci saranno ulteriori sviluppi. Chi vincerà è troppo presto per dirlo. Di certo questo episodio fa riemergere il dibattito sulla legittimità nell'uso dei software per il blocco delle pubblicità. Da una parte gli editori che, spesso offrendo servizi gratuitamente, vedono i fatturati pubblicitari crollare - e di conseguenza sono costretti a cercare nuove fonti d'introito, come il native advertising.
Da una parte i fruitori dei siti, che non solo trovano molto volte la pubblicità invasiva e deleteria per i tempi di caricamento delle pagine, ma anche parecchio ficcanaso, piena di tracker per carpire informazioni sui loro gusti al fine di servire pubblicità mirate e vendere prodotti. La ragione potrebbe stare nel mezzo?
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