A Sign of Affection 1, recensione: lasciami entrare nel tuo mondo

La nostra recensione di A Sign of Affection 1, manga scritto da Suu Morishita ed edito dalla Star Comics.

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a cura di Beatrice Villa

In Giappone ci sono più di 100 scuole per non udenti e la prima è stata fondata a Kyoto nel 1878 dove, sin dalla sua fondazione, vennero esplorati diversi tipi di metodi educativi per l’apprendimento della lingua dei segni. Per decenni, infatti, in Giappone come nel resto del mondo, le persone sorde furono educate alla lettura del labiale e alla riproduzione di suoni tramite studio anatomico di corde vocali, palato e labbra. La protagonista di A Sign of Affection (Hepburn: Yubisaki to Renren) manga scritto e illustrato da Suu Morishita già nota nel nostro Paese grazie ad Ali di Farfalla, serie edita dalla Planet Manga, è proprio una ragazza nata sorda. Il manga, serializzato in Giappone sulla rivista Dessert di Kodansha nel luglio 2019, viene pubblicato in Italia dalla casa editrice Star Comics, che porta nelle nostre case un manga dolcissimo, che tratta con semplicità e delicatezza, un argomento sensibile, ovvero la sordità, un mondo ancora oggi abbastanza sconosciuto, ma che davvero vale la pena di approfondire, non solo per curiosità, come l’appassionato di lingue Itsuomi, ma proprio per un concetto di normalizzazione e inclusività.

Questo è il mio mondo. Un mondo in cui da quando sono nata, i suoni non esistono. Solo dopo essere scesa dal treno mi sono accorta che le vibrazioni che percepivo, provenivano da denro di me.

A Sign of Affection 1: un mondo incredibilmente vasto

La sordità è un argomento che emerge molto spesso negli anime e nei manga giapponesi. Pensiamo semplicemente a La forma della voce, film del 2016 in cui vengono bene delineante le difficoltà della protagonista a trovare il proprio posto in un mondo che ancora non accetta chi è diverso. Shoko è infatti vittima di bullismo e viene ostracizzata dai suoi compagni di classe. Nei manga mi viene in mente Hidamari ga kikoeru, in cui il protagonista non è completamente sordo, infatti l'udito di Kouhei è gravemente danneggiato. Si tratta quindi di una sordità parziale che però molto spesso viene sottovalutata o presa in giro dalle altre persone che non comprendono le difficoltà dell’interessato. Se quello che emerge da quella storia è la lotta per l’inclusione e l’importanza del senso di appartenenza alla comunità e la promozione della cultura linguistica, quello che emerge invece da A Sign of Affection è la normalizzazione di un’apparente mancanza come invece punto di forza e parte del carattere peculiare della nostra protagonista.

Yuki è completamente sorda. Indossa un apparecchio acustico ma non riesce comunque a captare i suoni. Nonostante ciò vive appieno la sua vita universitaria, che ha deciso di seguire ammaliata da quel mondo così vasto e da quei ragazzi, non più bambini ma neanche adulti, che cercano di godersi appieno la loro gioventù. Non ha problemi a socializzare, segue le lezioni come qualsiasi altro studente aiutata dalla sua amica. In Giappone alcuni studenti universitari portano il computer proprio per scrivere la lezione e per aiutare le persone sorde e fare altrettanto.

Una vita normale quella di Yuki, forse un po’ diversa da quella degli altri, fino a quando non si imbatte per caso in Itsuomi, un ragazzo alto, affascinante, spigliato e con una passione sfrenata per le lingue. Forse è proprio per il suo interesse nelle altre culture che si avvicina a Yuki, curioso di scoprire un nuovo mondo, quello della lingua dei segni. Yuki, dapprima incerta e timida, riesce a chiedere al ragazzo il suo numero di telefono e da quel momento i due iniziano a parlare. Yuki scopre così quanto è vasto il mondo intorno a lei e quante cose ancora ha da scoprire e imparare. Stesso per Itsuomi, il quale si ritrova a essere sempre più attratto dalla ragazza. Come si evolverà il loro rapporto? E Oshi, amico d'infanzia di Yuki, sosterà la ragazza nelle sue scelte, o forse vedrà Itsuomi come un suo rivale?

A Sign of Affection 1: una storia dolce e delicata

Attraverso una narrazione dolce e delicata, a tratti poetica, Suu Morishita offre una maggiore riconoscibilità e consapevolezza della sordità e di come viene vista dalle persone. La lingua dei segni giapponese ha un vocabolario e una grammatica diversi rispetto al giapponese parlato. Infatti in Giappone la lingua dei segni si divide in due tipologie che differiscono proprio per la grammatica. Abbiamo la lingua di segni giapponese e quella codificata naturalmente in cui i gesti seguono la struttura grammaticale impiegata nelle frasi scritte, mentre nella prima la grammatica è differente per le espressioni, i movimenti degli occhi e altre gestualità che le donano una grande capacità espressiva. In A Sign of Affection la lingua usata è quella codificata manualmente e quindi usata nella vita di tutti i giorni.

Itsuomi ci appare fin da subito affascinato dalla lingua dei segni usata da Yuki e, da amante delle diverse culture, non può fare a meno di avvicinarsi alla ragazza. Quello che tra i due protagonisti si instaura, in questo primo volume, è un rapporto d’amicizia, almeno per quanto riguarda Itsuomi, perché Yuki non può impedire al suo cuore di battere forte ogni volta che si trova vicina al ragazzo.

Quello che emerge fin subito è che la sua sordità non è vista come una mancanza, ma come qualcosa di normale, e la lingua dei segni è semplicemente un altro modo in cui può comunicare con le altre persone, oltre che attraverso la comprensione del labiale. L'autrice riesce anche a farci cogliere alcune difficoltà che Yuki deve affrontare, sottolineando che ci sono ancora delle persone che ancora fanno fatica ad accettare e a capire, come nel caso del compagno di scuola Oshi, amico di infanzia di Yuki, il quale, non comprendendo come Yuki riesca a comunicare, sorvola sull’argomento.

Il mondo di Yuji e Itsuomi non è un mondo chiuso, in cui vivono solo loro due, ma aperto, in continua evoluzione. Ciò che i due trovano nell’altro ha un valore inestimabile. Una storia d’amore che rompe ogni confine, ogni limite è quella che ci propone Suu Morishita. Una storia di crescita, di comprensione reciproca, una storia normale di due persone che scoprono ciò che rende l’altro bello e speciale.

Lo stile grafico e narrativo

Come per Ali di farfalla, la storia si sviluppa con un ritmo dolce e lento. Non è mai noiosa. La scelta delle parole, dei gesti, tutto rende la narrazione ancora più poetica in cui emerge il tratto gentile della Morishita. I disegni sono delicati e genuini, perfettamente adatti all'atmosfera della storia, calda e accogliente. Ho apprezzato l'inserimento di una pagina esplicativa sul linguaggio dei segni giapponese, utile per comprendere il mondo in cui Yuki comunica.