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James Hook, recensione del pirata che navigò in cielo

Mario Petillo completa una delle fiabe più belle di tutti i tempi, ricostruendo la genesi di James Hook, la nemesi di Peter Pan

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

In sintesi

Mario Petillo ri-costruisce e completa una delle storie più affascinanti della nostra infanzia. James Hook, la nemesi di Peter Pan, vede la sua genesi in questo primo romanzo dell’autore.

Nel mondo delle fiabe, i cattivi sono certamente affascinanti almeno quanto i buoni protagonisti della storia, ma con buona probabilità James Hook, meglio a noi noto come Capitan Uncino, resta uno dei personaggi più impressi nella memoria dell’immaginario collettivo. Il motivo? Semplicemente perché è caratterizzato da una serie di elementi che lo rendono affascinante, come essere uno dei pirati più terribili della storia e il suo temibile uncino. Ma vi siete mai chiesti come James Hook sia arrivato all’Isola Che Non C’è con tutta la sua ciurma? E da dove nasce l’odio viscerale per quella “vilissima mosca” di Peter Pan? Mario Petillo si mette alla prova con questo suo romanzo d’esordio, cercando di collocare delle inedite origini del mitico pirata con i racconti canonici di James Matthew Barrie.

In quell’oceano sconfinato, ma che in realtà circonda solo l’Isola Che Non C’è, è ancorata da un tempo impossibile da definire la Jolly Roger, il vascello di Capitan James Hook con la sua ciurma fedele. Una ciurma che ricorda ancora i tempi degli arrembaggi, delle navi depredate e requisite, delle fughe rocambolesche dalle navi corsare al servizio delle monarchie europee, azioni degne delle più grandi gesta della pirateria settecentesca, ma che ormai da troppo tempo resta immobile, annoiata e sonnecchiante sul vascello, in assenza di nuove avventure. Manca lo spirito, un ideale da inseguire o, forse meglio, una nuova avventura. Spugna, il fidato nostromo del capitano, viene incitato dal primo ufficiale a sincerarsi sullo stato del loro capitano, un comandante che restando in cabina sembra non voglia più occuparsi della sua ciurma.

Hook decide così di ricevere il suo uomo più fidato, e sfogandosi inizia a raccontarsi per spiegare a Spugna tutta la sua amarezza e il sentimento d’odio che l’opprime. Un sentimento che ha origini lontane, quelle dell’infanzia di Hook e di un’adolescenza che non c’è mai stata, proprio a causa di Peter Pan. Cos’è accaduto al giovanissimo James? Possibile che il cattivo della storia sia in verità qualcun altro?

Sono dei quesiti che a distanza di oltre cento anni, Mario Petillo prova a risolvere con James Hook. Il pirata che navigò in cielo (Poliniani, 2022), il suo primo romanzo dopo anni d’esperienza come storyteller e giornalista nei settori del cinema, sport, videogiochi e – con giustificato orgoglio – nella “ciurma” di Tom’s Hardware Italia. Vi anticipiamo che il nostro Mario è riuscito creare quel tassello mancante, che da solo colma uno spazio importante nel quadro della mitica fiaba di Peter Pan. Siete pronti a salpare o, meglio ancora… a volare?

James Hook, il bambino che voleva crescere

Tutti abbiamo sognato di volare come Peter Pan. Ma forse non tutti hanno sempre sognato di essere un pirata. Che ci crediate o meno, nemmeno il temibile James Hook. Proveniente da una famiglia di origini assai modeste, con le radici ancorate a Crowthorne, un paesino della contea del Berkshire in Inghilterra, James M. Turner sognava una vita fatta di studio, di apprezzamento per la letteratura inglese e la poesia, e divenire un giorno un uomo giusto schierato contro le angherie subite dai più deboli. Conosceremo un James “giusto”, che cerca di emergere da quel minuscolo paesino in mano a contadini e briganti, un giovane che con enorme spirito di sacrificio, riuscirà ad eccellere e farsi accettare nel collage di Eaton, in quella che negli anni diventerà una delle scuole più prestigiose del Regno Unito.

Ma una notte, mentre James era nel dormitorio della scuola che aveva sempre sognato, un’ombra si intrufolò all’interno della stanza. Era l’ombra di Peter Pan. Forzatamente, il folletto abbigliato in calzamaglia verde, decise di portare con sé il giovane James a Neverland, in quell’isola nel cielo dove è possibile arrivare seguendo la “seconda a destra e poi dritto fino al mattino”. Ma non era questo l’ideale di James. Non voleva vivere in un posto dove si resta eternamente bambini, lui voleva crescere…

E dopo avervi raccontato una prima parte della storia orchestrata da Petillo per capire cosa vi aspetta, non vi riveliamo altro di questo romanzo che ha davvero tanto da raccontare, di un personaggio che fino ad oggi ci ha mostrato una faccia differente, figlia anche di un buco narrativo che Mario Petillo ha saputo colmare in modo magistrale, facendo luce su tanti punti interrogativi sulla vita di Capitan Uncino, come ad esempio il suo incontro con Spugna, la perdita della mano destra sopperita dall’uncino e, a questo punto, com’è riuscito a portare un’intera ciurma sull’isola Che Non C’è, restituendo un ritratto di questo personaggio assolutamente inedito e, nonostante tutto, complementare alle interpretazioni cinematografiche e disneyane.

Infatti, Petillo mette in opera un registro narrativo di primissimo livello. Risulta lampante la volontà di voler trasportare il lettore tanto nei luoghi minuziosamente descritti come Crowthorne e Eaton, grazie a una proficua ricerca condotta in prima persona sui luoghi originali, quanto il carattere e i sentimenti di James trasmessi con le parole, sensazioni che suscitano netta immedesimazione degli eventi raccontati, con tristezza, dolore fisico e morale e, infine, l’odio e la vendetta, con una tale intensità che potrebbe supporre dei tratti autobiografici. Abbiamo appena elencato una serie di elementi e sentimenti che danno nel complesso una narrazione costantemente cupa e senza quei “pensieri felici” che appartengono a quel Peter Pan. Impossibile ignorare anche quel lavoro di ricerca eseguita sugli usi e costumi della seconda metà del Settecento, così come sulla pirateria e del temibile Edward Teach, altrimenti noto come Barbanera, che riveste un ruolo importante in questa storia.

James Hook ha un lessico semplice e ricercato, ma mai banale o prolisso, che regala una lettura scorrevole e piacevole, grazie anche alla struttura ben delineata che segue gli eventi richiamati sotto forma di flashback raccontati dal Capitano al fidato Spugna. Le sorprese sono tante, ma incastrandosi bene con la storia ufficiale, il libro offre un epilogo abbastanza noto, relegando gli eventi inediti nel bel mezzo del racconto.

Abbiamo bisogno di un ideale

James Hook. Il pirata che navigò in cielo completa alla perfezione l’originale ciclo narrativo iniziato da James Matthew Barrie oltre cento anni fa, nonostante la sua natura apocrifa, e ci riesce in un modo che affascina il lettore di qualunque età. Già, perché non siamo di fronte al semplice tentativo di creare una storia – perfettamente incastonata, oseremmo dire – tra Peter Pan nei Giardini di Kensington (1906) e Peter e Wendy (1911), sulla scia delle favole senza tempo.

James Hook è molto di più. Il romanzo di circa 200 pagine ha saputo emozionarci, turbarci e lancia un messaggio universale sull’importanza di avere un ideale, un’idea e un obiettivo da perseguire. Senza dimenticare che la vita può riservarci degli eventi assolutamente inaspettati che possono cambiare tutto. Il romanzo farà leva su tutti quei lettori appassionati dal mito di Peter Pan, ma anche su coloro che vogliono conoscere la storia di un uomo che non è ritratto come il semplice cattivo della storia, ma un “vinto” da cui trarre insegnamento.

Voto Recensione di James Hook. Il pirata che navigò in cielo



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Una nuova prospettiva della fiaba che tutti pensiamo di conoscere;

  • - E' il romanzo di un esordiente, ma è scritto in modo superbo;

  • - Scoprirete che il cattivo della storia è in realtà...

Contro

  • - La parte finale nella sua completezza, avrebbe meritato maggior respiro.

Commento

James Hook. Il pirata che navigò in cielo è un romanzo d'esordio, ma che con grande sorpresa dei puristi, potrebbe collocarsi benissimo nel canone ufficiale delle due opere di James Matthew Barrie. Mario Petillo è riuscito a riscrivere la fiaba, a cambiare le carte in tavola di un grande classico noto a grandi e piccini, raccontando la storia sotto un'altra prospettiva. Quel malvagio Capitan Uncino che pensiamo di conoscere bene, ha un passato che tutti dovremmo leggere per poterne fare tesoro. Il registro narrativo è sorprendente, la forma leggera e azzeccata per una lettura che vi farà volare all'Isola Che Non C'è... per poi farvi ritorno. Se volete conoscere come nasce il conflitto tra Capitan Uncino e Peter Pan, vi consigliamo di non perderlo.

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