Lockwood and Co, recensione: una Stagione 1 fantasmagorica

Ispirata ai libri di Jonathan Stroud, Lockwood and Co è la nuova serie targata Netflix in arrivo il prossimo 27 gennaio.

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a cura di Nicholas Mercurio

Lockwood and Co, disponibile a partire dal 27 gennaio su Netflix, è una nuova serie ispirata alla saga letteraria di Jonathan Stroud che ha per protagonista Anthony Lockwood, capo dell’omonima agenzia che dà la caccia a fantasmi di ogni genere per le strade londinesi. Prodotta da Big Talks Productions e da Joe Cornish, che è anche autore della serie, la Stagione 1 ripercorre le vicende de La Scala Urlante, il primo libro della saga letteraria dell’autore inglese, composta in totale da sei volumi, apprezzati dai lettori di tutte le età.

Fantasmi e spiriti ovunque

C’è un mondo alternativo, oltre il sottile velo che divide la realtà dalla fantasia, abitato da fantasmi e spiriti. Un tempo erano uomini e donne, ma ora sono soltanto viandanti indesiderati che nessuno vorrebbe trovarsi in casa. I giornali parlano di morti improvvise, strane apparizioni e scomparse. Qualcuno pensa che sia addirittura tornato Jack lo Squartatore, ma la realtà è un’altra, ancora più brutale: i fantasmi esistono e nessuno di loro sembra avere buone intenzioni. Inizialmente, nessuno voleva crederci, ma la verità, fredda quanto la mano del Cupo Mietitore, è reale: sono ovunque, pronti a comparire dal nulla, infestando luoghi, minacciando persone e continuando a rendere le esistenze altrui invivibili. A volte per vendetta e spesso per noia, ma in più di un’occasione per divertimento, senza provare alcuna compassione.

La giovane Lucy Carlyle (Ruby Stokes), una giovane “Uditrice”, è dotata di poteri psichici in grado di percepire i fantasmi. Vive un’infanzia complicata e conflittuale con la madre, che non prova alcun genere d’affetto nei suoi confronti. Non sopportando più le sue vessazioni, la ragazza scappa di casa e raggiunge Londra, bussando alle porte di varie agenzie finché ad aprirgli è la Lockwood and Co, che decide di accoglierla a braccia aperte. L’agenzia è sotto la supervisione di Anthony Lookwood (Cameron Chapman), un ragazzo poco più grande di Lucy, e del suo braccio destro George Karim (Ali Hadji-Hesmati), un personaggio che preferisce non dare molta confidenza alla nuova arrivata, considerandola solo una distrazione. Rispetto a tante altre agenzie, la Lockwood and Co non ha ampie strutture, non ha uffici e non è forte sul campo come molte altre, ma può vantare di una cosa che molte altre non possiedono: una zona per il brunch.

Date le circostanze, nessuno lavorerebbe alla Lockwood and Co per più di tre mesi, se non proprio per maturare esperienza, migliorare e poi continuare il suo percorso in altre agenzie, o per disperazione. Di sicuro, qualunque motivo abbia spinto Lucy a intraprendere questa nuova avventura, è un mistero sia per Anthony quanto per George, che si ritrovano a dover convivere con una nuova coinquilina mentre cercano di far quadrare i conti e di non attirare spiacevoli attenzioni su di loro. Un’impresa non da poco, specie perché stanno cercando qualcosa che interessa a tante altre agenzie, e non solo. Qualcosa di molto importante, potente e dunque pericolosa.

Lookwood and Co è una vera sorpresa

La Stagione 1 di Lookwood and Co, al netto di qualche differenza con la sua controparte letteraria, è un adattamento fedele. Intrattiene grazie a una pregevole riscrittura degli avvenimenti, con i primi episodi che raccontano in maniera magistrale il contesto, fornendo allo spettatore informazioni esaustive sulle agenzie e i vari talenti che le compongono, spiegando cosa significhino i vari ruoli dei personaggi e i loro obiettivi, e perché i fantasmi ormai siano dappertutto. La regia, riuscendo a incastrare ogni sequenza con abilità, riesce a sfruttare la sceneggiatura proprio incalzando lo spettatore in modo inaspettato, parlando in modo diretto, non facendo confusione e, soprattutto, mantenendo alto il livello qualitativo della produzione dall’inizio alla sua conclusione. Un obiettivo non da poco per una serie al debutto, che sottolinea un lavoro attento ai dettagli e alle piccolezze che sorprende inaspettatamente.

Gli eventi così come vengono raccontanti non sono mai scontati ma coinvolgono a tal punto da tenere incollati allo schermo. Inoltre, Lookwood and Co amalgama il genere paranormale con quello investigativo con passione e cura del materiale originale, rispettandolo. Da queste ottime premesse, infatti, non può che uscirne fuori un prodotto maturo e intelligente, che ha la capacità di appassionare senza prendersi troppe libertà, riuscendo a compiere un’impresa degna di nota ma complessa per molte produzioni: arrivare al suo obiettivo. Proprio come i libri, questa prima stagione è accessibile a diverse fasce d’età. Anche se la storia non è molto originale e potrebbe ricordare a molti altre serie uscite negli ultimi mesi, Lockwood and Co ha una personalità tutta sua, capace di catturare soprattutto grazie ai suoi tre giovani attori. Va sottolineato, inoltre, che non si tratta di una grande produzione ma di una serie che inizia senza grandi proclami, conoscendo i suoi limiti e le sue consapevolezze, e non è cosa da poco in un catalogo come quello di Netflix, in cui è realmente complicato emergere.

La fluidità della narrazione, complici i tanti colpi di scena che infiammano la sua prosecuzione, non è mai scontata. È in realtà ben orchestrata e pensata, e non è una cosa scontata. A essere di qualità è la cura posta nei confronti dei protagonisti principali della serie: anche se è composta da soli 8 episodi, la regia è riuscita a rendere i legami ben chiari e appassionanti. Le interpretazioni ottime di Ruby Stokes e Cameron Chapman catturano per la loro chimica percettibile a ogni smorfia, sguardo o sorriso, convincendo pienamente. E a sorprendere è anche l’attenzione verso gli effetti speciali e le battaglie contro i fantasmi, fedeli e verosimili come si può riscontrare nei libri.

In conclusione

La prima stagione di Lockwood and Co è ottima. Sorprende grazie ai suoi personaggi principali, per la sua regia curata e attenta ai dettagli, e perché non esagera ma mantiene i suoi toni tenebrosi senza eccedere. È la prova, inoltre, di quanto sia molto semplice adattare una serie televisiva da una serie di libri di successo senza stravolgere trama e personaggi, tenendo fede ai propri obiettivi.

Anche se alcune cose sono cambiate, ciò non appesantisce affatto la sua godibilità, ma perfeziona e approfondisce alcuni passaggi essenziali del racconto. Una seconda stagione, anche se non ancora annunciata, potrebbe offrire tanti altri spunti all’agenzia londinese più pazza del suo settore. Non vediamo l’ora che Lockwood and Co riapra i battenti al più presto.