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Colite: il sospetto ricade su un batterio insospettabile

Un batterio comune delle acque dolci produce una tossina capace di distruggere cellule chiave dell’intestino, aumentando il rischio di colite.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 21/11/2025 alle 08:40
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Pubblicato il 21/11/2025 alle 08:40

La notizia in un minuto

  • Batteri Aeromonas presenti in acque dolci e salmastre producono una tossina chiamata aerolisina che distrugge selettivamente i macrofagi intestinali protettivi, predisponendo allo sviluppo della colite ulcerosa
  • Il 72% dei pazienti con colite ulcerosa presenta questi batteri nelle feci contro solo il 12% degli individui sani, suggerendo un ruolo causale nella patogenesi della malattia
  • La scoperta apre a nuove strategie terapeutiche tra cui farmaci neutralizzanti, vaccini contro la tossina e terapia fagica per eliminare selettivamente i ceppi patogeni preservando il microbioma

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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La colite ulcerosa, una delle forme più invalidanti di malattia infiammatoria intestinale, potrebbe avere un colpevole inaspettato: batteri comunemente presenti nelle acque dolci e salmastre. Una serie di studi condotti da Xuena Zhang dell'Università di Nanchino e dal suo gruppo di ricerca ha identificato un meccanismo sorprendente attraverso cui microrganismi del genere Aeromonas, producendo una potente tossina chiamata aerolisina, decimano specifiche cellule immunitarie dell'intestino, predisponendo chi ne è colonizzato allo sviluppo della patologia. La scoperta, che richiede ulteriori conferme epidemiologiche, apre prospettive completamente nuove per la comprensione e il trattamento di una condizione che colpisce milioni di persone nel mondo.

Il punto di partenza della ricerca è stata un'intuizione sulle cellule più trascurate del sistema immunitario intestinale: i macrofagi residenti. Questi fagociti, presenti in quasi tutti i tessuti corporei, svolgono una funzione duplice e apparentemente contraddittoria. Da un lato possono innescare risposte infiammatorie richiamando altre cellule immunitarie, dall'altro sono cruciali per spegnere l'infiammazione e mantenere l'omeostasi tissutale. Nel tessuto del colon prelevato da pazienti affetti da colite ulcerosa, i ricercatori hanno osservato livelli significativamente ridotti di queste cellule rispetto a individui sani. Per verificare se questa deplezione fosse causale o semplicemente correlativa, il team ha condotto esperimenti su modelli murini: eliminando artificialmente i macrofagi dal colon dei topi, gli animali diventavano notevolmente più suscettibili allo sviluppo di colite.

La domanda successiva era inevitabile: cosa causa questa riduzione dei macrofagi protettivi? Analizzando campioni di batteri fecali provenienti da pazienti con colite ulcerosa, Zhang e i suoi collaboratori hanno identificato la presenza di aerolisina, una tossina prodotta da specifici ceppi di batteri del genere Aeromonas. Questi microrganismi, definiti dal gruppo di ricerca MTB (macrophage-toxic bacteria, batteri tossici per i macrofagi), sono abitualmente presenti in ambienti acquatici dolci e salmastri. La caratteristica peculiare dell'aerolisina è la sua selettività: risulta estremamente dannosa per i macrofagi ma lascia sostanzialmente indenni altre tipologie cellulari presenti nell'intestino.

La validazione sperimentale del meccanismo è stata rigorosa e articolata su più livelli. Quando i ricercatori hanno deliberatamente infettato topi con ceppi MTB, gli animali mostravano una marcata predisposizione a sviluppare colite. Al contrario, se il gene responsabile della produzione di aerolisina veniva eliminato dai batteri mediante tecniche di ingegneria genetica, oppure se la tossina veniva neutralizzata attraverso anticorpi specifici, i topi non manifestavano un'aumentata suscettibilità alla patologia. Questo tipo di approccio, che combina manipolazione genetica e immunologica, rappresenta il gold standard nella dimostrazione di relazioni causali in biologia.

Il 72% dei pazienti con colite ulcerosa presentava batteri Aeromonas nelle feci, contro solo il 12% degli individui sani

L'analisi epidemiologica ha fornito ulteriori elementi a sostegno dell'ipotesi. Esaminando campioni fecali di 79 persone affette da colite ulcerosa e confrontandoli con quelli di 480 individui di controllo, i ricercatori hanno rilevato la presenza di Aeromonas nel 72% dei pazienti, ma solo nel 12% dei soggetti sani. È importante sottolineare che questi test non potevano determinare con certezza se i batteri identificati fossero effettivamente ceppi produttori di aerolisina, una limitazione metodologica che richiederà ulteriori approfondimenti con tecniche di sequenziamento genomico più sofisticate.

Il quadro complessivo che emerge è quello di una patogenesi multifattoriale, dove l'infezione da MTB rappresenta probabilmente un fattore scatenante necessario ma non sufficiente. Come sottolinea la stessa Zhang, l'infezione persistente da MTB può indurre uno stato di ipersensibilità nel colon, ma questo non significa che ogni individuo infetto svilupperà colite. L'insorgenza della malattia è indubbiamente influenzata da fattori ambientali e genetici che modulano la risposta individuale all'insulto batterico. Questa complessità è ulteriormente evidenziata da un esperimento apparentemente paradossale: quando i ricercatori hanno eliminato completamente il microbiota intestinale dei topi prima di infettarli con MTB, gli animali non diventavano più suscettibili alla colite, suggerendo che altri batteri non ancora identificati giochino un ruolo complementare nel processo patologico.

Martin Kriegel, ricercatore presso l'Ospedale Universitario di Münster in Germania, non coinvolto nello studio, valuta positivamente i risultati: il caso è solido per quanto riguarda la capacità della tossina MTB di alterare l'immunità intestinale attraverso la deplezione di macrofagi specializzati nel tessuto intestinale. Kriegel tuttavia sottolinea che potrebbe rappresentare un fattore importante ma mancante nella patogenesi multi-stadio della colite ulcerosa, almeno nel contesto cinese, sollevando implicitamente la questione di possibili variazioni geografiche e popolazionali che dovranno essere investigate.

Le implicazioni terapeutiche di questa scoperta sono potenzialmente significative e si articolano su almeno tre direzioni. La prima strategia prevede lo sviluppo di farmaci capaci di neutralizzare direttamente l'aerolisina, impedendole di danneggiare i macrofagi intestinali. Un secondo approccio coinvolgerebbe la vaccinazione, con vaccini diretti contro la tossina stessa o contro i batteri che la producono, creando una protezione immunitaria preventiva. La terza via, particolarmente innovativa, riguarda la terapia fagica: l'utilizzo di virus batteriofagi ingegnerizzati per eliminare selettivamente i ceppi produttori di aerolisina, lasciando intatto il resto del microbioma intestinale. Quest'ultimo approccio rappresenta un'applicazione di precisione della microbiologia clinica, un campo in rapida espansione soprattutto in Europa, dove progetti finanziati da Horizon Europe stanno esplorando il potenziale terapeutico dei fagi.

Zhang e il suo team pianificano ora studi epidemiologici più ampi per confermare il collegamento tra infezioni da MTB e colite ulcerosa in popolazioni diverse. Se il ruolo causale di questi batteri venisse definitivamente confermato, ciò potrebbe anche contribuire a spiegare l'aumento globale dell'incidenza delle malattie infiammatorie intestinali osservato negli ultimi decenni. L'ipotesi è che cambiamenti nelle condizioni igienico-sanitarie, nella qualità delle acque e nelle pratiche alimentari possano aver favorito una maggiore esposizione a questi patogeni. Rimangono tuttavia domande fondamentali ancora senza risposta: quali sono i fattori genetici che rendono alcuni individui più vulnerabili all'azione dell'aerolisina? Esistono differenze tra i ceppi di Aeromonas presenti in diverse aree geografiche? E soprattutto, quanto tempo intercorre tra l'infezione iniziale e lo sviluppo della colite manifesta? Solo studi longitudinali su ampie coorti potranno fornire risposte definitive a questi interrogativi cruciali per tradurre questa ricerca di base in strategie preventive e terapeutiche efficaci.

Fonte dell'articolo: www.newscientist.com

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