La comprensione dell'origine degli elementi chimici nell'universo rappresenta una delle sfide fondamentali dell'astrofisica moderna. Ogni atomo presente nei nostri oceani, nel nostro corpo e nei pianeti che ci circondano è stato forgiato all'interno di stelle morte da miliardi di anni. Ora, grazie a osservazioni senza precedenti condotte su Cassiopeia A, il più giovane resto di supernova conosciuto nella nostra galassia, un team internazionale di ricercatori ha individuato quantità sorprendentemente elevate di elementi chimici considerati rari nell'universo: il cloro e il potassio. Questi elementi, essenziali sia per la formazione planetaria sia per i sistemi viventi, potrebbero ridisegnare la nostra comprensione di dove la vita aliena potrebbe svilupparsi nella Via Lattea.
Il mistero riguarda quelli che gli astrofisici definiscono elementi odd-Z, ossia atomi i cui nuclei contengono un numero dispari di protoni. A differenza degli elementi con numero pari di protoni come ossigeno, magnesio, zolfo e argon, abbondantemente prodotti durante la fusione nucleare stellare, gli elementi odd-Z presentano nuclei intrinsecamente meno stabili. Questa instabilità si traduce in una minore probabilità di formazione durante i processi di nucleosintesi all'interno delle stelle massicce. I modelli teorici dell'evoluzione chimica galattica hanno sempre previsto livelli estremamente bassi di questi elementi, ma le nuove osservazioni contraddicono radicalmente tali previsioni.
Kai Matsunaga dell'Università di Kyoto, coordinatore dello studio, spiega che le origini di questi elementi odd-Z sono rimaste incerte per lungo tempo. Per risolvere l'enigma, il suo gruppo di ricerca ha sfruttato le capacità della X-Ray Imaging and Spectroscopy Mission (XRISM), lanciata nel settembre 2023. Questo sofisticato osservatorio spaziale è dotato di spettrometri ad altissima risoluzione capaci di rilevare le "impronte digitali" a raggi X emesse dagli atomi ionizzati nel calore estremo di un resto di supernova, dove le temperature raggiungono milioni di gradi Kelvin.
La metodologia adottata dal team si è rivelata particolarmente ingegnosa. Durante due sessioni osservative condotte nel dicembre 2023, i ricercatori hanno confrontato i deboli segnali spettrali provenienti dagli elementi odd-Z con quelli molto più intensi generati da elementi con numero pari di protoni, come lo zolfo e l'argon. Utilizzando questi ultimi come riferimenti stabili, è stato possibile ottenere misurazioni quantitative precise dei livelli di cloro e potassio presenti nel materiale espulso dall'esplosione stellare. Questa tecnica comparativa ha permesso di superare le limitazioni strumentali che in passato rendevano difficoltosa la rilevazione di elementi presenti in concentrazioni relativamente basse.
Stan Woosley, astrofisico dell'Università della California a Santa Cruz non coinvolto nello studio, offre una lettura articolata dei risultati: non tutti i modelli sono sbagliati, alcuni funzionano meglio di altri e alcuni concordano ragionevolmente bene con le osservazioni. Secondo Woosley, l'aspetto cruciale è che queste misurazioni forniscono agli astronomi informazioni concrete e nuove per perfezionare i modelli teorici e comprendere meglio i meccanismi che governano l'esplosione di stelle massicce. La discrepanza tra teoria e osservazioni suggerisce infatti che i modelli ampiamente utilizzati potrebbero non catturare le condizioni specifiche presenti in Cassiopeia A o in supernovae similari.
Le nuove misurazioni hanno permesso ai ricercatori di testare empiricamente, per la prima volta, alcune teorie di lunga data sulla formazione degli elementi odd-Z. Tra le ipotesi in campo figurano la rotazione stellare accelerata, l'interazione tra stelle binarie durante l'evoluzione e la fusione di differenti strati di combustione nucleare nelle regioni profonde della stella. Fino a oggi, queste teorie rimanevano prive di riscontri osservativi diretti, rendendo impossibile una verifica sperimentale delle previsioni.
Katharina Lodders della Washington University di St. Louis sottolinea l'importanza di comprendere quali tipi di stelle abbiano contribuito all'inventario chimico galattico, specialmente per quanto riguarda il cloro, elemento abbondante nei nostri oceani terrestri e fondamentale per la biochimica della vita come la conosciamo. La questione assume particolare rilevanza quando si considera la distribuzione non uniforme degli elementi nella galassia: diverse regioni potrebbero essere rifornite in modo diseguale degli ingredienti necessari alla vita, a seconda di quali stelle abbiano arricchito chimicamente le nubi di gas da cui successivamente si sono formati sistemi planetari.
Le implicazioni astrobiologiche della scoperta sono potenzialmente profonde. Se confermato che Cassiopeia A non rappresenta un'anomalia ma piuttosto un comportamento tipico dei resti di supernova, la distribuzione della vita aliena nella Via Lattea potrebbe essere molto più disomogenea di quanto ipotizzato finora. Alcune regioni galattiche potrebbero risultare particolarmente favorevoli allo sviluppo di forme di vita grazie a concentrazioni superiori di elementi odd-Z, mentre altre zone potrebbero essere relativamente impoverite di questi componenti essenziali.
Matsunaga mantiene tuttavia un approccio prudente riguardo alle speculazioni astrobiologiche: sulla base dei risultati attuali non è possibile affermare con certezza se Cassiopeia A costituisca un caso eccezionale nella produzione di elementi odd-Z o se rappresenti invece un campione rappresentativo dei resti di supernova in generale. La risposta a questo interrogativo cruciale richiederà osservazioni future condotte con XRISM e con strumenti di prossima generazione su altri resti di supernova distribuiti nella galassia. Solo attraverso un campionamento statistico più ampio sarà possibile determinare se la sovrabbondanza di cloro e potassio osservata in Cassiopeia A riflette un fenomeno diffuso o un'eccezione legata alle peculiari caratteristiche della stella progenitrice.