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a cura di Francesco Dellagiacoma

Il successo di World of Warcraft e il suo perdurare nel tempo nonostante innumerevoli concorrenti, sono probabilmente legati - oltre ad un incredibile tempismo nell'uscita - anche alla capacità di fidelizzare l'utente al massimo. Non è un caso che spesso il primo MMORPG al quale giochiamo diventi il nostro preferito, e ancora più spesso non per motivi legati al gameplay o alla grafica, ma per i ricordi legati al gioco stesso: amici conosciuti online, gilde che durano negli anni e avventure incredibili da raccontare.

Quasi sicuramente se avete giocato a WoW, o se semplicemente seguivate un po' il mondo dei videogiochi durante quel periodo, avrete sentito di quella volta che il MMORPG più famoso del mondo è stato colpito da un'epidemia. Se la cosa non vi dice nulla, allora mettetevi comodi: è una storia che vale la pena di essere raccontata.

Siamo nel 2005, World of Warcraft è uscito nei negozi da un annetto circa. Fino a questo momento, oltre al successo clamoroso dovuto al suo incredibile potenziale e alle caratteristiche innovative nel genere, i momenti più importanti della storia del gioco sono stati quasi sempre legati alle prodezze degli avventurieri: la prima uccisione di Ragnaroso la prima arma leggendaria acquisita da un giocatore ad esempio. Tutto questo sta per cambiare, e il cambiamento si chiama Corrupted Blood.

"L'incidente del Corrupted Blood", questo il nome della pandemia, darà luogo a un incredibile riscontro mediatico, oltre che ad una serie di studi che porteranno svariati scienziati a paragonare gli eventi accaduti su World of Warcraft a quelli del mondo reale, ma cominciamo dall'inizio.

Il raid da 20 persone noto come Zul'Gurub viene introdotto in World of Warcraft con la patch 1.7.0, un po' come nell'ambientazione del recentissimo Battle for Azeroth, ci ritroviamo a sfidare dei loa e dei troll. Il nemico principale dell'instance è infatti Hakkar The Soulflayer, potentissimo essere che sarà la causa di uno degli eventi più assurdi e significativi della storia del titolo Blizzard.

Come sempre in World of Warcraft, i nuovi contenuti segnano un picco di presenze sui server, in questo caso tutti sono ansiosi di sfidare il difficoltoso Zul'Gurub e il suo boss finale, che impegna gli avventurieri con delle meccaniche che richiedono molta coordinazione. Una di queste è proprio il famoso "Corrupted Blood", un effetto negativo della durata di una decina di secondi che infligge ingenti danni ad un bersaglio casuale, contagiando chi si trova troppo vicino. La tecnica per ovviare a questo debuff è semplice: il malcapitato si allontana dagli altri, lasciando che l'effetto faccia il suo corso, in mondo da non spargere la piaga sul team.

Fino a qui le cose procedono in maniera semplice, se non fosse per un piccolo e apparentemente insignificante dettaglio: anche i pet possono essere contagiati. I pet funzionano alla stregua di un personaggio, e possono essere evocati da alcune classi per aiutare in battaglia. Il vero problema in questo caso è però il fatto che essi possano anche essere richiamati durante un combattimento. Il danno è presto fatto: se un pet contagiato dal Corrupted Blood viene richiamato durante il combattimento, non perde il famoso debuff, mantenendolo in incubazione in attesa di essere nuovamente evocato dal proprio padrone. Solitamente quando un personaggio esce da un'istanza perde tutti i debuff ad essa connessi, ma questo non vale per i pet...

Immaginate ora un hunter che richiama il proprio pet per cambiarlo durante la sfida con Hakkar, e che una volta terminata la battaglia torni in città... Evocando nuovamente il proprio pet affetto dalla malattia. Una semplice linea di codice avrebbe salvato milioni di vite virtuali: il pet si trova in un raid? No, allora elimina i debuff.

Non si sa chi sia stato il paziente zero, questo è un mistero che resterà tale probabilmente per sempre, ma quello che si sa è che a un certo punto, il 13 settembre del 2005, qualcuno evocò un pet afflitto dal Corrupted Blood in mezzo ad una delle capitali di World of Warcraft. Ricordate una cosa: per essere contagiati da questa piaga basta essere vicini a chi ne è affllitto.

Bastarono pochi minuti per rendere la pandemia incontenibile: giocatori di basso livello morti in pochi istante, pet, NPC e personaggi di livello massimo irrimediabilmente afflitti dal sangue corrotto: Blizzard si rese conto in brevissimo tempo di quello che stava accadendo, ma ciò non sarebbe bastato.

Si scatenò il panico più totale, tra chi fuggiva nelle zone più remote del continente a chi si organizzava cercando di curare le persone afflitte, un'impresa più che impossibile. Le capitali divennero tombe a cielo aperto, sommerse da scheletri che rallentavano gli FPS fino a rendere il titolo ingiocabile. I personaggi tornavano in vita nei cimiteri solo per trovarsi vicino qualche folle di alto livello pronto a contagiarli di nuovo. I gruppi si muovevano rapidi allontanandosi dalle città, senza fidarsi di nessuno. Molte gilde si ritirarono nelle terre più lontane, cercando un rifugio sicuro dall'epidemia.

Come se ciò non bastasse, i personaggi non giocanti - che potevano essere contagiati dal debuff - non ne subivano gli effetti, ma fungevano da serbatoio, mantenendo la malattia in vita. Chi gli passava troppo vicino veniva contagiato.

Fidarsi dei giocatori sconosciuti divenne impossibile, e Blizzard, per errore, creò un gioco-nel-gioco, dando vita ad uno degli eventi più incredibili nel mondo dei videogiochi. Le dinamiche viste in World of Warcraft risultarono infatti incredibilmente realistiche, tanto da diventare soggetto di studio per molti scienzati, e addirittura dal CDC (Center for Disease Control and Prevention).

La casa di sviluppo tentò di arginare e risolvere il problema chiedendo ai giocatori di auto-imporsi una quarantena, ma la cosa non venne presa troppo seriamente, e anzi generò grandi gruppi di giocatori che divennero facile bersaglio dei "terroristi" del Corrupted Blood, persone che volevano continuare a vedere la - tutto sommato divertente - situazione andare avanti.

Come già detto, negli anni a seguire l'incidente del Corrupted Blood, avvenuto a partire dal 13 settembre, verrà studiato da numerosi epidemiologi, che, grazie alle informazioni scoperte tramite l'analisi del comportamento dei giocatori, noteranno un'incredibile somiglianza tra la diffusione dell'epidemia su WoW e alcune importanti malattie, come ad esempio l'influenza aviaria.

Tra le similitudini più interessanti vi è sicuramente la tendenza dei giocatori a rischiare le proprie vite - per quanto virtuali - nel tentativo di curare altre persone, con la conseguenza di subire a loro volta un contagio, ma anche il terrorismo biologico intenzionale e la tendenza all'allontanarsi dalle grandi città. Utilizzando il proprio mondo virtuale, Blizzard ha creato un evento accidentale incredibile, che ha fornito moltissimo materiale di ricerca grazie all'incredibile bacino d'utenza (due milioni di giocatori all'epoca) di cui disponeva. Dove i modelli matematici - che non possono prendere in considerazione tutti i fattori presenti - fallisconoun videogioco ha avuto successo.

Fan di World of Warcraft? Cosa aspettate a tornare a giocare, Battle for Azeroth vi aspetta.