Recensione Gravity Rush 2
Gravity Rush 2
Con la morte prematura di PS Vita è naturale che Sony abbia deciso di traghettare una delle – poche – IP che hanno definito il ciclo vitale della sfortunata piattaforma sui lidi ben più floridi di PS4. Cinque anni or sono, Gravity Rush nasceva con l'intento di mostrare i muscoli del piccolo hardware portatile, un compito a cui oggi non può certo ambire il suo successore.
Sfruttando le maggiori potenzialità offerte dall'ammiraglia Sony, SIE Japan Studio ha avuto tuttavia l'opportunità di espandere e raffinare un'ottima base di partenza, trasformando il brand in una degna esperienza "da salotto". E così è stato: Gravity Rush 2 è più grande, longevo e complesso del primo capitolo; abbiamo quindi tra le mani un titolo migliore? Non proprio.

La trama si apre con la storica protagonista Kat e l'amico Syd negli improbabili panni di minatori. I due sono stati risucchiati in una distorsione spazio-temporale, assieme al gatto Dusty e alla "collega shifter" Raven, dispersi chissà dove, e ora devono guadagnarsi la pagnotta per ripagare gli abitanti del villaggio fluttuante di Banga, che li hanno aiutati e accolti tra di loro. Ovviamente non passerà molto tempo prima che Kat riacquisti i suoi poteri gravitazionali e cominci il vero divertimento.
Nella prima metà di gioco, caratterizzata da un ritmo piuttosto pacato, il giocatore viene gradualmente introdotto al mondo di Gravity Rush 2, alle novità proposte, alle nuove meccaniche di gameplay, al cast di comprimari e alle location.

Kat è maturata come protagonista, mettendo ancora di più in risalto quella personalità solare e spigliata che l'hanno resa un personaggio così gradevole in passato.
Le analogie tra gli abitanti e le città di Hekseville, teatro degli eventi del primo capitolo, e il vilaggio di Jirga Para Lhao si sprecano; gli uni solo funzionali alla vicenda e spesso ridotti a macchiette, le altre tranciate di netto in settori adibiti a specifici archetipi, una scelta di design pratica ma non esattamente brillante.
La maggior enfasi riposta nella narrazione permette tuttavia a Gravity Rush 2 di elevarsi rispetto al suo predecessore, delineando un quadro ben più sfaccettato e colorito. L'impostazione dei dialoghi non è cambiata, illustrati tramite dettagliati artwork in stile bande dessinée e doppiati nella curiosa lingua a cavallo tra il francese e il giapponese propria della serie, ma di sicuro c'è molta più carne al fuoco.

Abbiamo in particolar modo apprezzato l'accenno di critica sociale simboleggiata dalla divisione in classi della popolazione di Jirga Para Lhao, che si riflette sul level design e muove gli ingranaggi della trama durante le prime ore di gioco.
L'argomento viene sviscerato in maniera un tantino sbrigativa, ma è sempre meglio dell'ormai stantio "eroe affetto da amnesia" sciorinato in Gravity Rush, fornendo un background narrativo di gran lunga più solido e convincente. E proprio quando il bello dell'azione si appresta a cominciare, inizia anche il delirio.

Senza entrare troppo nei dettagli, a un certo punto dell'avventura Gravity Rush 2 inizia a sparare alla rinfusa colpi di scena su colpi di scena, abbandonando la naturalezza delle prime battute in favore di un ritmo più consono a un'opera dei Platinum Games: personaggi che vanno e vengono, cambi improvvisi di tono e/o location, lunghe e spossanti boss fight in rapida successione…
È come se gli sviluppatori, sospettando il rifiuto di Sony a un eventuale sequel, avessero scaraventato all'interno del gioco qualunque idea gli frullasse nella zucca. Le ultime 3-4 ore di gioco sono a dir poco esilaranti, eppure nel marasma generale non possiamo certo dire di esserci annoiati, tantomeno di non aver gradito la fantasia degli sceneggiatori. Peccato per l'epilogo sottotono.

Un consiglio: per godervi pienamente la trama del gioco date un'occhiata alla storia del primo episodio, dopodiché guardatevi l'eccellente cortometraggio animato d'autore (diretto dallo stesso team di Rebuild of Evangelion) che serve come ponte di collegamento fra i due episodi.